by Editore | 8 Luglio 2012 13:09
VENEZIA – C’era un tempo in cui gli artisti sognavano di cambiare il mondo. La mostra The Small Utopia. Ars Multiplicata,
curata da Germano Celant alla Fondazione Prada di Venezia (fino al 25 novembre) racconta in maniera sorprendente, attraverso 600 opere tra oggetti, libri, dischi, film, registrazioni audio, in che modo questa entusiasmante aspirazione ha preso corpo, si è sviluppata e infine si è trasformata, dagli inizi del Novecento al 1975. Ci si immerge così dentro il secolo delle avanguardie e delle post-avanguardie, senza seguire un percorso cronologico, ma attraverso l’individuazione di alcune tappe fondamentali di questa piccola, ma gigantesca, utopia.
Giacomo Balla e Fortunato Depero nel 1915 scrivono un manifesto che chiamano Ricostruzione futurista dell’universo,
immaginando che il loro linguaggio potesse davvero invadere ogni momento della vita quotidiana. Ed eccoli lì a disegnare vestiti e panciotti, servizi da tè, giocattoli, mobili, persino fiori da realizzare in legno. I due non resteranno soli. Nella Russia sovietica Malevich progetta teiere e tazze dalle forme bizzarre, Nikolai Suetin inventa calamai e piatti decorati con elementi astratti, così come fanno Sergei Chekhonin e Wassily Kandinsky. Immaginare tutte queste ceramiche raccolte qui in una vetrina, nella Mosca degli anni Venti fa pensare a una vera e propria rivoluzione dello sguardo.
Erano anni in cui si fantasticava su una forma di bellezza che potesse arrivare a tutti. Se la società industriale rischiava di creare un mondo senza qua-lità , agli artisti spettava il compito di progettare forme che potessero contenere nello stesso tempo un valore estetico e una funzione pratica. De Stijl e la Bauhaus offrono un esempio lampante di questa immaginazione applicata al design. Anni Albers disegna tessuti, Lyonel Feininger casette e trenini per divertire i bambini con stile, così come Ladislav Sutnar costruisce città giocattolo assemblando pezzi che sembrano Lego, rigorosamente rossi, gialli e blu, i colori primari cari a Piet Mondrian. Paul Klee realizza libri d’artista. L’interesse per l’editoria unisce i protagonisti di tutti i movimenti chiamati in causa da questa idea della moltiplicazione, dal Futurismo al Dadaismo e al Surrealismo, dalla Pop Art a Fluxus. Non a caso Marinetti affida a un quotidiano come Le Figaro
il messaggio del suo manifesto futurista. Tra i movimenti che contribuiscono alla moltiplicazione dell’opera ci sono anche il
e l’arte optical e programmata. Non poteva mancare il cinema: è affascinante la selezione dei film fatta da Antonio Somaini e Marie Rebecchi. E il montaggio sonoro del sovietico Dziga Vertov. Siamo nel 1930 e con una forte matrice ideologica lui esalta la radio che aiuterà i popoli a sconfiggere il capitalismo. Ma il risultato è più poetico che militante.
Ci sono artisti, quelli del Bauhaus e di De Stijl, ma anche Joseph Beuys, che rivelano una forte vocazione educativa: l’arte serve a migliorare la società , deve mettersi al suo servizio per partecipare a una ricerca di giustizia e di eguaglianza. Si affida così al moltiplicarsi dell’opera un minimalismo valore di democratizzazione che è estetico quanto etico, come se le due cose non potessero fare altro che muoversi all’unisono. Nello stesso tempo però c’è chi utilizza l’idea del multiplo come via alla dissacrazione. Quando Marcel Duchamp trasforma lo scolabottiglie, l’orinatoio o la ruota di bicicletta in opera d’arte compie un’azione che scrive, almeno per un po’, la parola fine sul culto dell’unicum. Il ready made si può moltiplicare a discrezione del suo inventore. Così, al centro della grande sala che ospita gli oggetti dell’avanguardia storica troviamo tre edizioni della sua Boà®te-en Valise,
cuore pulsante di questa mostra. Dentro, in miniatura, ci sono tutte le sue opere più importanti: dal Nudo che scende le scale, al Grande vetro fino all’Aria di Parigi.
Chiudi la valigia e te le porti via tutte insieme, altro che pezzo unico per il museo!
L’idea della scatola che contiene creazioni differenti pensate insieme attraversa la mostra. Realizzano una valigia i componenti del Nouveau Réalisme. Fluxus ha il suo lavoro di gruppo racchiuso in più valigie. E i protagonisti della Pop Art inventano un contenitore che contiene i contributi di ciascuno, da Warhol a Oldenburg. La scatola ideata da Joseph Beuys nasce sotto il segno di una tiratura illimitata. L’artista la vendeva a 8 marchi, convinto che ogni individuo avesse il diritto di possedere il proprio oggetto d’arte. Qui ce ne sono diverse, come moltissime, sono le scatole Brillo di Andy Warhol, le Merde d’artista di Piero Manzoni. Quanto valgano oggi questi oggetti è un’altra storia. Il valore di una scatoletta dell’artista milanese, scomparso nel 1963, oggi supera di gran lunga i 100 mila euro. Sono le regole del mercato a intralciare i cammini delle utopie?
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