by Editore | 17 Luglio 2012 7:31
ROMA — La scure di Monti è pronta a calare sulle festività italiane. Il prossimo consiglio dei ministri dovrebbe infatti già esaminare la proposta di quattro ministeri chiave di procedere a numerosi accorpamenti, in modo da aumentare la produttività e permettere una più robusta crescita del Pil. L’idea di aumentare i giorni lavorativi era già stata avanzata anche dal precedente esecutivo, ma non si era mai tradotta in pratica per le resistenze ad accantonare celebrazioni storiche come primo maggio, 25 aprile e 2 giugno, e per quelle degli operatori turistici, che si vedevano privati dei redditizi “ponti”. Ora, con la crisi che morde e il Pil al palo, potrebbe trovare una corsia preferenziale. A rischio, oltre alle tre citate, ci sono anche il 1 novembre e l’8 dicembre. L’ipotesi è quella di far cadere le ricorrenze nella domenica più vicina, e di intervenire anche sulle patronali.
La mossa del governo emerge al termine di una giornata difficile sui mercati, che hanno reagito male alle pessime previsioni del Fmi, con lo spread molto vicino a quota 500. Ma Palazzo Chigi ha voluto ribadire la linea del governo italiano: «Per ora non chiediamo
aiuti, non abbiamo bisogno dello scudo». «Nessuno – ha poi aggiunto una fonte dell’esecutivo – può escluderlo per il futuro, ma al momento non se ne ravvisa la necessità ». Si naviga a vista. C’è incertezza sui mercati dove, però, si percepisce netto il rischio che in piena estate possa scatenarsi l’attacco speculativo. Un attacco che sembra anticipato dall’ennesima (attesa) mossa di Moody’s, che ieri ha declassato 23 enti locali italiani, 10 banche nazionali (tra cui Unicredit e Sanpaolo), aziende come Terna, Acea, Poste Italiane ed Eni, tagliando il rating di uno e due gradini.
Ora si attende il prossimo Eurogruppo, ma anche qui le indicazioni non paiono confortanti. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha rilanciato due giorni fa la linea del rigore, con dichiarazioni che hanno reso più teso il clima, tanto più che la Corte costituzionale tedesca ha inaspettatamente annunciato che deciderà sulla costituzionalità del fiscal compact e del fondo salva Stati soltanto il 12 settembre. Ciò significa che slittano i tempi per l’entrata in funzione del fondo Esm in sostituzione dell’attuale temporaneo Efsf. Un segnale non proprio positivo – ha detto lo stesso Juncker presidente dell’Eurogruppo), mentre l’aspettativa generale era che l’Esm potesse intervenire già da agosto. L’Efsf è pienamente operante ma non è la stessa cosa in termini di dotazione finanziaria.
C’è poi l’incertezza italiana, aggravata dal ritorno sulla scena politica di Berlusconi come candidato premier della destra. In questo contesto si arriverà al meeting in videoconferenza dell’Eurogruppo di venerdì. Certo è – scriveva ieri l’agenzia di stampa Radiocor con una corrispondenza dalla capitale belga – che al di là della precisazione di Palazzo Chigi, la possibilità che l’Italia possa avere bisogno dello scudo «non in un futuro così lontano viene discussa tra i tanti scenari sui quali si fonda il lavoro tecnico dell’Eurogruppo».
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