Migliaia in fuga, l’altra faccia della guerra

by Editore | 22 Luglio 2012 16:36

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MASNAA (CONFINE SIRIA-LIBANO)
«Che pena», dice Ahmad, siriano di Damasco, mentre guarda suoi compatrioti attraversare il principale posto di confine tra i due paesi, Masnaa, ora presidiato dai media internazionali: «Nel 2006, durante la guerra di Israele contro il Libano, abbiamo accolto nelle nostre case oltre 200 mila libanesi; oggi sono siriani a cercare rifugio». Ahmad è attivo in un’associazione di assistenza. Venerdì, sotto una canicola estiva, osserva macchine con targa siriana, soprattutto della capitale: solo 88 chilometri separano Damasco da Beirut, di solito percorsi da un intenso traffico di persone e merci. Ma da mercoledì scorso, quando un attentato ha ucciso i principali esponenti del regime e sono cominciati violenti scontri tra l’esercito siriano e la formazione dei ribelli, l’Esercito libero siriano, in numerosi quartieri della capitale, secondo le autorità  libanesi almeno 20 mila siriani hanno attraversato il confine – 30 mila secondo l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, Acnur (o Unhcr). Cifre considerevoli, che raddoppiano gli oltre 30 mila rifugiati siriani già  registrati dall’Acnur in Libano in 17 mesi dall’inizio della crisi siriana. Ma il numero totale dei siriani presenti in Libano è sicuramente più alto. «Il flusso è’ stato inferiore a quello dei giorni precedenti, ma destinato ad aumentare», afferma Ahmad. «Molti vogliono partire per fuggire dalle violenze ma incontrano difficoltà . Alcuni hanno impiegato nove ore», continua.
Passano molte macchine di grossa cilindrata e lussuose, si tratta degli abitanti dei quartieri della classe medio-alta di Damasco, dove vivono in maggioranza sostenitori del presidente Assad. Una donna urla da una macchina in corsa «Syria bikheir, la Siria sta bene», lo slogan del governo, non si capisce se per convinzione o ironia. Alcuni dichiarano di essere venuti solo per qualche tempo in attesa che la situazione si calmi. 
Ma molte macchine sono cariche di famiglie intere e di bagagli. Non ci sono solo i benestanti: una famiglia di sette adulti e cinque bambini attraversa il confine a piedi e viene prelevata dal pick up di un familiare. Dichiarano che negli ultimi giorni non sono usciti di casa, in città  scarseggiano gas da cucina e verdura, e i bambini non riuscivano più a dormire per l’ininterrotto frastuono di artiglieria. «Solo i più ricchi possono permettersi di vivere a Beirut, città  molto cara, ma molti hanno bisogno di sostegno», continua Ahmad.
Il Libano, come la Turchia e la Giordania, mantiene aperti i propri confini, una decisione applaudita dall’Acnur. Il governo ha dichiarato che metterà  a disposizione strutture per l’accoglienza, ma i già  precari servizi del paese sono sotto pressione per l’afflusso dei rifugiati siriani e l’autorità  libanese responsabile ha sospeso le cure per i feriti siriani. Senza contare la preoccupazione per l’impatto della crisi siriana sul delicato e precario equilibrio politico interno al Libano stesso.
«Dopo il 2003 oltre un milione di iracheni sono arrivati in Siria, dov’è adesso la loro solidarietà ?», lamenta Ahmad. L’Iraq infatti venerdì ha chiuso la sua frontiera ai siriani. L’Acnur afferma che oltre 100 mila siriani sono rifugiati nei paesi confinanti (principalmente Turchia, Giordania e Libano) e che il loro numero è raddoppiato negli ultimi 3 mesi. 
Ancora di più preoccupano le condizioni di chi è rimasto nel paese. Secondo le Nazioni unite, almeno un milione e mezzo di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria e 1 milione sono sfollate all’interno del paese, sfiniti da 17 mesi di violenze, crisi economica, tagli all’elettricità , penuria di gas. Ma la risposta è rallentata dai limiti posti dalle autorità  (ad esempio sui visti agli operatori), dalle continue violenze e dai finanziamenti limitati (raccolto finora solo il 20% dei fondi richiesti). 
Gli scontri dell’ultima settimana hanno portato la guerra nel cuore della capitale, finora relativamente risparmiata dalle distruzioni, considerata rifugio da decine di migliaia di sfollati di Homs. Ora molti, come gli abitanti di Damasco, fuggono dai quartieri dei combattimenti, come Midan e Qaboun, verso altre aree della città . O, chi può, verso al Masnaa.

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