«Monti metta mano ai conti della Sicilia superando l’autonomia»

Loading

SIRACUSA — Con un buco da cinque miliardi di euro certificato dalla Corte dei Conti, il terrore dell’estate in Sicilia è il rischio di un crollo definitivo della Regione. Lo dice Lorenzo Cesa con Giampiero D’Alia per l’Udc. E potrebbe sembrare una bordata preelettorale contro il governatore Raffaele Lombardo che ha «promesso» di dimettersi il 31 luglio. Ma che si sia «sull’orlo del fallimento, vicini al default», lo grida come mai era accaduto prima il numero due di Confindustria, Ivan Lo Bello, l’ufficio a Roma con Squinzi, il cuore a Siracusa da dove ha impresso una svolta antiracket e anticorruzione al suo stesso mondo.
Casse vuote e stipendi in forse, sono lo spettro che s’aggira fra i torridi labirinti della politica siciliana, scossa dal dubbio che quella «promessa» non venga mantenuta. Perché, anziché preparare le valigie, viene dimissionato un assessore a settimana, subito rimpiazzato da un amico più fidato del governatore che disfa e rifà  i vertici di aziende, società  ed enti partecipati dalla Regione collocando suoi uomini in ospedali, consorzi, centri ed istituti d’ogni ramo. Col risultato di un governo debole e un sottogoverno fortissimo.
Che fare, presidente Lo Bello?
«Avviare una operazione-verità . Primo: scuotere dal torpore i siciliani, a cominciare dai dipendenti regionali e dai pensionati della stessa Regione che saranno i primi a trovarsi senza stipendi in caso di crollo. Nessuno lo dice. Bisogna cominciare a spiegarlo. Secondo: il governo Monti deve subito mettere mano ai conti della Regione, controllando un bilancio reso non trasparente da poste dubbie e residui inesigibili».
Un commissario per la Sicilia, come chiede l’Udc? Anche contro le competenze dello Statuto autonomista?
«La Sicilia rischia di diventare la Grecia del Paese e il Paese deve intervenire anche superando gli ostacoli di una autonomia concessa nel dopoguerra, in condizioni storiche e politiche ormai lontanissime, ma utilizzata da scriteriate classi dirigenti per garantire a se stesse l’impunità ».
Siamo davvero sull’orlo del precipizio?
«Probabilmente sì. Siamo all’epilogo di una lunga stagione politica ed economica che non riguarda solo il governo Lombardo ma che si è basata esclusivamente su una capillare distribuzione assistenziale e clientelare delle risorse pubbliche».
Quali canali? Quali prebende?
«Il modello siciliano ha come elementi principali l’utilizzo disinvolto delle assunzioni pubbliche spesso sotto forma di precari, di forestali, di corsi di formazione che non hanno mai formato nessuno. Tutto trasformato in un grande bacino elettorale che ha creato degrado civile e ha compresso la crescita economica».
La colpa di Lombardo?
«Di non rendersi conto di quanto era visibile già  da tempo. Il problema non è solo Lombardo. C’è un pezzo della società  siciliana che non ha colto i segnali. Il paradosso riguarda direttamente i ventimila dipendenti regionali. Nessuno di loro si rende conto del rischio che corrono. Come i pensionati della Regione pagati qui direttamente. Effetto di una autonomia che ha finito per danneggiare tutti e tutto. Se fossimo stati controllati dallo Stato noi siciliani non avremmo oggi trentamila precari e trentamila forestali».
Ma fra tanti assessori che vanno via, qualcuno sbattendo la porta, resta ben saldo quello che viene considerato espressione di Confindustria Sicilia, Marco Venturi, alla guida delle Attività  produttive. Vivete anche voi una forte contraddizione. A parole contro Lombardo, ma con un assessore nella sua giunta?
«Quella di Venturi resta la scelta individuale di una persona perbene e competente. Non ci crede nessuno al filo diretto, ormai. Se c’è una voce che non ha risparmiato critiche in questi anni è quella di Confindustria. Contano solo i fatti».
Devastante l’immagine della Sicilia dove un’Europa diffidente blocca 600 milioni di finanziamenti…
«Ci sono due Sicilie e l’opinione pubblica nazionale deve saperlo. Non c’è solo la Sicilia dei fondi comunitari. C’è quella di un profondo rinnovamento del mondo economico che si è allargato a nuclei di società  civile, a fenomeni come Addiopizzo. Un’area che era minoritaria e non lo è più. È questa la Sicilia che soffre di più per quel che succede. È la Sicilia indignata, come lo è il resto del Paese. A questa Sicilia il governo Monti deve dare immediate risposte aiutandola a riscoprire una cultura della crescita».
Tante volte si è parlato di lei come possibile candidato nella corsa a governatore. Stavolta ci siamo?
«No, per un motivo semplice. Noi abbiamo varato un codice etico che impedisce al sottoscritto e agli altri di candidarsi a qualsiasi competizione elettorale se non decorsi tre anni dalla scadenza del mandato. Ho lasciato a marzo la guida di Confindustria Sicilia. Noi siamo persone serie: se abbiamo un codice etico lo rispettiamo. Adesso ci interessa far capire che il problema non è solo la politica, ma l’indipendenza e l’autonomia della classe dirigente».
Da dove dovrebbe partire l’«operazione-verità »?
«Dai tanti crediti inesigibili, i famosi residui attivi, sui quali si regge il bilancio. Penso ai famigerati cantieri di lavoro che hanno dato una mancia a 20 mila persone per un mese o due. La Regione anticipava i soldi iscrivendo a bilancio un credito verso i fondi Fas, fondi che non ci sono più e che non avrà  mai».
In un’azienda parleremmo di falso in bilancio?
«È quel che deve controllare Monti».


Related Articles

Strappo della CGIL: 1 maggio da sola a Bologna

Loading

Altro che unità  sindacale. Se anche il primo maggio, ricorrenza storica dei lavoratori, diventa occasione per una nuova spaccatura, si può ben misurare l’attuale livello dei rapporti tra le confederazioni. La Cgil celebrerà  il «suo» primo maggio separatamente a Bologna, città  simbolo delle lotte proletarie.

La Cina s’inquina: il premier lancia il «grande balzo verde»

Loading

Crescita insostenibile e inquinante, «armonia sociale» a rischio. Nel rapporto annuale del governo i mali cinesi, e le costose cure

La «ripresa» non è solo Pil: crescono infortuni e morti sul lavoro

Loading

Infortuni. Incremento del 2,1% rispetto al 2016: sono 769 le vittime da gennaio a settembre. Alessandro Genovesi (Fillea Cgil): «Molti sono anziani sulle impalcature»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment