Venti anni da via D’Amelio: i cittadini e quel “silenzio omertoso delle istituzioni”

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PALERMO – Prima della cerimonia ufficiale che vedrà , nel pomeriggio, diverse personalità  istituzionali locali e nazionali salire sul palco (allestito accanto il portone del palazzo di via D’Amelio dove nel’92 fu fatto saltare in aria Paolo Borsellino e la sua scorta) parla la gente comune. Dicono la loro su che cosa è cambiato in vent’anni dalla strage in Italia. Lo fanno come cittadini che in questo momento partecipano al presidio permanente.

Un gruppo di 35 giovani provenienti dalla Puglia e appartenenti al circolo “Peppino Impastato” manifesta una certa delusione nei riguardi dello Stato e, in particolare, di certe istituzioni, su come stanno affrontando le indagini legate alla strage di via D’Amelio.
“Oggi è cambiata sicuramente la strategia della mafia – dice Giuseppe Papagni di 28 anni, il loro portavoce -. Non è più stragista ma si annida silenziosamente tra i colletti bianchi, alimentandosi del silenzio e dell’omertà  delle istituzioni. Noi sosteniamo la magistratura che cerca di fare chiarezza su questa strage ma avvertiamo che in questo momento da parte di certe istituzioni c’è poco interesse nel collaborare e fare luce sulla verità  di quanto è accaduto”.
Prende la parola anche una giovane donna del gruppo del “Popolo viola di Milano”. “Credo che sicuramente c’è più conoscenza ma ancora sappiamo bene che non è finita perché sull’esempio di Paolo Borsellino dobbiamo continuare a costruire – afferma Marina Donzelli -. Il lavoro da fare è quello di vietare la negazione andando per la strada, informando e facendo prendere consapevolezza alla gente che si deve reagire per cambiare la società . Dobbiamo essere fieri di questi uomini senza avere paura di dire quello che si pensa”.

Più pessimista appare un residente della strada, il sig. Carlo Terzetto, che in bicicletta con i sacchi della spesa si ferma a dire la sua. “Per me non è cambiato niente – dice -. Ci sentiamo abbandonati dai politici. La Sicilia è considerata solo il granaio per i romani che da noi aprono centri commerciali con prodotti che vengono da fuori, ma per noi non c’è niente. Occorre che i politici facciano davvero un salto di qualità  scendendo dalle poltrone per ascoltare il grido di tanti giovani disoccupati. Ho 60 anni e spero di morire con la speranza di vedere una Sicilia veramente cambiata”.
Per la famiglia Carollo di Catania sono i giovani la leva del vero cambiamento. “I giovani hanno maggiore consapevolezza di quanto accaduto, non hanno paura di parlare diversamente dal passato – dice Vincenzo Carollo di 53 anni, padre di tre figli -. Solo un vero cambio generazionale potrà  rivoluzionare il sistema. Per questo occorre la consapevolezza degli adulti che devono dare fiducia e sostenere i giovani credendo in loro. Ma gli adulti che ci credono, compresi i nostri politici, sono davvero  pochi”.

E tra i giovani c’è pure l’assistente locale di Rita Borsellino. “Le nuove generazioni hanno sicuramente una consapevolezza diversa rispetto al passato, perché hanno interiorizzato l’antisocialità  della mafia – dice Mariangela Di Ganci -. C’è maggiore voglia di scoprire cosa è successo realmente, cosa si sta nascondendo e se si può parlare di strage di Stato. I giovani sono sempre più indignati da chi ci governa perché siamo ancora in mano ad una classe dirigente distante dai bisogni reali ma vale pena lo stesso ancora sperare”.
Tra i gruppi ci sono pure sette bambini dell’associazione “Il quartiere” di Monreale, guidati da due operatrici. “In vent’anni è cambiata la coscienza di certi problemi e la conoscenza dei meccanismi che regolano la mafia – sottolinea Francesca Di Liberto di 42 anni -. Sicuramente oggi c’è più coraggio di affrontare le cose anche sul piano della ricerca della verità . C’è la voglia di cambiare ma in questo momento vorremmo delle risposte forti da parte dello Stato che ancora non sono avvenute”. (set) 

 

© Co


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