by Sergio Segio | 2 Luglio 2012 16:30
Sdegnato dalle polemiche intorno alla parata del 2 giugno[1], pochi giorni dopo, ha affermato sugli schermi televisivi[2], come riportato dai quotidiani: “Le Forze armate hanno bisogno di avere delle capacità operative importanti. Siamo un grande Paese e per poter lavorare con altri grandi Paesi e per lavorare con loro c’è bisogno di investire. Vorrei sottolineare però che la difesa italiana è una tra quelle meno finanziate nel mondo e in Europa – ha aggiunto -. Per esempio la Francia ha un bilancio per la difesa di 36 miliardi di euro, l’Italia ne ha uno di 14 miliardi. Meno della metà . La Germania è a trenta, la Gran Bretagna è a quaranta. Nell’ambito di queste risorse, che mi pare siano ridotte, noi spendiamo saggiamente sulle capacità fondamentale. Sono soldi ben investiti. Abbiamo presentato un disegno di legge di ristrutturazione profonda delle forze armate e dello strumento militare che prevede una riduzione di 40mila persone in 10 anni: devo ancora trovare un’altra amministrazione che abbia fatto una proposta così incisiva. È un grosso programma di riforma, profondo e serio – ha spiegato – che metterà anche a disposizione un patrimonio infrastrutturale di grande importanza. Mi sembra che la Difesa, prima ancora che la definizione «spending review» nascesse, la sua «spending review» l’ha veramente impostata e la vuole portare avanti”.
Toni marziali e decisi, anche se contengono alcune cifre che, con un eufemismo, potremmo definire “inesatte”. Il ministro ha ragione quando dice che l’Italia spende di meno di altri paesi del mondo, anche se, facendo bene i conti[3], il bilancio della Difesa arriva a 23 miliardi, il 60% in più della cifra indicata da Di Paola. Questo si deduce dal Libro bianco sulle spese militari, curato da Sbilanciamoci!, intitolato “Economia a mano armata” (scaricabile in formato .pdf[4]) e presentato un mese fa a Roma presso la Fondazione Basso[5]. È tuttavia difficilissimo districarsi nel bilancio della Difesa in quanto “le spese militari sono spese scomode, per questo si tende a nasconderle, in tutti i Paesi”, come ha spiegato Massimo Paolicelli, presidente dell’Associazione Obiettori non violenti. Così riporta Il Fatto Quotidiano[6]: “Secondo quanto riferito dal ministero i fondi al «Funzione difesa» sono pari allo 0,84 per cento del Pil (contro una percentuale che, nel 2004, era dello 1,01 e che attualmente negli altri Paesi europei è, in media, dell’1,61 per cento). Dato da cui sono però escluse la funzione sicurezza, ossia i compiti dei carabinieri che sono la quarta forza armata; le funzioni esterne, come il trasporto idrico per le isole minori e i voli di Stato; il trattamento di ausiliaria”.
E ancora: “Questo conferma ciò che denunciamo da tempo, ovvero che il bilancio della Difesa italiana sia difficilmente comprensibile e quindi poco trasparente, in primo luogo perché spese riconducibili alla Difesa sono collocate in altri capitoli di bilancio dello Stato, come le spese per i sistemi d’arma finanziate dal ministero dello Sviluppo economico e le missioni internazionali a carico del ministero dell’Economia. Per effetto delle manovre estive per ripianare il debito dello Stato con la legge di Stabilità del 2012 il bilancio della Difesa è passato dai 20,5 miliardi del 2011 ai 19,9 miliardi. La cifra totale delle spese militari tuttavia raggiunge i 23 miliardi se si considerano anche gli 1,7 miliardi destinati ai sistemi d’arma e gli 1,4 miliardi per le missioni all’estero”.
L’annuario 2012 del SIPRI[7], lo Stockholm International Peace Research Institute, presenta dati ancora più allarmanti, come ripreso da Sbilanciamoci![8]: “Questi i dati principali che riguardano l’Italia: 30 miliardi complessivi di spesa (fonte Sipri), oltre 10 miliardi nei prossimi anni per 90 cacciabombardieri F35 e ben 1,4 miliardi di euro per le missioni militari all’estero. Tutto questo, quando si tagliano le risorse per il welfare, la scuola, la sanità , gli enti locali. Il rigore viene applicato ai cittadini, ma non alla casta dei militari.
La spesa militare globale nel 2011 ha continuato ad aumentare: dello 0,3% in termini reali rispetto al 2010, raggiungendo i 1.740 miliardi di dollari; il 75% della spesa mondiale per armamenti nel 2011 riguarda appena 10 Paesi e gli Stati Uniti si confermano leader della classifica con il 43% della spesa mondiale militare. La media globale della quota del Prodotto interno lordo destinato alle spese militari è del 2,6%. Per citare altri numeri: i paesi europei nel loro complesso hanno circa 7 milioni di soldati (Stati Uniti 1 milione e mezzo), 45mila tra carri armati e mezzi di combattimento (Stati Uniti 34mila) e 3.500 aerei di combattimento (Stati Uniti 2mila)”.
