«Un’Ilva sostenibile? È possibile»
«La vicenda giudiziaria è stata un bene: segna una svolta culturale per tutta la città di Taranto, ma soprattutto sta determinando un sommovimento nella coscienza operaia». Il governatore della Puglia Nichi Vendola non ha dubbi: è un bene che Taranto si sia posta il tema ambientale, ma nello stesso tempo esso va conciliato con quello del lavoro. Un’Ilva sostenibile è possibile, e in parte, secondo Vendola c’è già .
Dunque che si sia arrivati all’ordinanza è positivo.
Sì, segna una svolta culturale: è come se da tante vicende, inchieste e drammi stia determinandosi nell’opinione pubblica e anche nella cultura del diritto un vero e proprio congedo dall’epoca in cui la salute e l’ambiente non avevano un peso specifico rispetto al primato pesantissimo del profitto e della crescita economica. Ma soprattutto accade qualcosa di importante dentro la fabbrica, cambia la coscienza operaia. La consapevolezza è arrivata prima nella cittadinanza, poi ha varcato i cancelli.
Ma perché non l’hanno posto gli operai questo tema?
La loro è una sorte paradossale e di solitudine: si sentono assediati dal cancro e insieme dalla povertà . Tantissimi operai giovani hanno padri che hanno lavorato all’Ilva e sono morti di tumore. Quei veleni sono sedimentati da un più di un secolo di industrializzazione selvaggia, e una bonifica adeguata sarà molto lunga. Ricordiamoci che l’Ilva è la più grande fabbrica italiana e il più grande siderurgico di Europa.Taranto è dentro l’Ilva, e non il contrario. Devi affrontare i problemi del passato, con cicli di bonifiche, e quelli del futuro, fare in modo che non si inquini più.
E cosa stanno facendo le istituzioni? E voi della Regione?
Il governo, con il protocollo firmato qualche giorno fa con gli enti locali, ha stanziato i primi 337 milioni di euro per le bonifiche. Il futuro è stato affrontato dalla Regione, con una svolta normativa e culturale: abbiamo agito per diminuire diversi inquinanti, in un quadro legislativo nazionale praticamente assente e negli anni difficili della crisi. Nel 2008 abbiamo varato la legge antidiossina, con effetti importanti: oggi si emettono 0,2 nanogrammi per metro cubo. Praticamente se fino al 2008 dai camini dell’Ilva venivano sputate mezzo chili di diossine all’anno, oggi siamo a 3 grammi e mezzo. Nel 2011 l’importante normativa su benzoapirene; e da ultimo una normativa d’avanguardia su polveri sottili e pm10, oltre all’introduzione del parametro di valutazione di danno sanitario. L’Ilva si è sempre sentita aggredita da Regione e Arpa, Confindustria è stata durissima con noi, e noi non mai bonari come interlocutori.
La sentenza dei giudici però dice di chiudere.
In realtà i magistrati hanno spiegato che l’ordinanza del gip non spegne di fatto la fabbrica, ma apre un percorso che arriva al sequestro di tutta l’area a caldo. Ma in realtà sta annunciando l’esito che si avrà qualora l’azienda non mostrasse di saper interloquire con la procura per la rimozione dei fattori inquinanti. La procura insomma può rivalutare e riformare il provvedimento. Tra l’altro sono scelte che influiranno molto anche sugli altri grossi siti industriali: Eni, Enel, Cementir. Qualcuno forse pensa di poter riconvertire il Sud in pastorizia e artigianato, ma io credo che la riconversione ecologica non può essere un esodo dalla storia industriale del Paese.
Sui giornali ci sono le accuse di Bonelli, dei Verdi, alla Regione: non ha mai fatto un registro dei tumori, non ha imposto il monitoraggio continuo.
Vedo solo insolenze e diffamazioni. Ricordo tra l’altro che i verdi erano con me al governo regionale quando cominciammo ad assumere le prime misure sull’Ilva. Il registro tumori è in costruzione, si stanno completando le serie: perché segnalo che non è un quadernetto che si compra già riempito. Ed è l’unico in Italia organizzato sul piano regionale, il che non mi sembra da poco. Sul campionamento in continuo, faccio notare che l’abbiamo posto come condizione obbligatoria, l’Ilva ha fatto ricorso contro la Regione, e ha perso; dunque al momento è in violazione.
Anche la diossina ha inquinato e creato tante malattie.
Nel novembre 2007 l’Arpa ha acquistato lo spettrometro di massa ad alta risoluzione per l’analisi delle diossine nel nuovo laboratorio microinquinanti creato a Taranto. Nel maggio 2008 abbiamo fatto i primi rapporti di prova e varato una normativa che impone all’Ilva di adeguare gli impianti alle migliori condizioni esistenti al mondo. Abbiamo stanziato 8 milioni di euro per il nuovo centro ricerca dei rapporti inquinamento/salute, che sorgerà nell’area industriale di Taranto. Insomma, ci attaccano in tanti. Come Libero, secondo cui sarebbero le nostre normative a provocare il rischio di chiusura. Io dico solo che ho osato interloquire con Emilio Riva, senza soggezione e chiedendo miglioramenti. D’altronde, ricordo i tempi in cui i lavoratori sindacalizzati finivano in reparto confino. L’Ilva è sempre stata un’azienda complessa.
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Che ci fanno insieme le associazioni dei padroni piccoli, medi, grandi, artigiani, agricoli, con i banchieri, i cooperatori e i sindacati? Si sono messe insieme tante sigle, quelle che contano, le «parti sociali», per lanciare un appello disperato al Paese: la finanza ci mazzola, l’economia si trova in stato preagonico, lo sviluppo non si vede all’orizzonte e questo governo non ha l’autorevolezza per raddrizzare il timone e portare la nave Italia fuori dalla scogliera, verso il mare aperto.
LO SPARTIACQUE DELLA FIOM
Le crisi sono una cosa seria e costringono a prove di verità . Il 9 di marzo ci sarà lo sciopero generale dei metalmeccanici della Fiom. Uno sciopero contro la crisi e l’offensiva sui licenziamenti.