Ripetere l’anno è una rarità  e secondo l’Ocse non serve

by Editore | 2 Luglio 2012 4:39

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La bocciatura di cinque bambini di prima elementare a Pontremoli (Massa Carrara) ha fatto ricadere la scuola italiana nell’incubo severità . Gli insegnanti, come aveva sperato invano – al punto di taroccare i numeri – la Gelmini, stanno diventando davvero più severi, bocciando “senza pietà ” piccoli di sei anni? E, numeri alla mano, quanto è rigorosa la scuola italiana? Ma bocciare serve davvero? Per comprenderlo basta affidarsi ai dati. Nella scuola primaria la bocciatura è cosa davvero rara: nel 2007/2008, quando a viale Trastevere salì Mariastella Gelmini, in prima elementare si contavano 8 bocciati su mille: lo 0,8 per cento. L’anno dopo, nel 2008/2009, il dato calò allo 0,6 per cento per restare stabile fino all’anno scorso. Anche il computo dei bocciati su tutti e 5 gli anni ha seguito lo stesso trend: 0,4 per cento nel 2007/2008 e 0,3 l’anno scorso. Insomma, nell’ultimo quinquennio si boccia di meno. 
Per avere un’idea di cosa fosse la scuola elementare alcuni decenni fa, basta guardare le statistiche dell’anno 1952/53. Sessant’anni fa, i ripetenti in prima elementare erano un numero 33 volte maggiore di oggi: il 19,78 per cento. In pratica, un bambino su 5. Altalenante il termometro della severità  nella scuola media. Nel 2007/2008, i bocciati in prima media furono 3,8 su cento, due anni dopo, nel 2009/2010, schizzarono al 5,5 per cento. Ma l’anno scorso si sono ridimensionati al 5,2 per cento. Agli esami le cose cambiano: tra non ammessi e bocciati agli esami, nel 2010/2011, sono stati fermati 4,5 ragazzi su cento. Un anno prima, superavano il 5 per cento. Ma è in calo il numero dei promossi con punteggio minimo, che molti esperti considerano “analfabeti funzionali”. Nel 2006/2007, più di un terzo dei diplomati (il 37,1 per cento) conseguì la licenza media con “sufficiente”. L’anno scorso, la schiera dei licenziati per il rotto della cuffia si è assottigliata al 28,8 per cento. Alla maturità , da quando Giuseppe Fioroni reintrodusse l’ammissione agli esami, il numero dei non ammessi incrementò dal 4 per cento, dell’estate 2007, al 5,9 del 2010. Con una lieve flessione al 5,6 per cento l’anno successivo. Tra non ammessi e bocciati agli esami passiamo dal 6,6 del 2007 al 7,7 per cento del 2010, per scendere di mezzo punto nel 2011. 
Per i primi quattro anni del superiore occorre partire dal 2007/2008, quando Fioroni – sottoforma di “sospensione del giudizio” – ripristinò le rimandature a settembre. Quell’anno, i “rimandati” ammontarono al 26,8 per cento, tre anni dopo salirono al 27,4 per cento. Ma a settembre 2011, complessivamente, i bocciati ammontavano al 15,1 per cento, facendo registrare un calo superiore ad un punto rispetto al settembre di tre anni prima. Quella sulle bocciature sembra una discussione che appassiona soltanto noi italiani. In Germania si parla di abolirle addirittura e non per eccesso di buonismo. L’Ocse, approfondendo l’indagine sulle competenze in lettura dei quindicenni, ha recentemente dimostrato che bocciare serve a poco. «Nei paesi in cui la percentuale di studenti che ripetono gli anni è elevata – spiegano da Parigi – le prestazioni complessive tendono ad essere inferiori».

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