Marchionne: “Un bagno di sangue la politica dei prezzi Volkswagen”

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BERLINO â€” Volkswagen ormai già  ritenuto da analisti e investitori globali il vero primo gruppo mondiale dell’auto vola negli utili a nuovi record storici, nonostante la crisi dell’eurozona e il rallentamento della congiuntura a casa nella locomotiva Germania e in parte minore nella stessa Cina. Un successo controtendenza anche rispetto ad altri big global players dell’economia made in Germany, visto che ieri il colosso dell’acciaio ThyssenKrupp a fronte della caduta degli ordini ha preannunciato cassa integrazione per almeno duemila dipendenti. E l’ad di Fiat, Sergio Marchionne — nelle stesse ore in cui Wolfsburg annunciava i suoi successi sui mercati di tutto il pianeta — sparava a zero su Vw: la loro guerra dei prezzi è un bagno di sangue, ha detto all’Herald Tribune, chiedendo all’Unione europea misure di regolamentazione nella suddivisione dei tagli di capacità  produttiva, perché secondo lui i francesi (Peugeot-Citroen peraltro sta tagliando 8000 esuberi in patria) e i tedeschi non fanno nulla in questo campo. Insomma, si apre la guerra dello spread nel mondo dell’auto, tra i finanziamenti a tassi bassi (come i Bund a tasso negativo, quasi) di Vw e quelli degli altri. I maligni, ma anche osservatori freddi, attenti e imparziali, qui notano che le accuse di Marchionne, in parte avallate da un’analisi di Mediobanca secondo cui spendere per nuovi modelli in un mercato come quello europeo non avrebbe senso, hanno come primo effetto quello di portare un grave colpo alla credibilità  e all’affidabilità  del sistema paese Italia. Perché Volkswagen, con una politica di 40 nuovi modelli annui medi di tutti i suoi marchi, con la concertazione e cogestione sistematica con l’IgMetall (il più forte sindacato del mondo) e con vendite in decollo in Cina, India, Brasile, Nordamerica, in tutti i mercati nuovi o più forti, vista da qui va bene per meriti suoi e non a spalle degli altri. E perché la guerra della concorrenza, non meno del taglio dei costi di produzione, è l’anima del capitalismo globale.
I dati di Wolfsburg fanno impressione. Nell’ultimo trimestre, nonostante il calo di vendite di tutto il comparto auto nell’eurozona,
gli utili di Vw sono aumentati del 36%, salendo a 8,8 miliardi. Ogni marchio lancia nuovi modelli, in Cina ai diversi stabilimenti già  esistenti se ne aggiungerà  un altro, e a livello mondiale il Grande vecchio Ferdinand Piech, l’ad Martin Winterkorn e i leader di IgMetall hanno concordato di introdurre un codice etico dei diritti del lavoro in ogni impianto nel mondo.
Le accuse di Marchionne sono durissime. Si riferisce ai tassi bassi dei finanziamenti Vw ai clienti, possibili viste le casse aziendali piene, come gli interessi negativi sui bund. Francesi e tedeschi secondo lui non fanno nulla per ridurre gli eccessi di capacità  produttiva. Il problema è che le grandi riforme del mercato del lavoro, l’orario corto, i tagli di esuberi ove necessario ma tutti negoziati con IgMetall, qui sono stati realizzati già  dal 1993. E a Volkswagen come agli altri nomi di eccellenza dell’industria tedesca mancano braccia a casa a fronte della domanda cinese, americana, brasiliana, indiana, polacca eccetera per cui parte persino il trend della riassunzione in massa di pensionati e prepensionati: il loro know-how ed esperienza è più indispensabile che mai, dicono qui. In Francia poi come si diceva, gli operai in esubero di Psa vengono mandati a casa eccome, e Renault si salva possedendo Nissan e il suo marchio premium Infiniti, che volano in Nordamerica e Asia.


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