Un radiotecnico nei circuiti nascosti di Palermo

by Editore | 25 Luglio 2012 8:31

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Letteratura e giornalismo hanno privilegiato le tinte forti, lasciando che una società  color pastello scolorisse tra i segni di un’urbanistica decorosa e perciò insignificante. Insignificante come la vita dei quartieri in penombra, coi loro abitanti appagati dalla normalità  che li prende al risveglio e li accompagna al sonno. In questo mondo inesplorato si muove Enzo Baiamonte, che fu radiotecnico fin quando le valvole non furono sostituite dai transistor, e i transistor da schede madri, modello di maternità  anaffettive.
Baiamonte passa così dallo studio dei circuiti elettrici a quello dei circuiti criminali e con la sobria passione dei dilettanti si fa detective; ma senza prendersi troppo sul serio. Creato un paio d’anni fa dalla penna felicissima di Gian Mauro Costa per risolvere un singolare caso – la ricerca di alcuni volumi dati in prestito da un vecchio professore e rimpiazzati negli scaffali della sua libreria da libri di legno con i nomi delle persone cui erano stati consegnati – il personaggio di Baiamonte torna con Festa di piazza (Sellerio, pp. 298, euro 14), acquistando tutte le caratteristiche di un personaggio seriale assai lontano, tuttavia, dai cliché e dalle nevrosi di «colleghi» più blasonati.
Baiamonte vive in una Sicilia tanto reale e inesplorata da far pensare che gran parte della prolifica letteratura gialla isolana finora si sia limitata ad andare in giro per villaggi turistici. I paesaggi slow dell’artigiano-detective si addicono invece a un viaggiatore d’altri tempi, quelli che il visitatore morde senza fuggire. E così corso Olivuzza acquista la compiutezza di un microcosmo popolato di luoghi e di figure più vere che veraci: al bar Milleluci viene riconosciuta la qualità  del suo espresso, all’ortolana il gesto sapiente con cui tira fuori dall’acqua infuocata le patate lesse, alla sarta Rosa, fidanzata di Baiamonte, una pudica sensualità  che si accende con l’antica lentezza catodica.
La storia raccontata da Costa, al suo terzo romanzo (al titolo d’esordio, Yesterday, è seguito Il libro di legno), parte dal danneggiamento di una cappella al cimitero, dove vivi e morti fanno a gara per custodire segreti; continua nei vicoli di quartieri popolari, dove l’odore di ragù si confonde con le melodie partenopee, sancendo una parentela tra Napoli e Palermo fatta di abbracci e tradimenti. Baiamonte, che ama la giustizia ma guarda con equo sospetto alla legge e alla religione, porterà  a termine il suo laico compito di riesumare una vecchia storia di oscure rapine e di sventare i nuovi disegni di mafia e camorra che girano intorno agli affari dell’ortofrutta e della droga. 
La chiave è nella vicenda di uno «scappato», un mafioso perdente costretto vent’anni prima a riparare negli Stati Uniti, e che, sentendosi al sicuro, torna a Palermo. Ignora però che qualcuno in città  lo attende al varco per consumare una vendetta coltivata con lucida follia pirandelliana. Ma Baiamonte, che di Pirandello non sa granché, possiede gli arnesi giusti per capire dov’è il guasto e affida la soluzione all’altra parte di sé, il detective. Se l’era digitale l’ha costretto a chiudere il suo laboratorio di elettrotecnico, Baiamonte impara ora a destreggiarsi fra opposte tentazioni: da una parte, le lusinghe della malinconia e la riluttanza ad abbandonare i rituali che scandiscono le sue giornate; dall’altra, l’impulso a rimettere in sesto con foga sanguigna il proprio e l’altrui destino. Questo radiotecnico capace di intrecciare fili di ogni tipo, da quelli elettrici a quelli della memoria, sa che le soluzioni sono solo l’inizio di un nuovo mistero. E sa anche che, senza il «diritto» a delinquere, la legge perde la sua funzione. Costa riesce così a delineare con leggerezza un personaggio che ha il talento dei semplici e a lui affida gli strumenti per fronteggiare l’era della legalità  teologica, facendogli ridisegnare i confini manichei che separano il bene dal male.

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