QUEL NABOKOV INEDITO SEMBRA SHAKESPEARE
La lettura recitata che attori hanno reso alla Casa Pushkin di Londra ha anticipato la pubblicazione di The Tragedy of Mr. Norm di Vladimir Nabokov, che Penguin ha presentato nei Modern Classics. A quasi 90 anni da quando fu scritto si potrà finalmente leggere uno dei più importanti lavori del grande scrittore che si distinse per l’eleganza suprema con cui compose oltre che nella madrelingua russa anche in inglese e francese. Già 13 anni fa nel volume in cui Cambridge University Press raccolse 11 dei maggiori studiosi di Nabokov per celebrarne il centenario, si dichiarava l’importanza di questa tragedia in 5 atti che soltanto due anni prima aveva visto la luce nella rivista letteraria russa Zvezda. Nabokov l’aveva scritta in russo a 24 anni, nell’inverno del 1923. L’anno successivo fu letto ad un gruppo d’intellettuali russi che erano al centro della comunità culturalmente fervida di Berlino di emigrati dalla Russia bolscevica. Dopo la caduta dello Zar, suo padre — liberale d’antica tradizione — era stato un ministro nel Governo Kerensky: ch’ebbe il potere prima dell’ascesa di Lenin. La sua famiglia si trasferì nel 1917 a Yalta, Londra ed infine a Berlino. Nabokov entrò al Trinity College, Cambridge, per laurearsi prima in zoologia e poi in Lingue Romanze e Slave: dopodiché si unì alla famiglia a Berlino. Dopo la morte di suo padre nel 1922 — assassinato per errore da un monarchico che mirava ad un’altra personalità — Nabokov si mantenne scrivendo per le pubblicazioni degli emigrati, dando lezioni di lingue oltre che di tennis e di pugilato. Su questo sfondo può sorprendere che Nabokov si dedicasse ad una tragedia di proporzioni shakesperiane che in russo non aveva possibilità d’essere messa in scena sulla base ristretta degli emigrati a Berlino. Non risulta che abbia fatto tentativi in questo senso, né che abbia considerato di tradurla in inglese come molte altre sue opere. Possiamo presumere che The Tragedy of Mr. Morn fosse il modo d’esprimere le sue preoccupazioni intellettuali indirettamente: come la letteratura gli suggeriva. È la storia di Morn: un re mascherato che governa su un paese in cui ha restaurato l’ordine dopo una rivoluzione violenta. Segretamente è innamorato di Midia, la moglie di Ganus, rivoluzionario inviato ai lavori forzati. Il suo ritorno prospetta un bagno di sangue ed il caos che il Re aveva tentato di prevenire. La tragica conclusione si palesa allo spettatore senza vederla. L’aggettivo shakesperiano non è fuori luogo per l’altissima qualità letteraria espressa in pentametri giambici: quelli che usava Shakespeare, discendenti diretti degli endecasillabi di Dante. Le splendide metafore echeggiano Troilo e Cressida, La Tempesta, Enrico IV. Nabokov non scrive mai di politica: ma i discorsi filosofici di taluni protagonisti gli consentono di esprimere il suo disprezzo per i bolscevichi. Né la felicità né l’eguaglianza sono l’obiettivo del rivoluzionario Tremens: vuole imitare la violenza distruttiva della vita stessa: e leggiamo versi memorabili sulle ombre delle rovine in una notte ventosa di luna. Nel volume pubblicato in occasione del centenario il Professor Gennady Barabtarlo (University of Missouri) esaltava l’importanza di questo lavoro teatrale ma ne auspicava la traduzione con riserva: prevedeva un fiasco e non vedeva come preservarne le qualità liriche. Nabokov stesso, con le esperienze dal russo all’inglese e dall’inglese al russo, scrisse a lungo sull’infedeltà della traduzione (ironicamente “la profanazione del defunto”). Immaginiamo la trepidazione con cui Thomas Karshan, che insegna Letteratura Moderna alla University of East Anglia ed è alla testa della nuova generazione di specialisti di Nabokov, si sarà accinto a tradurre The Tragedy of Mister Norm. L’avrà incoraggiato l’alleanza strategica con Anastasia Tolstoij (la pro-pro-pro nipote di Leo che lavora ad Oxford) che ha diviso con lui la responsabilità della resa in pentametri giambici inglesi. Finora hanno riscosso soltanto elogi: e possiamo apprezzare versi come Mr. Norm che sembra rispondere polemicamente ad Alexander Blok “Cos’è la felicità ? Il battito d’ali celesti./ Cos’è la felicità ? Un fiocco di neve sul proprio labbro…”.
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