Ma nei cinema di Aurora c’è la fila “Paura? Certo, però bisogna reagire”

by Editore | 22 Luglio 2012 16:16

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AURORA (Denver) – «L’Arma preferita di Thor è il martello» annuncia nobis uno dei tanti “fatti divertenti”, i fun facts che sul grande schermo ingannano l’attesa per l’ultimo “Batman”. L’arma preferita di James Holmes, il ragazzo che si credeva il Joker, è un elenco che invece prenderebbe tutto un trailer: una pistola Glock, un fucile d’assalto Remington, una mitraglietta Smith & Wesson… «Non vedo l’ora che cominci!» sgrana gli occhi Robert Lloyd, accomodato qui accanto, fila D, posto 09, al tavolinetto- poltrona del Movie Tavern di Aurora, 18605 East Hampden Avenue, Aurora, a meno di un quarto d’ora dalla Sala numero 9 del Century 16 dove un fuoricorso ventiquattrenne ha provocato l’inferno all’anteprima del “Cavaliere Oscuro”: neppure ventiquattr’ore prima. «Film come questo non li avete mai gustati» recita lo slogan di questa catena di multisale che sorgono a decine nell’America più profonda. Non solo effetti speciali: insieme al biglietto ti consegnano un simpatico menu dove scegliere tra delizie cine-gastronomiche chiamate “La Tempesta perfetta” — gamberetti piccanti e fritti, avvolti nel bacon e passati in salsa cocktail e tartara — o “La mia grossa grassa pita greca”. Il tutto innaffiato da fiumi di bibitoni («Siamo fieri di servire prodotti Coca-Cola!») e perfino un “Perfect Patron Margherita”. Dov’è la polizia che chief Dan Oates, il capo dei cops che piange, ricordando quei momenti di inferno, dice che ha spedito a controllare tutti i cinema di Aurora? No, la polizia non c’è.
C’è invece la gente «che fa fila
dal mattino», dice Samantha, la giovane cassiera in divisa che organizza il traffico tra le multisale: proprio mentre davanti al maledetto Century 16 i parenti delle vittime e la gente per bene sfilano in silenzio nella veglia di preghiera. E va bene che adesso, assicura l’Fbi, «non ci sono minacce concrete » per i cinema d’America dove proiettano “Batman”: ma come si fa a riempire comunque le due sale che qui rilanciano il film (semivuote quelle dell“Era glaciale” e del disneyano “Brave”) senza rivivere l’orrore? «Senta, la vita funziona così: non abbiamo tutti il bisogno di metterci le cose brutte dietro alle spalle?».
Carl Johanson è qui con un amico, fanatico dei fumetti come lui. «Pensare che ieri dovevamo essere proprio là : abito proprio sul vialone di quel centro commerciale ». E invece? «Troppo sonno». Si sono svegliati entrambi con la notizia della strage che hanno appreso
— come tanti qui — dagli amici che telefonavano per sapere se sapevano. Ma la voglia di vedere il film non è passata? «Ma è solo un film!». E certo che è solo un film. Ma quando nel buio della sala conti i minuti, e comincia la sparatoria d’inferno con tanto, guarda caso, di trappola di gas, scatenata dagli uomini del cattivo Matthew Modine, beh, come fai a non pensare all’orrore scatenato davvero, proprio a quel punto del film, cinque miglia più in là ?
«Non puoi fermare il male» dice Robert Lloyd, che è giovane e nero ma parla come un vecchio pastore protestante, accarezzando il piccolo JeanMarc. Non ha paura per il piccino? «Può accadere in tutto il mondo, può accadere al baseball. Lui è tutta la settimana che sogna questo sabato sera. E io che faccio: non lo porto?». Naturalmente il discorso delle armi non si tocca. Neppure l’orrore di Columbine, proprio a Littleton,
pochi chilometri da qui — giusto 12 anni fa: 12 come i morti dell’altra notte — è servito a cambiare davvero la legge più permissiva degli Usa: all’università  della strage non sono riusciti a vietarle nemmeno nel campus.
Frank Deangelis, il preside di allora che ha aperto un centro noprofit per non dimenticare, si illude quando dice al Denver Post che «ora sarà  come dopo l’11 settembre, la gente avrà  paura ad andare al cinema come allora a salire sull’aereo ». Macché. Si, forse ha ragione il governatore Hickenlooper quando ringrazia i cittadini proprio per aver portato i bambini al cinema «perché non ci dobbiamo arrendere». E infatti anche Tom Thorntielen non vede l’ora di andare a vedere “Batman” mentre depone i fiori lì davanti al Century 16 con la piccola McKeena, 8 anni: «Dovremmo tutti reagire a questo che si chiama con una parola soltanto: terrorismo. Politico o no l’obiettivo è lo stesso: ci vogliono fare sempre paura». Scusi, ma non avremmo tutti meno paura se in giro ci fossero meno armi? «Il problema è un altro. Quando sbagli devi pagare: e invece troppa gente che sbaglia se la cava con poco». Insomma il problema è che non siamo abbastanza cattivi: con i cattivi. Non come il vigilantes del Movie Tavern — altro che i poliziotti latitanti — che adesso si avvicina alla fila D. «Le domande si fanno fuori: qui dentro niente». Prego? «Così ci rovina il business. Anzi, faccia vedere il biglietto». Robert e il piccolo Jean-Marc si nascondono dietro le alette di pollo al barbecue. I posti — saranno duecento — sono già  tutti presi. La ragazza con la maglietta di Superman parlotta nella terz’ultima fila. Buio in sala: finalmente “Batman”. E mercoledì — per chi non c’era — riapre pure la multisala della strage.

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