PERCHà‰ L’INCERTEZZA FA PIà™ PAURA DEL RISCHIO

by Editore | 3 Luglio 2012 6:55

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Lo stratega di una grande banca internazionale ha dichiarato il 23 giugno: «Non sappiamo quello che succederà  in Grecia, e ne ignoriamo le conseguenze nel resto del mondo». Un’ammissione che fa paura, rivelando incertezza mista a impotenza. Il mondo è sempre stato rischioso, ma meno incerto.
Ne Il Cacciatore, Robert De Niro è costretto a subire la roulette russa di fronte a vietnamiti che scommettono. Se la pistola contiene una pallottola, c’è una probabilità  su sei di morire tirando il grilletto. Se il tamburo della pistola è vuoto, si è salvi, se pieno, si muore di sicuro. Il rischio è calcolabile in termini probabilistici. Se si è al posto di De Niro, invece, si è nell’incertezza, non sapendo che cosa c’è nel tamburo. La situazione odierna della Grecia corrisponde a una sorta d’incertezza ancora più radicale, perché non sappiamo il quando, né il come, né il dove (ci saranno conseguenze fuori dalla Grecia? E fino a dove?). Per decine di migliaia di anni i nostri antenati cacciatori-raccoglitori hanno affrontato condizioni di vita in cui era difficile difendersi da ogni tipo di pericoli naturali. Il 97% dei farmaci usati dagli uomini nella loro lunga storia sono stati inefficaci, se non per gli effetti placebo, salvifici per chi era convinto della bontà  del farmaco. Circa diecimila anni fa, con l’agricoltura stanziale, le cose sono cominciate a cambiare. E, da allora, sono cambiate sempre più in fretta. I progressi tecnologici hanno sconfitto molti dei pericoli naturali che rendevano la vita dei nostri antenati rischiosa, di breve durata, ma sufficientemente lunga per trasmettere i nostri geni.
L’eredità  di quei tempi si trova nell’architettura del nostro cervello, e nei modi di funzionare della paura, la spia più fedele di quel lontano passato. Noi oggi temiamo gli eventi paurosi, e non quelli oggettivamente pericolosi. Non ci preoccupa il viaggio in auto, che riteniamo sotto il nostro controllo, ma quello in aereo, in realtà  più sicuro. L’11 settembre ha fatto più morti sulle strade americane che non sugli aerei usati come proiettili dagli attentatori. Per alcuni mesi si è viaggiato di più in auto, per timore di azioni terroristiche sugli aerei, causando un aumento temporaneo degli incidenti stradali. Cadute di aerei, squali, terremoti: in tutti i casi si tratta d’incidenti che richiamano paure antiche, i timori di eventi improvvisi e terribili. È questo tipo di incidenti che trova eco sui media, e le notizie finiscono per tener vive quelle paure. Le cause di morte più frequenti, tumori e malattie cardiache, fanno notizia solo se la vittima è famosa. Tutto ciò è stato analizzato a lungo, ed è ben noto. Tutto a posto? Non proprio.
Cento anni fa, il 23 giugno 1912, nasceva a Londra Alan Turing. Nel 1937 teorizzò la nascita delle menti artificiali, oggi diffuse in varie forme, dai computer alla rete. E così l’uomo, che si era finalmente liberato dall’incertezza proveniente dalla natura, si è di nuovo cacciato nei guai. Adesso siamo noi a costruire incertezze. Questo è stato reso
possibile dallo sviluppo impressionante dell’uso di menti artificiali, collegate in rete. Giusto per avere un’idea di una delle forme di questa nuova incertezza – quella di cui oggi più spesso si parla – il valore delle imprese, di qualsiasi tipo, quotate sulle borse mondiali assomma, alla fine del 2011, a circa 46 migliaia di miliardi di dollari. Ebbene, l’entità  totale delle scommesse sul futuro dei valori finanziari è superiore di 14 volte, dato che assomma a circa 650 migliaia di miliardi. La presenza di queste instabili scommesse sul futuro crea incertezze, talvolta disastri, comunque paura.
Quando noi scommettiamo sulle temperature di questa estate, le nostre scommesse non influenzano le future condizioni meteo, e non influenzano neppure l’esito di una partita di calcio (se lo scommettitore non riesce a truccarla). Sui mercati finanziari, invece, le scommesse funzionano come profezie che diventano vere in forza del fatto che sono condivise. Se la maggioranza scommette sulla debolezza dell’euro, l’euro diventerà  più debole. Per la verità , questo avviene in altre forme anche nella moda o nell’arte, dove alcuni, più influenti, con le loro scelte plasmano i gusti del futuro, per lo meno sul breve termine. Non sono fenomeni di cui si possano registrare statistiche, così da dare un prezzo all’incertezza, come avviene con le assicurazioni, il più potente strumento per quantificare pericoli e sconfiggere paure. Però, all’incirca, ce ne siamo fatti un’idea, anche se gli artisti e i modisti appaiono categorie più ansiose e preoccupate del loro successo.
In campo economico, oggi, le cose non stanno così: emergono fenomeni nuovi e sconosciuti, le teorie sono diverse, il che equivale a non avere una teoria sicura e condivisa. In parte dipende dalle scelte degli stessi economisti, che hanno semplificato la descrizione dei comportamenti umani, così da poterli ricondurre a modelli formali. Oggi questa scelta presenta il conto. Ma questa è un’altra storia.
Resta la paura, quella peggiore, quella di cui non si conosce la fonte. Troppo facile dire che non bisogna avere paura della paura. «Di soprassalto – molto spaventata – si sveglia. Cos’è successo? È successo qualcosa di spaventoso. No – non è successo niente …», così inizia il racconto Soffia il vento (1920) di Katherine Mansfield.

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