Spesa pubblica, «sforbiciata» in tre atti

by Editore | 3 Luglio 2012 7:54

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ROMA — Una spending review in tre atti. «La revisione della spesa pubblica non è un’operazione una tantum, ma un processo, e non si esaurirà  certo con il decreto di fine settimana» spiegano a Palazzo Chigi al termine di una giornata frenetica, tutta dedicata alla messa a punto del primo intervento di riduzione della spesa. «Al quale — aggiungono le stesse fonti della Presidenza del Consiglio — ne seguiranno altri». Uno prima della fine dell’anno, probabilmente insieme alla legge di stabilità , la ex legge finanziaria, all’inizio di ottobre. L’altra, che potrebbe essere l’ultimo atto del governo Monti prima delle elezioni politiche, nella primavera del 2013.
L’obiettivo dell’esecutivo, si aggiunge, è quello di presentare un piano organico di interventi che non si esaurisca in un sol colpo, ma che progressivamente abbracci ambiti sempre più ampi dell’amministrazione pubblica. Quello che è certo è che si partirà  dal piano di risparmi sugli acquisti di beni e servizi da parte dello Stato e delle amministrazioni locali messo a punto dal commissario Enrico Bondi. Sarà  quello il «piatto forte» del primo decreto legge con i tagli alla spesa, atteso per venerdì, quando dovrebbe tornare a riunirsi il consiglio dei Ministri. Gli altri capitoli della spending review che il governo ha valutato in queste ultime settimane, le misure sul pubblico impiego, l’accorpamento delle Province, il piano di riorganizzazione degli uffici territoriali del governo, la manovra sulla sanità , i tagli alla spesa dei ministeri e quelli alle risorse delle autonomie locali, sono già  definiti nelle loro grandi linee, ma non è detto che vedano subito la luce.
I sindacati, per esempio, sono sempre più nervosi per la manovra prospettata sul pubblico impiego e ormai minacciano apertamente lo sciopero. L’idea del governo è quella di sfruttare l’istituto del «collocamento in disponibilità », previsto già  dal decreto di agosto 2011, cioè una sorta di cassa integrazione all’80 per cento dello stipendio per un massimo di due anni, per ridurre il numero dei dipendenti e, ancora più importante, tagliare le piante organiche. L’ipotesi è quella di applicare la «disponibilità » ai dipendenti pubblici che, al termine dei due anni, abbiano i requisiti per la pensione. Invece di essere riassunti o licenziati, accederebbero al trattamento previdenziale, una sorta di prepensionamento. 
«Sosterremo il governo se farà  tagli con criterio. Al pubblico impiego quello che serve è un vero e proprio piano industriale: se si faranno tagli tanto per farli, si faranno solo più guai e a quel punto faremo iniziative in tutta Italia e, se occorrerà , anche uno sciopero generale» ha detto ieri il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, sollecitando il governo a ridurre la spesa di Regioni, Comuni e Province.
Anche loro, come i sindacati, pronti ad alzare le barricate per scongiurare l’eventualità  di altri tagli alle loro risorse. L’ipotesi c’è, perché i risparmi allo studio dell’esecutivo non riguarderebbero solo la sanità , la spesa delle autonomie locali per l’acquisto di beni e servizi, l’accorpamento delle Province, sul quale è d’accordo anche l’Upi, l’Unione delle Province. Secondo alcune fonti sarebbero in vista, infatti, altre sforbiciate ai trasferimenti. 
Sia il pubblico impiego che il capitolo delle risorse degli enti locali potrebbero slittare alla fase successiva dellaspending review. Mentre nel primo pacchetto di interventi, dal quale si attende un risparmio di spesa che vale intorno ai 10 miliardi di euro l’anno, potrebbero finire i tagli alla sanità  (1 miliardo nel 2012, 3 nel 2013, 4,5 nel 2014). Il primo obiettivo resta quello di evitare l’aumento dell’Iva, che scatterebbe a ottobre, e che è già  scontato in bilancio. I conti pubblici, tuttavia, stanno dando ottimi segnali. Nei primi sei mesi il fabbisogno si è ridotto di 15 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2011: 29,1 contro 43,9 miliardi. Merito anche dell’andamento di giugno, che ha fatto registrare un saldo positivo del settore statale di 5,8 miliardi di euro contro 1 miliardo nel mese di giugno dell’anno scorso.

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