Pagine sincopate di una diaspora imposta dall’alto
È il prologo del romanzo A Riot Of My Own, firmato da Stefano Dorigo e Pantaleo Elicio. Libro rigorosamente autoprodotto che può essere acquistato attraverso il web (//htpp:ariotofmyown-romanzo.blogspot.com/). Libro scritto da chi partecipò a quell’assalto e da un giovane che ha avuto la sua educazione sentimentale alla politica durante l’Onda.
Le vicende narrate sono del gruppo milanese «Rosso» fino al suo scioglimento, con molti dei militanti incarcerati o in fuga dall’Italia. Lo stile scelto è serrato, scandito da frasi brevi, quasi smozzicate, che non sempre facilitano la lettura. Un romanzo che oscilla tra il Nanni Balestrini di Vogliamo tutto al Pasto nudo di William S. Burroughs, dando vita a una narrazione per frammenti che, tuttavia, non distoglie l’attenzione, perché sono parole e frasi che vanno a comporre un puzzle dove la narrazione fluviale deve fare i conti con i cambiamenti repentini della dislocazione emotiva dei protagonisti. Sono pagine dove non c’è niente di sconosciuto. Sono infatti raccontati episodi già appresi in altri libri. Il pregio del romanzo sta però nel tentativo di mettere in relazione quel periodo con il presente. Così apprendiamo che i «sopravvissuti» hanno continuato, con altre forme, se non ad assaltare il cielo a cercare di cambiare lo stato di cose presenti. Si incontrano, si parlano, cercando di riannodare i fili recisi da una diaspora imposta dalla sconfitta, che brucia ancora nelle loro vite di sopravvissuti.
A Riot Of My Own non va letto però come un libro di memorie, né di mitizzazione di un passato che potrebbe tornare. Quello è il passato, da consegnare alla storia. Occorre semmai cercare di capire questo presente. È l’unico modo per restare fedeli e non tradire quel movimento. E dunque nessun parallelo con le rivolte attuali, anche quando sembrano presentare punti di contatto. L’unico aspetto da indagare è quella saldatura, come scrisse in tempi non sospetti Primo Moroni, tra rivolta contro un regime di sfruttamento e la sperimentazione di uno stile di vita alternativo a quello dominante. Quella che è stato un tentativo, generoso e sconfitto, è però diventato elemento caratterizzante gli attuali movimenti sociali. Politica e vita si saldano, ma più che costituire una via d’uscita da forme politiche inadeguate – il partito, il sindacato – questa saldature costituisce un problema. È questa la scommessa che si trovano a dover giocare i sopravvissuti di allora e i ribelli attuali.
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