Spending review, retromarcia sul non profit

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Il Senatore Gilberto Pichetto Fratin (PdL), relatore del Pdl sul disegno di legge 3396, ovvero la spending review, questa mattina nell’aula del Senato non ci si è soffermato nemmeno un secondo. «Con l’articolo 4 si provvede allo scioglimento o vendita – con una procedura modificata durante i lavori in Commissione – delle cosiddette società  in house o delle società  partecipate che svolgono servizi solo nei confronti della pubblica amministrazione». Non ha citato il fatto che quell’aerticolo 4, in particolare nei commi 6, 7 e 8, metteva fuori gioco non solo il non profit, ma moltissimi servizi che esso eroga. Non l’ha detto, ma l’allarme è rientrato. Come ci aveva anticipato venerdì, in diretta dal Senato, il sottosegretario Guerra.

Niente gare

«Non abbiamo visto il testo del maxiemendamento», dice Paolo Beni, presidente di Arci, che per il Forum del Terzo settore sta monitorando i lavori parlamentari. «Ma da quel che sappiamo la situazione sull’articolo 4 è sotto controllo. L’emendamento approvato salva vari tipi di soggetti non profit, facendo riferimento esplicito alle leggi, escludendoli dal vincolo di gara previsto». Il testo dell’emendamento approvato in Commissione Bilancio, presentato dagli stessi relatori, infatti esclude dall’obbligo di gare «quelle operanti nel campo dei servizi socio-assistenziali e dei beni ed attività  culturali, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, gli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le associazioni sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché le associazioni rappresentative, di coordinamento e supporto degli enti territoriali e locali».
Risultano approvati dalla Commissione anche altri due emendamenti, a firma Bastico et al: il 4.1000 dopo la lettera f) dell’articolo 4 prevede di aggiungere la seguente frase: «”f-bis) al comma 7, aggiungere in fine il seguente periodo: “E’ ammessa l’acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate ai sensi dell’articolo 30 della lege 12 dicembre 2000, n. 383, dell’articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266, dell’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e dell’articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381. Sono altresì ammesse le convenzioni siglate con le organizzazioni non governative per le acquisizioni di beni e servizi realizzate negli ambiti di attività  previsti dalla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e relativi regolamenti di attuazione». All’emendamento 4.1000, lettera g) aggiungere in fine il seguente periodo: “è aggiunto in fine il seguente periodo: “Sono altresì fatte salve le acquisizioni in via diretta di beni e servizi il cui valore complessivo sia pari o inferiore a 200.000 euro in favore delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 12 dicembre 2000, n. 383, degli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, delle associazioni sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, delle organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49 e delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381”

Salvi quattro osservatori
Il secondo punto critico era quello legato all’articolo 12: nella soppressione di molti enti e società  si approfittava della spending review per tagliare anche organismi di partecipazione che in realtà  erano a costo zero. Qui la retromarcia del Governo è stata espressa dal senatore Pichetto Fratin, che infatti ha detto: «Si prevede poi, all’articolo 12, la soppressione di una molteplicità  di enti e di organismi partecipati. Anche questo articolo ha subito una serie di modifiche durante i lavori di Commissione: per alcuni di questi il relatore, il Governo ed i membri della Commissione hanno ritenuto di doverne escludere la soppressione, valutando la loro importanza e valenza sociale. Per altri, si è previsto solo il posticipo di un anno del loro scioglimento».
Sarebbero salvi, secondo Beni, «Osservatorio del volontariato, osservatorio delle associazioni di promozione sociale, l’osservatorio infanzia ed adolescenza e la consulta dei consiglieri per le pari opportunità ». Con l’esplicitazione nero su bianco che dovranno essere senza oneri aggiuntivi per lo Stato. Questo «sarebbe già  un passo avanti, ma resta un miglioramento rispetto al disastro», commenta Beni. «Rimane negativo che altri organi collegiali importanti non ci siano più e questo cercare il taglio della spesa con il taglio della partecipazione è senza dubbio un sintomo di miopia».


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