Registro delle unioni civili La Curia contro Pisapia

by Editore | 22 Luglio 2012 15:51

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MILANO — La Curia contro il Comune, neanche Giovannino Guareschi si fosse d’improvviso materializzato in questa estate milanese. La polemica, durissima, monta proprio alla vigilia del dibattito in Consiglio comunale sulla delibera che dovrebbe dotare (anche) la capitale del nord di un registro delle unioni civili. Una delibera — soli tre articoli — per allargare il campo dei diritti amministrativi «all’insieme di persone legate da vincoli affettivi coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso Comune».
L’affondo della Chiesa ambrosiana porta la firma del responsabile del servizio per la famiglia della Diocesi. Si chiama Alfonso Colzani, è un laico (è sposato e ha 4 figli), ed è uno che non più tardi di un mese e mezzo fa ha pranzato insieme con papa Ratzinger in visita per il meeting mondiale delle famiglie. Il suo è un affondo durissimo. Il registro? «Inefficace», è l’incipit del comunicato con cui la Curia anticipa alcuni passaggi dello scritto di Colzani pubblicato da Milano7, il settimanale della Chiesa ambrosiana in edicola stamani con Avvenire. Si tratterebbe poi di «un’operazione d’immagine», figlia dei «debiti» che la giunta di Pisapia avrebbe «in qualche modo» accumulato con una certa «parte di elettorato che l’ha sostenuta». Il Comune, dice lo scritto, pensi piuttosto a sostenere le famiglie, quelle sancite dall’«unione stabile e pubblica tra un uomo e una donna, aperta alla vita».
Non basta. Perché nel medesimo comunicato si sferra un secondo attacco ancor più violento. La riflessione, in questo caso, si deve a Mattia Ferraro, vicepresidente dell’Unione giuristi cattolici di Milano. «Non si può trascurare — dice Ferraro — il rischio che la voluta equiparazione tra famiglia fondata sul matrimonio e unione civile porti a legittimare la poligamia». Boom. Una tempesta di mezza estate. Imprevista. Perché se è vero che una parte dei cattolici del Pd ha con largo anticipo manifestato disagio di fronte alla delibera in questione, è altrettanto vero che, almeno fino a ieri, i rapporti tra il sindaco arancione e la Curia guidata da Angelo Scola venivano segnalati nei confini di una cordiale non ingerenza reciproca. Tanto che a Palazzo Marino avevano scelto, non senza critiche «da sinistra», di rinviare la discussione sulle unioni civili per non «disturbare» la visita pastorale del Papa.
Oggi tocca al sindaco rispondere all’attacco. «L’istituzione del registro ha lo scopo di tutelare i diritti di moltissime realtà  presenti a Milano e in tutto il Paese, realtà  che aspettano da troppo tempo un riconoscimento giuridico, come hanno ribadito più volte la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione. Rispetto naturalmente le opinioni diverse dalla mia, ma intendo anche rispettare l’impegno che ho preso con i cittadini milanesi». Nessun ripensamento, insomma. Concetto ribadito dall’assessore che più sul tema s’è speso in questi mesi. Pierfrancesco Majorino, titolare della delega al Welfare: «Rispettiamo l’opinione di tutti, compresa ovviamente la Curia di Milano, ma crediamo fermamente che si debba andare avanti sulla strada dell’estensione dei diritti anche alle coppie di fatto».
Molto meno «sorvegliata» la reazione dell’Arcigay milanese. «Immaginare che il registro possa aprire alla “famiglia poligamica” è una fantasia che non trova fondamento né nello strumento amministrativo locale, né nella legislazione nazionale». Quanto alla poligamia, «i giuristi cattolici — è la conclusione — si esercitino piuttosto sui casi gravi che affliggono la Chiesa, come la pedofilia».
Il caso, come ovvio, divide entrambi gli schieramenti e quasi tutti i partiti. Laici del Pdl tentati da un voto a favore e cattolici di centrosinistra che annunciano astensioni. Andrea Fanzago, del Pd, è tra questi: «Confermo tutto, mi asterrò. La delibera nel migliore dei casi non servirà  a niente, perché non apre a nuovi veri diritti».
E nel peggiore? «Potrebbe anche rivelarsi dannosa. Già , perché se sarà  agitata strumentalmente da qualche ultrà liberal, sarà  l’antipasto dei matrimoni gay».

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