by Editore | 12 Luglio 2012 9:32
Bet è una ragazza che vive a Barriera di Milano, un quartiere popolare di Torino «Non so perché un posto che sta a Torino si chiami Barriera di Milano», si chiede la protagonista che poi scoprirà in biblioteca le motivazioni storiche del nome.
Studentessa liceale, non ha una situazione familiare stabile e quella verve, che la caratterizzava specialmente nelle proteste studentesche negli ultimi tempi, si è lentamente dissolta in un grigio tram tram quotidiano. Non partecipa più neppure alle manifestazioni. Il suo Amico lo sottolinea nella speranza che un giorno possa tornare in prima fila.
Elisabetta Corvino, che pretende di essere chiamata Bet, lo ascolta con fastidio. Non ce la fa ad essere la militante che non si tira mai indietro. È scostante, confligge con la madre, nonostante dentro di sé pensi che non debba risponderle in quel modo aspro e rabbioso. Nei momenti in cui è nervosa, tesa o pensierosa, riesce a «creare delle sfere luminose» dovute, forse, alla perdita della sorellina della cui morte si attribuisce tutta la colpa.
La vita di Bet si svolge tra le vie della periferia torinese, è intervallata dalle litigate con la professoressa Sangueti che la caccia ripetutamente fuori dalla classe, vive in una famiglia in cui i genitori sono separati da chilometri di distanza. Unico momento di pausa sono le chiacchierata con l’amica del cuore, una ragazza di 22 anni, che sta per diventare madre senza conoscerne il padre.
Le prime pagine del romanzo di Christian Frascella – La sfuriata di Bet, Einaudi , pp. 207, euro 17 – scandscono una vita senza qualità fino a quando la protagonista scopre che l’ombra della cassa integrazione e dei licenziamenti stanno per abbattersi sulla fabbrica dove lavora la madre. Bet si rivolge ad Andrea per organizzare, assieme al sindacato, un presidio di fronte i cancelli della «Ameca».
Il presidio va male, la polizia carica subito e Bet fa esperienze delle violente manganellate delle forze dell’ordine. Ma oltre al dolore della spalla resa livida dai colpi e della galle calpestate dai poliziotti, deve anche sentire il dolere per l’umiliazione della madre, che a testa bassa è costretta a rientrare sotto il ricatto del: «se entrate e la smettete con lo sciopero ci dimenticheremo tutto e anche i vostri volti». Sale allora la rabbia. Non vuol mollare. Il giorno dopo si incatena al termosifone della presidenza della sua scuola, mentre Andrea «invita» il corpo docente e il dirigente scolastico ad uscire dalla stanza dichiarando la scuola occupata. Tutti si infiammano per e con Bet, prima guardata male da tutti, ora leader della protesta studentesca che però, le dice lo stesso Andrea, «deve avere un seguito e dovrai saperla gestire».
La sfuriata di Bet assume la forma di un video, cioè da un monologo dove la giovane donna parla a ruota libera di ciò che rende la vita non degna di essere vissuta. Il video, caricato su Youtube, raggiunge visualizzazioni molto elevate, la contattano le testate più famose, la madre rivede nella figlia la diciottenne che è in lei e smette di arrabbiarsi per le cose che fa in modo irruento: «Se hai qualcosa da dire, dilla. Se poi ti tocca dirla urlando, si vede che ne valeva la pena» e Leonardo, il mite compagno della madre, riceverà il primo gesto d’affetto da parte di Bet che gli si strofinerà sulla manica della camicia.
Sullo sfondo de La sfuriata di Bet ci sono le proteste studentesche del famoso 14 dicembre, la vita in periferia, la lotta per la casa, le proteste sociali che sempre più spesso non trovano altre risposte che le violente cariche della polizia. Momenti che fanno variare di poco l’encefalogramma piatto di un Paese che vorrebbe destarsi senza riuscirci. Per Bet, nonostante i suoi gesti di ribellione, deve assaporare anche il sapore amaro della sconfitta. Unica consolazione, in questo ennesimo scacco, è il rapporto con Viola, la giovane amica che la «salva» da una caduta in un autobus fermatosi troppo bruscamente. È in quella circostanza che si sono conosciute e da quel momento la sostiene e ricopre per lei la funzione di sorella maggiore.
Romanzo amaro di una generazione scippata del suo futuro, ma che non si rassegna, anche quando sembra che accetti il proprio destino di precarietà esistenziale come ineluttabile. Perché Bet continuerà a produrre le sfere luminose, che lacerano il buio di una vita senza qualità .
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