Messico e ombre: vince Peà±a Nieto ma la società  civile messicana dice no

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Lo scorso sabato, mentre si attendeva l’esito del riconteggio dei voti da parte dell’Istituto Federale Elettorale (IFE) il movimento Yo soy 132 iniziava la sua marcia per le strade di Città  del Messico e in simultanea in numerose altre città  e cittadine sparse per il paese, obiettivo: denunciare tutti gli inganni con cui Enrique Peà±a Nieto e il suo PRI hanno vinto le elezioni del 1 luglio. Il candidato del Partito Rivoluzionario Istituzionale dopo la breve interruzione durata 12 anni, torna al potere, potere che si era tenuto per 71 anni di fila. Mario Varas Llosa l’aveva chiamata la dittatura perfetta perché al governo ci era arrivato sempre con i voti, ma quello che inquieta è come sia riuscito a ottenere questi voti. Per la precisione a questa tornata elettorale il 38,21% contro il 31,59% del PRD di Andrés Manuel Là³pez Obrador che ancora non ha riconosciuto il risultato – anzi ne ha denunciato brogli – e il 25,41% alla candidata del PAN Josefina Và¡zquez Mota. Il presidente uscente Felipe Calderon si è subito congratulato col neoeletto, ancora prima che il Tribunale convalidasse l’elezione. Poi Peà±a Nieto ha proclamato la sua vittoria, dicendo: “Assumo questo incarico con emozione, grande impegno e piena responsabilità  per il mandato che i messicani mi hanno conferito oggi”.

Ma le ombre su queste elezioni si erano manifestate già  durante la campagna elettorale, e sono state denunciate da gruppi della società  civile e numerosi mezzi di comunicazione indipendenti. Si parla di casi di compravendita di voti, anche attraverso la distribuzione di alcune carte di debito da utilizzare nei centri commerciali Soriana, casi su cui ora si sta indagando, ma anche si pressioni nei luoghi di lavoro, soprattutto tra i dipendenti governativi, il furto di urne e schede elettorali, spese spropositate e rapporti poco trasparenti con i media, ma anche di sondaggi di parte che circolavano mesi prima delle elezioni per scoraggiare gli elettori a votare un un partito dato già  per perdente, e infine schede segnate in anticipo, e confluite nei seggi poco prima del conteggio. Durante quest’ultima settimana la società  civile, organizzata in Yo soy132, osservatori elettorali e dei media indipendenti hanno compiuto grandi sforzi per documentare le irregolarità  elettorali e numerose prove circolano già  su youtube e nei vari social network. Per i giovani che si oppongono al ritorno del PRI, l’argomento che si tratta di casi isolati che non incidono sulla vittoria di Peà±a Nieto non è più credibile, soprattutto dopo quello che è successo nelle elezioni del 2006, quando Lopez Obrador perse le elezioni per una manciata di voti. La loro richiesta è per una democrazia dove tutti i voti contano e sono liberi.

Un ruolo fondamentale durante questa campagna elettorale è stato giocato dai mezzi di comunicazione commerciali, principalmente Televisa e Tv Azteca. Molti parlano anche di una campagna elettorale a metà  strada tra una telenovela e un reality show. A confermare questo sono anche le recenti nozze del neo presidente con la protagonista di una delle telenovelas più seguite su Televisa. E gran parte del popolo messicano accetta tutto questo. Secondo alcuni analisti la motivazione va cercata in due tipi di carenze: la mancanza di una cultura elettorale che insegna il valore di un voto libero come un pilastro della democrazia e il secondo la mancanza di soldi, cioè la povertà  nel paese. Data la scelta di esercitare il loro voto o mangiare non c’è da stupirsi che così tante persone sceglie la seconda, e meno in una società  dove il voto è stata storicamente una farsa scrive Laura Carlsen, direttrice del Programma Las Americas, un punto di riferimento per i movimenti. Molte persone intervistate dai media ha ammesso apertamente di aver venduto il suo voto, considerando questa pratica normale alle elezioni. Scegliere un partito o un candidato in base a quello che offre, non sulle proposte per il paese, ma in generi alimentari, materiali da costruzione o di denaro, è una consuetudine radicata nella cultura elettorale messicana.

E’ anche per modificare questi atteggiamenti che il movimento giovanile confluito in Yo soy132 manifesta e cerca di attirare consensi trasversali. Oltre alle manifestazioni il movimento ha aperto un interessante sito web chiamato contamos con l’intento di raccogliere denunce di irregolarità  e capire quante voti siano davvero validi e quanti attribuibili al candidato arrivato secondo. Il movimento già  prima del 1° luglio ha stabilito un programma d’azione che comprende non solo i grandi cambiamenti in campo elettorale, ma anche delle proposte in campo economico, sociale e sopratutto un’alternativa alla strategia di guerra al narcotraffico, che solo durante la presidenza Calderon ha fatto 60 mila vittime. Quello che è in gioco con queste elezioni è la continuità  del modello neoliberista suggellato ufficialmente con la l’entrata in vigore del NAFTA, il trattato di libero commercio imposto dagli Stati Uniti del 1994, che non ha portato a nessuna crescita economica, ma a un aumento della disoccupazione e della povertà . Solo negli ultimi tre anni il numero di cittadini sotto la soglia di povertà  sono passati ta 48 a 52 milioni, cioè il 46,2% della popolazione. Alcuni studi assicurano invece che la cifra esatta è di 60 milioni superando in termini percentuali la metà  della popolazione.

Altro capitolo è la violenza, la corruzione e il potere dei narcos, aumentati a dismisura con la guerra dichiarata e la conseguente militarizzazione del paese voluta da Calderon. Un modello neoliberista che i vicini statunitensi sono interessati a mantenere, non potrebbero tollerare che il cortile di casa diventi un laboratorio di politiche progressiste come altri paesi dell’America Latina. Intanto nella tarda seratadi sabato l’IFE ha dichiarato ufficiale la vittoria di Peà±a Nieto ma allo stesso tempo ha comunicato l’apertura delle indagare sulle irregolarità  denunciate. Nelle stesse ore milioni di messicani marciavano per le strade del paese, decisi a non abbandonare la lotta contro “l’mbroglio elettorale”, ma anche a non cadere nelle provocazioni che tentano di farlo apparire come un movimento violento. Questo il comunicato che circolava nei social network poco prima della marcia: “Non cadiamo nelle provocazioni, è questo quello che loro vogliono, darci l’etichetta di vandali e rivoltosi. Sarà  una marcia pacifista ma espressiva, facciamoci notare senza violenze, la nostra arma migliore è che noi siamo più intelligenti di loro”.

* autrice di Lavorare senza padroni, Emi Edizioni


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