«L’Italia ha bisogno di una chiara rottura con le politiche del passato»

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«L’Italia ha bisogno di una chiara rottura con le pratiche del passato per garantire la protezione dei diritti umani degli stranieri», oltre che «politiche e azioni concrete e non ambigue» in tema di immigrazione. E’ bastata una visita di tre giorni a Roma al nuovo commissario ai diritti umani del consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, per rendersi conto della situazione in cui sono costretti a vivere gli immigrati nel nostro paese. In particolare il commissario ha bacchettato l’Italia sulle politiche che riguardano il diritto d’asilo, le condizioni di detenzione nei Cie e la segregazione di fatto di rom e sinti. I dati raccolti durante il viaggio ufficiale verrano tradotti in un rapporto che sarà  reso noto nei prossimi mesi.
Dopo anni di berlusconismo e di leghismo, l’avvento dei tecnici al governo avrebbe dovuto far sperare in una svolta delle politiche migratorie. In realtà  non è cambiato quasi nulla. Le leggi razziste come la Bossi-Fini sono sempre vigenti e poco è stato fatto per intaccare l’impianto repressivo contro le donne e gli uomini che scappano dalla guerra e dalla povertà  per cercare rifugio sul nostro territorio. Come in altri campi l’esecutivo Monti ha segnato più che altro un cambiamento di stile. Mentre solo un anno fa le destre costruivano il loro consenso sulla paura dell’invasione degli stranieri in fuga dalla Libia, adesso tutto è meno urlato. Semplicemente di immigrazione non si parla più. Ma gli sbarchi continuano, i Cie restano centri di detenzione disumani e invisibili, mentre rom e sinti continuano a vivere ai margini delle città .
Non stupisce dunque che le prime dichiarazioni del commissario Muiznieks, appena tornato a Bruxelles, siano ancora una volta dure nei confronti dell’Italia. «Ho visto con i miei occhi – ha detto – le condizioni intollerabili in cui vivono 800 rifugiati che lottano per sopravvivere in un palazzo abbandonato di Roma» (si tratta del Salam Palace di Tor Vergata, già  ribattezzato il «palazzo della vergogna»). Muiznieks ha riconosciuto gli sforzi compiuti dall’Italia per fare fronte all’accoglienza di persone in arrivo dal Nord Africa nel corso del 2011, ma ha voluto sottolineare che i rifugiati, «pur essendo riconosciuti come tali, non ricevono il supporto essenziale di cui avrebbero bisogno per integrarsi e pertanto vivono in condizione di estrema precarietà ».
E ancora. Il commissario, dopo aver visitato il Cie romano di Ponte Galeria, ha voluto esprimere «forte preoccupazione» per lo stato di detenzione degli stranieri. «Molti giungono in queste strutture dopo aver scontato una condanna in carcere». Per Nils Muiznieks la loro identificazione deve essere fatta in carcere senza bisogno di un ulteriore periodo nei Cie.
Per quanto riguarda rom e sinti, il commissario europeo ha riconosciuto i passi avanti fatti per costruire una nuova strategia per l’inclusione con la partecipazione e il contributo delle comunità  rom e sinti, ma ha affermato che «questa strategia che si distacca dall’approccio estremamente pericoloso della cosiddetta emergenza rom deve essere applicata in modo coerente». Cosa che ancora non avviene in troppe città  italiane.
Tutte le volte che l’Italia ha cambiato in meglio la gestione dell’immigrazione, lo ha fatto solo perché costretta da precise indicazioni delle autorità  europee. Anche l’ultimo provvedimento del governo Monti – la concessione del permesso di soggiorno agli stranieri che denunciano chi li fa lavorare in nero – non è altro che un recepimento di una direttiva europea. E anche la fine dei respingimenti selvaggi dell’era Maroni è dovuta ad una sentenza della corte di Strasburgo. Muiznieks ha constatato la disponibilità  da parte delle autorità  italiane a voltare pagina, ma ha precisato: «Adesso però è necessario che alle parole seguano i fatti».


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