by Editore | 25 Luglio 2012 8:21
MADRID — La Spagna non vuole crederci, e soprattutto non vuole crederci Mariano Rajoy, il leader del centrodestra che ha vinto trionfalmente le elezioni otto mesi fa, ma il momento della verità è arrivato: Madrid come Atene. Per gli economisti non ci sono più vie d’uscita e l’unica soluzione è quella di chiedere a Bruxelles e al Fondo monetario internazionale i soldi per il salvataggio senza i quali lo Stato fallirebbe entro le prossime due settimane.
La brutta notizia che rende lo scenario sempre più fosco viene da Barcellona: dopo Valencia e Murcia anche la Catalogna, la regione più ricca del paese, è sull’orlo del fallimento ed ha confermato che chiederà l’aiuto del governo centrale per pagare i sei miliardi dei bonos del debito in scadenza. Il governo della Generalitat catalana ha un debito accumulato di 42 miliardi di euro, il 21 percento del suo Pil annuale, e da settimane non riesce a rifinanziarlo perché i suoi titoli sono considerati «spazzatura» dagli istituti di rating. E’ un grido di dolore quello catalano anche perché Artur Mas, il presidente della regione, prova in tutti i modi a nascondere — come Rajoy — l’angoscia del momento ai suoi concittadini. La parola tabù è per tutti «rescate» (salvataggio). «Non stiamo fallendo — dice Mas — chiediamo solo aiuto ad un fondo istituito dal governo centrale per aiutare le regioni in difficoltà , Madrid è la nostra unica banca, che altro dovremmo fare». Ma il dramma del debito costerà carissimo alla Catalogna che presto dovra sicuramente rinunciare almeno ad una parte delle sue prerogative di automomia storica. Lo vuole Madrid e anche l’Europa: gli aiuti non saranno gratis e per l’orgoglio dei catalani, una regione che ha perfino una polizia propria, è un colpo durissimo. L’altra brutta notizia arriva dalla Borsa, dopo il crollo di lunedì (-5,8%), l’indice spagnolo ha perso ancora un altro 3,5 percento. E dallo spread: ieri 638 punti. In queste ore Mariano Rajoy lotta con ogni mezzo per evitare di consegnarsi alla Troika di Bruxelles e alle durissime conseguenze che questo comporterebbe: altri tagli al bilancio, nuove tasse, licenziamento di funzionari statali, chiusura di aziende pubbliche, riforma delle pensioni. Un incubo che in realtà , secondo tutti, è ormai dietro l’angolo. Il viaggio del ministro dell’economia Luis de Guindos a Berlino, dove ieri ha incontrato Wolfgang Schà¤uble, e oggi a Parigi, serve proprio a questo: guadagnare tempo. Dopo aver già ottenuto dall’Europa 30 miliardi di euro (ma si arriverà a 100) per il risanamento del profondo buco delle banche asfissiate dall’esplosione della bolla immobiliare, dai titoli tossici e dai prestiti facili, l’idea del governo spagnolo è quella di convincere Germania e Francia a concedere, attraverso la Bce, una linea di credito temporanea per superare lo scoglio di ottobre quando andranno 27.600 milioni di euro del debito sovrano. Intanto, altra richiesta, la Banca Centrale europea dovrebbe comprare bonos sul mercato secondario per abbassare lo spread. Lo chiamano «salvataggio morbido» e — è la speranza del governo Rajoy — potrebbe evitare non solo il disastro ma anche la necessità di depositare tutte le prossime scelte di politica economica nelle mani di Bruxelles.
Difficile che la Germania accetti anche se De Guindos una carta da giocare c’è l’ha. Madrid non è Atene. In termini di peso economico la Spagna vale il doppio di Grecia, Portogallo e Irlanda messi insieme. Il che vuol dire che un «salvataggio totale» non sarebbe facile neppure per le casse europee. Le stime dicono che per intervenire in Spagna servirebbero almeno 300 miliardi di euro e ora quei fondi non ci sono, bisognerebbe trovarli.
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