Un sandinista buono Un cantiere di idee tra rigore e coerenza
Ho usato il linguaggio con cui Sandro affrontava il male. Con razionalità estrema, come in una delle discussioni politiche e sindacali meticolose a cui ci aveva abituato. Così affrontava l’assalto del cancro e tutti noi restavamo stupiti al punto da convincerci dell’impossibilità che perdesse la vertenza. Ma l’ultima volta che gli parlato, poche ore prima della fine, mi ha detto: questa volta non ce la faccio. Non erano disperazione né rassegnazione, ma consapevolezza. L’ho visto una sola volta disperato. Quando Carla, moglie e compagna tanto amata, si è ammalata, lui non poteva accettarlo. La persona Sandro non è mai stata diversa dal dirigente sindacale e dal militante politico, con un eccezionale intreccio di passione e ragione. Una persona bella e pura che è se stessa ovunque. Ho assistito a una delle sue sfuriate in trattativa, dove non c’era più il sindacalista ma l’uomo perbene indignato di fronte all’arroganza e alle furberie della controparte. Il mondo di Sandro era onesto e leale. È entrato così nella Fiom, per lui come per noi militanti del ’68, una scelta di vita. Sandro ha cominciato a fare politica nel dissenso cattolico a Rimini. Ha vissuto il movimento studentesco all’università di Bologna e nei primi anni ’70 ha aderito al manifesto, stabilendosi a Milano e lavorando al giornale. Conclusa quell’esperienza, chiese di entrare in Fiom e cominciò come funzionario a Novara. Tanti anni dopo Fausto Bertinotti ci disse che avevamo per il potere lo stesso atteggiamento aristocratico di Trentin per il salario. Non so se per me sia vero, ma per Sandro sì. Per lui il potere era un mezzo da maneggiare con distacco e disinteresse. Da Novara alla Fiom nazionale divenne il primo collaboratore di Pio Galli. Era la fine degli anni ’70 si preparava la Fiat. Claudio Sabattini, Francesco Garibaldo, i fratelli Rinaldini, lui ed io eravamo chiamati i «sandinisti». Fu Ottaviano del Turco a chiamarci così e non era un complimento. Allora i sandinisti in Nicaragua sembravano sconfitti per troppo ardire. Poi i sandinisti vinsero, ma alla Fiat perdemmo. La Cgil negò la sconfitta, ma decise di individuarne i responsabili in Sabattini e Tiziano Rinaldini che furono allontanati dalla Fiom. Sandro rimase in Fiom nazionale e si occupò di formazione. E lui, l’estremista operaista, realizzò il miglior progetto di studio sull’ innovazione tecnologica della storia dell’organizzazione. Nei primi anni ’80, con la collaborazione di Ferarris, Marchisio, Musso ed altri fu prodotto un cofanetto pieno di sapere, che girò per i sindacati di mezzo mondo. Nello stesso tempo partecipava a tutte le lotte politiche, fino all’89. Con la svolta di Occhetto il gruppo sandinista si ruppe. Sabattini, Garibaldo, i Rinaldini la sostennero, Sandro ed io no. Allora diventammo definitivamente, oltre che amici, fratelli. Eravamo soli e ci fu dolore. Ancor di più dopo, nel congresso Cgil ove fu presentata la mozione alternativa di Essere sindacato, cui aderimmo con entusiasmo. Trovarci con Claudio e gli altri amici su sponde opposte fu davvero duro. La segreteria Fiom fu di nuovo cambiata dall’intervento della Cgil ed io, che ne facevo parte da poco, fui mandato in Piemonte. Sandro considerò conclusa la formazione, e si occupò della cantieristica navale. Non cè un solo lavoratore dei cantieri che non provi stima e affetto per Sandro. E se Fincantieri non è stata svenduta a qualche multinazionale o imprenditore d’assalto, come è gran parte dell’industria pubblica , lo si deve anche alla tenacia e al rigore di Sandro. Nella Fiom tornò Sabattini e vennero Gianni Rinaldini e Landini. L’organizzazione assunse la fisionomia radicale per cui oggi è conosciuta e Sandro fu parte di quelle scelte e quel percorso. Per alcuni anni fu presidente del Comitato centrale. Fu tra gli animatori della Rete 28 aprile e di tutte le principali battaglie della sinistra in Cgil. Ha partecipato alla costruzione del movimento Nodebito. Negli ultimi mesi era più pessimista. Non era solo il dolore irreparabile per la perdita di Carla o per l’avanzare del male. Lo colpiva l’assenza di reazione nel paese. Aveva seguito il movimento degli indignados in Spagna anche per l’amore verso le figlie spagnole di Carla e i nipotini. In Spagna sono più seri, mi diceva. Grazie Sandro, sandinista buono e integerrimo, che con rigore e ironia ci hai insegnato a non arrenderci mai.
Lunedì 30 alle 10,30 presso la Fiom nazionale (C.so Trieste 36) sarà possibile dare l’ultimo saluto a Sandro Bianchi, firma del manifesto e dirigente sindacale. Alle 11,30 nella stessa sede la commemorazione ufficiale.
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