Probabilmente però il ministro è molto soddisfatto di questi numeri. Infatti, durante una lectio magistralis tenutasi all’Università di Pavia il 19 giugno scorso, interamente dedicata alle relazioni internazionali nella dimensione europea e trans-atlantica dal titolo “La NATO e l’Unione Europea attori globali della sicurezza”, Di Paola, come si legge nella ricostruzione di Rossana De Simone per Peacelink[9], “ha illustrato il tema della sicurezza globale in una prospettiva sovranazionale, con particolare attenzione al ruolo nella NATO e dell’Unione Europea, i mutati equilibri economici globali e le tendenze demografiche, nonché i processi di democratizzazione che sono alla base delle trasformazioni che stanno investendo tutto il pianeta.
«L’attuale quadro strategico è in continuo cambiamento – ha detto il Ministro – ed è in questo contesto di sicurezza globale che si muovono la NATO e l’Unione Europea». Di Paola, ricordando che 21 dei 27 Paesi dell’Unione Europea sono membri NATO, ha sottolineato l’esigenza di una totale sincronia tra i due organismi in materia di sicurezza internazionale.
L’appello alla totale «sincronia» è chiaro e non lascia spazio ad interpretazioni: la sicurezza viene assicurata se si continua a finanziare lo strumento militare anche a costo di una sua duplicazione”. Ciò è confermato anche dal “Documento di economia e finanza 2012- Profili di competenza della Commissione Difesa” redatto dalla Camera il 23 Aprile, in cui si legge che occorre migliorare il “livello qualitativo e tecnologico dello strumento militare nazionale, pienamente interoperabile ed interagibile con il sistema di difesa e sicurezza dell’Unione europea e dell’Alleanza atlantica”, riqualificando i programmi d’investimento e sostenendo i programmi di ricerca e sviluppo tecnologici nonché “l’industria nazionale, in un settore, quello degli armamenti ed equipaggiamenti militari, caratterizzato da elevata competitività ed alta tecnologia”.
In questo contesto le associazioni pacifiste e della società civile lanciano un appello per il rifiuto del disegno di legge deroga sulla revisione delle spese militari che si sta discutendo in Parlamento. Lettera22, che aderisce all’appello, scrive[10]: “La Tavola della pace insieme a numerose organizzazioni della società civile di diverso orientamento culturale, politico e religioso ha diffuso il 27 giugno un appello al Parlamento contro l’approvazione del disegno di legge delega di revisione dello strumento militare presentato dal ministro della Difesa Giampaolo Di Paola.
Il provvedimento in discussione al Senato non riduce ma aumenta la spesa pubblica, – denunciano le associazioni- taglia il personale e le caserme per comprare nuovi armamenti; autorizza il Ministero della Difesa a vendere armi italiane nel mondo; stabilisce che in caso di calamità naturali gli interventi di soccorso dell’esercito dovranno essere pagati da chi li richiede; impegna non meno di 230 miliardi per i prossimi 12 anni a sostegno delle FFAA e le trasforma in uno strumento da guerre ad alta intensità .
Mentre s’impongono agli italiani tanti sacrifici, mentre si taglia la spesa pubblica e la spesa sociale, il ministro della Difesa si oppone a qualsiasi taglio di bilancio e alla realizzazione di una seria riforma delle FFAA. Per questo, ribadisce la Tavola della pace, chiediamo al Parlamento di non approvare questa legge delega e di avviare una seria riforma dello strumento militare rendendolo compatibile con le possibilità economiche del Paese e coerente con una nuova idea di sicurezza e una nuova visione del ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo”. Il disegno di legge “1. aumenta la spesa pubblica; 2. aumenta la spesa per gli armamenti; 3. impegna non meno di 230 miliardi per i prossimi 12 anni a sostegno di un enorme apparato militare; 4. autorizza il Ministero della Difesa a vendere armi italiane nel mondo; 5. taglia il personale e vende le caserme per comperare nuove armi; 6. stabilisce che in caso di calamità naturali gli interventi di soccorso dell’esercito dovranno essere pagati da chi li richiede; 7. trasforma le FFAA in uno strumento da guerre ad alta intensità ”.
Sette buoni motivi per sottoscrivere subito l’appello. A cui si è aggiunta l’iniziativa di un mailbombing sul Parlamento: un attacco non violento che consta nel tempestare di email le caselle di posta elettronica di deputati e senatori per far sentire il peso di chi è contrario alla riforma.
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/07/rigettare-il-ddl-difesa-lappello-delle-associazioni/
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