Università , ora tutti gli iscritti rischiano i rincari

by Editore | 31 Luglio 2012 9:05

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ROMA — Il castigo, cioè l’aumento delle tasse universitarie, potrebbe riguardare non solo gli studenti fuori corso ma anche chi è al passo con gli esami. L’ultima versione del decreto legge sulla spending review, che oggi sarà  votato dall’Aula del Senato, cambia ancora le regole sui contributi chiesti al momento dell’iscrizione.
Il testo uscito nei giorni scorsi dalla commissione Bilancio prevedeva la possibilità  di alzare le tasse solo per i fuori corso. E disegnava le tre classi di aumento su tre fasce di reddito della famiglia di appartenenza: rincaro del 25% fino a 90 mila euro lordi l’anno, del 50% fino a 150 mila, del 100% oltre i 150 mila. Regole che vengono confermate dal maxi emendamento presentato dal governo, che però fa un passo in più: quattro righe per dire che i rincari delle tasse diventano possibili e anzi probabili anche per chi è al passo con gli esami. Con un limite, però: per i primi tre anni, a partire dall’anno accademico 2013-2014, gli aumenti per gli studenti in corso che hanno un reddito familiare (Isee) inferiore ai 40 mila euro lordi l’anno, non potranno superare l’inflazione. La sintesi la fa Paolo Giaretta, relatore del Pd per il decreto sulla spending review, che da padovano ha nel cuore tutto ciò che riguarda il mondo accademico: «Con il testo che avevamo proposto noi gli studenti che erano al passo con gli esami avevano la garanzia di non vedersi aumentare le tasse. Adesso questa garanzia non c’è più».
Per chi ha seguito i lavori in commissione non è un fulmine a ciel sereno. Era proprio questa una delle ipotesi proposte dal governo la settimana scorsa. Ma dopo una lunga trattativa si era scelto di limitare l’incremento ai soli fuori corso, per dare all’intervento un significato non solo economico ma anche meritocratico. Il ritorno a questa versione è legato alle analisi fatte dalla Ragioneria generale dello Stato e alle successive pressioni del ministero dell’Economia. E qui bisogna guardare alle difficili condizioni delle università  italiane. Attualmente ogni ateneo non può ottenere dalle tasse degli iscritti più del 20% di quello che riceve ogni anno dal ministero dell’Istruzione con il cosiddetto Ffo, il fondo di finanziamento ordinario. Il punto è che negli ultimi anni il Ffo è in costante calo e così anche le università  che non hanno fatto salire le tasse hanno finito per violare quella regola. Solo pochi mesi fa un ateneo prestigioso come quello di Pavia è stato condannato dal Tar della Lombardia per aver sforato quella soglia dell’1,33%. E altre sentenze sarebbero arrivate a breve perché — secondo i calcoli dell’Udu, l’Unione degli universitari — una buona metà  degli atenei italiani è nelle stesse condizioni. Per questo — sempre nel decreto sullaspending review — il governo ha tirato fuori dal calcolo di quel 20% le tasse pagate dagli studenti fuori corso. La speranza era che sarebbe stato sufficiente alzare quella parte del gettito, le tasse dei fuori corso, per mettere a posto i conti di un settore sempre più in sofferenza. Ma le cose non stanno così.
Il raddoppio delle tasse per chi è in ritardo con gli esami è poco più di una norma manifesto visto che si applica solo a chi ha un reddito familiare superiore ai 150 mila euro e, per quanto possa sembrare impossibile, in Italia i contribuenti al di sopra di questa soglia sono soltanto 30 mila. Ed è per questo che, alla fine, la possibilità  di ritoccare le tasse viene quindi allargata anche agli studenti in corso. «Per chi è nato in una famiglia abbiente — dice Giuseppe Valditara, senatore di Fli e professore universitario — il livello delle tasse è effettivamente basso. Su tutti gli altri invece bisogna fare un discorso diverso e più prudente». Per questo il decreto sulla spending reviewsembra prevedere un percorso graduale: fino al 2016, chi vive in una famiglia che resta sotto l’asticella dei 40 mila euro, sarà  sostanzialmente salvo. Poi si vedrà , e saranno le singole università  a decidere. Senza il rischio di una sentenza del Tar che poi le condanni a restituire i soldi agli studenti.

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