Rick Moody, un mondo di giocatori bionici storia del futuro dello sport come puro intrattenimento

by Editore | 1 Luglio 2012 12:20

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Gente mi chiede dove trovi le mie idee. O è ciò che mi chiesero una volta nel 2024. Accadde durante un reading in un antiquato negozio di elettronica di seconda mano qui in città , l’Arachnids Inc. Il pubblico era composto da cinque persone intrepide e determinate, di cui quattro sicuramente impegnate a navigare senza scopo sulle loro console. O forse avevano intenzione di uscire dal negozio, quando invece vennero raggruppate in un mucchio di scomodi moduli per arredo multiuso di materiale sintetico da Noel Stroop, il proprietario/ gestore del locale in questione, uno a cui piaceva alzare il gomito.
Per un po’ di tempo, forse mesi, avevo tampinato Noel riguardo alla possibilità  di tenere un reading, nonostante l’Arachnids non fosse famoso per la programmazione di eventi artistici. A esser sinceri, il motivo delle mie insistenze aveva soprattutto a che fare con mia moglie, che trascorreva il tempo che le restava da vivere su questa terra dispensando consigli su come promuovere il frutto del mio lavoro. «Chiedi a Noel», diceva mia moglie, con gli occhi colmi di implacabile determinazione.
Solitamente incontravamo Noel al mercato delle pulci, che ormai occupava più di una dozzina di isolati. A Rio Blanco c’erano più mercatini delle pulci che centri commerciali autorizzati e in regola con il fisco. Lì avevo una bancarella dove, nei fine settimana, vendevo figurine di baseball e altri cimeli sportivi.
In realtà , lo faccio ancora. Lasciate che vi racconti la storia.
Da bambino non mi interessava il passatempo preferito degli americani, che attraversava uno dei suoi frequenti cali di popolarità  durante i quali la massa inerte della nazione si spostava verso il golf. Tuttavia, una volta che l’ufficio del commissario sportivo del baseball autorizzò senza riserva l’uso di sostanze dopanti e cominciò a incoraggiare la partecipazione di giocatori con arti artificiali potenziati chirurgicamente, divenni un devoto sostenitore del nostro svago nazionale. Il baseball era sempre riuscito a trasformare in campioni i fumatori, gli atleti sovrappeso, i cocainomani, per non parlare di coloro che si iniettano il testosterone in vena, dei mariti che maltrattano le mogli, di quelli che interpretano la Bibbia alla lettera, e delle persone con acconciature stravaganti, ma una volta che cominciò a contemplare gli ampu-tati, diventò uno sport che qualunque persona indolente era in grado di amare.
Da quando era diventato normale presentare sulle bande larghe della nostra nazione ospiti di talk show con palati leporini, nanerottoli e altre deturpazioni, e dall’avvento dei cosiddetti reality telethon che mostravano persone con difficoltà  di apprendimento (un settore demografico della plebe in forte aumento), era solo una questione di tempo prima che uno sport professionistico cominciasse a interessarsi a una concezione più democratica del fisico umano.
Forse ve lo ricordate: il primissimo giocatore di baseball “potenziato” fu un affidabile lanciatore di riserva di nome Dave McClintock, di Columbus, Ohio. (In seguito divenne famoso sui giornali con il nome di McClintock “Olio-di-gomito”, presumibilmente perché le sue parti sintetiche avevano bisogno di essere lubrificate per ottenere il massimo effetto bionico). Dopo una partita di seconda categoria, McClintock stava cazzeggiando con il suo compagno di stanza – si stavano dirigendo verso uno lago malfamato fuori Bridgeport, Connecticut – quando, stando ai racconti successivi, si sporse dal finestrino dell’auto a noleggio del suo compagno di stanza per dileggiare alcuni attraenti transessuali che battevano il marciapiede. Mentre tentava di convincere McClintock a rientrare nell’abitacolo, il suo compagno di stanza andò a sbattere contro un veicolo militare da trasporto che procedeva nella loro direzione. Il compagno di stanza morì sul colpo. McClintock venne scagliato lontano dal luogo dell’incidente, con il braccio che usava per lanciare staccato dal corpo.
Un altro giocatore di baseball, privato di questa estremità , che le notevoli fratture impedivano di riattaccare, si sarebbe ritirato nei terreni dell’Ohio del sud, e avrebbe trascorso il proprio tempo a sparare agli scoiattoli con i Taser ad alto amperaggio della sua collezione di armi. Dave McClintock non era un giocatore di questo genere. McClintock, a detta sua, «non sapeva fare granché altro». Mentre si stava ristabilendo all’Unità  di terapia intensiva dell’ospedale del posto, rifletté sul suo destino.
McClintock, come più tardi ebbe modo di commentare nelle interviste, non voleva diventare uno che allenava i lanciatori o un tecnico inviato a osservare il gioco di una squadra avversaria. Nonostante la prevalenza di prove del contrario, Dave McClintock credeva che un uomo con un braccio meccanico avesse un futuro nello sport professionistico. Magari sarebbe dovuto diventare un
position player, uno che giocava, anche se non dall’inizio della partita, almeno fino a un nuovo perfezionamento delle tecnologie. Magari per un po’ di tempo avrebbe dovuto scaldare la panchina. Tuttavia, era convinto di non dover abbandonare il gioco.
In fondo, i proprietari e il loro commissario accuratamente selezionato avevano già  capito di non essere in grado di tenere testa ai progressi del mondo equivoco delle sostanze dopanti assunte di nascosto per migliorare le prestazioni. Ciò che funzionava bene per gli atleti dell’Accordo economico sinoindiano poteva funzionare anche per gli atleti del Nafta. Era impossibile pensare diversamente. Come Rosa Parks prima di lui, McClintock vedeva il futuro chiaramente e ne era consapevole.
Cos’era un braccio meccanico se non un genere sofisticato di sostanza dopante per migliorare le prestazioni?
Lo sport è intrattenimento, annotò sul suo diario mentre si trovava in ospedale. Lo sport non è votato a una visione idealizzata del corpo umano. Nello sport, l’importante non è la vittoria, né l’illusione virile di eroismo e di gioco di squadra. Lo sport è copessola
me soffiare fuoco sul palco o sputare sangue con indosso una maschera in lattice raffigurante il diavolo. McClintock, con la collaborazione del suo agente, Phil Blank, indisse una conferenza stampa il giorno delle sue dimissioni dall’ospedale specializzato in particolari interventi chirurgici. Si presentò soltanto un manipolo di giornalisti, e solamente uno di loro scrisse un pezzo importante, ma quello che questo cronista foruncoloso di Mlb.com si trovò davanti fu un giocatore di baseball spassoso, ottimista e spendibile con un braccio di titanio, e che, mentre esibiva il suo ghigno di irriducibile ottimismo, agitò in alto il suo supplemento bionico, o forse cibernetico, dicendo: «Scommetto che con questo coso riesco a mettere a segno 65 home run all’anno!».
Si potevano perdonare le folle di appassionati di baseball per aver creduto si trattasse di una trovata pubblicitaria. Tuttavia, McClintock aveva un insolito legame con la gente del posto che veniva a vedere la sua squadra affiliata Triple-A. I fan amavano il suo coraggio e la sua determinazione. Se era assolutamente chiaro che non avrebbe mai più effettuato un lancio (non aveva il senso del “tatto”), un braccio ricostruito grazie a tecniche di bioingegneria migliorò decisamente la sua battuta, come accadde in seguito per Juan Millagro, cui uno specialista di Vail, Colorado, progettò due braccia dopo un incidente con dei macchinari agricoli. Come giocatore bionico, Dave McClintock aveva una media mediocre (.234), però quando entrava in contatto con una palla era sistematicamente per basi extra.
C’erano altri vantaggi. Come Millagro, a McClintock non importava se veniva colpito da un lancio (i lanciatori avversari si prestavano gentilmente a farlo), non aveva mai problemi al gomito, e dalla zona di esterno sinistro, dove giocava il più delle volte, aveva un cannone al posto del braccio.
L’anno successivo, grazie al gran parlare che se ne faceva nella Minor League, fu innalzato al livello dei grandi nel ruolo di
platoon player per la squadra di Città  del Messico. Come conseguenza, venne stampata la prima figurina di baseball a lui dedicata, dal venerabile produttore Topps Inc. Tuttavia, in uno slancio di incauta correttezza politica, il fotografo lo ritrasse
dall’altro lato, cosicché il braccio di titanio si vedeva a malapena.
Questo fu forse uno di quei momenti in cui i professionisti della Topps stavano usando la loro sfera oracolare di cristallo.
Poiché ci volle un particolare talento, del genere che, ad esempio, possiedo io, per sapere che questa prima copia del McClintock “Olio-di-gomito” sarebbe diventata una delle figurine più collezionate nella storia del gioco del baseball.
In realtà , a quell’epoca le figurine di giocatori disabili, per motivi su cui gli psicologi accademici discuteranno per i prossimi cinquant’anni, erano le più ambite della raccolta. Dopo McClintock, ci furono Juan Millagro, Moses Infante, Terry “Quattro Dita” Callahan, e molti, molti altri. Era come se le squadre del Nafta fossero ossessionate dal giocatore di baseball eterogeneo, il giocatore disposto a sottoporsi al genere di interventi chirurgici che non erano più solo di competenza della produzione americana.
Eravamo diventati una cultura di biologie ibride, e le nostre competizioni fisiche cominciavano a rifletterla. Come forse ricorderete, allora McClintock cercò di monopolizzare il mercato della sua figurina.
Un esercito di studenti di scuola media, i suoi più grandi ammiratori, le comprò in blocco.
C’era però un concorrente spietato in grado di ostacolare i suoi piani malvagi.
Be’, io adoravo davvero la figurina di McClintock, e la leggenda di Mc-Clintock, e il fatto di aver conservato la sua prima figurina mi avvantaggiò quando in seguito optai per l’attuale genere di lavoro in proprio. Venne fuori che non desideravo altro che andare a zonzo e discorrere con ragazzini strabici su chi fosse il più grande giocatore disabile della storia dello sport. Oh, e mi sono forse dimenticato di accennare al fatto che in seguito riuscii a circuire un macilento McClintock coi postumi di una sbornia convincendolo a firmare una ventina di figurine per me?
A un raduno? Parlò del più e del meno, facendo notare, fra le altre cose, che questo era il suo terzo braccio di titanio, per quanto a quel tempo non lo utilizzasse per nessuna attività  più faticosa della pesca a mosca. La sua firma era piuttosto tremolante.
È questo, quindi, il mio lavoro. Fu qui al mercato delle pulci che, secondo i piani di mia moglie, una domenica mi appellai a un coraggio che non avevo e dissi a Noel Stroop, impegnato a vendere moduli software, qualcosa sul genere dei compact disc, e file di ebook: «Ehi, Noel, cosa deve fare uno come me, un innovatore letterario, per godere di una certa stima in questa città ?».
© 2010 by Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency © 2012 Bompiani / RCS Libri S. p. A. (Traduzione di Licia Vighi)

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