by Editore | 3 Luglio 2012 9:47
Meno ovvia, e decisamente inaccettabile, è la favola che le autorità raccontano ai cittadini, sia a livello nazionale che locale. Una favola che tra musichette, foto bucoliche e grafiche accattivanti viene narrata nell’immancabile «centro di informazione» presente nei pressi di ogni centrale (e che oltre ad informare prevede strutture sociali come parco giochi, biblioteche, ristoranti, e volte perfino terme e piscine) o, per chi ama le scorciatoie, sulle home page. Su quella di Oi (http://www1.kepco.co.jp/wakasa/ooi/ooi.html[1]) c’è un bel richiamo in cima. «Nuovo piano per l’emergenza approntato in esecuzione delle disposizioni governative». Già , perché Noda e i suoi ministri, quando si è trattato di convincere governatori e amministratori locali a riattivare i reattori, avevano parlato non solo di sicurezza, nel senso di garantire che i reattori erano stati revisionati e avevano passato i test da stress, ma anche di nuovi, minuziosi piani di emergenza studiati a seguito della catastrofe di Fukushima. Per quanto riguarda Oi ecco cosa si prevede in caso di evacuazione. Intanto, il piano è fondato su una ipotesi – e solo una – meteorologica. Che l’apocalisse avvenga di giorno, che il vento soffi verso est (cioè verso il mare) e che il cielo sia sereno o comunque non piova. In questo caso, i residenti nel raggio di 3 chilometri (meno di 400 persone) verrebbero evacuati con mezzi della società , quelli entro 7 chilometri verrebbero invitati a non uscire di casa sigillando porte e finestre in attesa dell’arrivo (a Fukushima ci ha messo tre giorni) dell’esercito, mentre tutti gli altri dovrebbero mettersi in macchina e andare verso Kyoto, Osaka, Nagoya. Peccato che l’unica strada che da Oi porta alla statale 27 – una lunga arteria a due corsie dove è impossibile superare e senza marciapiedi – è strettissima e, quando piove, viene chiusa o comunque ridotta ad una sola corsia a traffico alternato. Difficile, pur conoscendo la compostezza ed il senso civico dei giapponesi, immaginare che un esodo forzato, con il terrore delle radiazioni che si avvicinano, possa svolgersi senza creare il panico. Difficile al punto che gli stessi dirigenti della Kepco, estensori del piano, prevedono, per coprire i 20 chilometri che separano la centrale dalla stazione di Higashi MAizuru (30 minuti, in condizioni normali) circa 8 ore. Questo fino a quando non sarà pronta la nuova superstrada che dovrebbe «tagliare» la tortuosa strada costiera e raggiungere l’autostrada Wakasa. Ma come un’altra ventina di «punti» previsti dal piano di «messa in sicurezza», che ne prevede in tutto una novantina, non sarà pronta prima di tre anni. E se gli atomi decidono di farsi una passeggiatina prima? Se i reattori, già belli vetusti, si scassano? E se arriva un terremoto come quello di Fukushima? Uno tsunami, anche molto inferiore a quello del marzo 2011? Auguri.
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