«Legge elettorale non rinviabile si proceda anche a maggioranza»

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ROMA — C’è voluta la lettera del capo dello Stato — inviata ieri ai presidenti di Camera e Senato — per destare dal torpore tattico le segreterie dei partiti ancorate in alto mare e sempre distanti da un accordo sulla legge elettorale. Giorgio Napolitano ha scritto a Renato Schifani e a Gianfranco Fini per dare la scossa al Parlamento che ha incardinato ben 35 ddl in prima commissione a Palazzo Madama quasi due anni fa (ottobre 2010): si proceda, è l’esortazione del Colle, «anche rimettendo a quella che sarà  la volontà  maggioritaria delle Camere la decisione sui punti che non risultassero oggetto di più larga intesa preventiva e rimanessero quindi aperti a un confronto conclusivo». Confronto, conclude Napolitano riferendosi al dibattito carbonaro fin qui svolto, «che è bene non resti ulteriormente chiuso nell’ambito di consultazioni riservate tra partiti».
Il tempo è scaduto, avverte il presidente: «Stanno purtroppo trascorrendo le settimane senza che si concretizzi la presentazione alle Camere, da parte dei partiti che hanno da tempo annunciato di voler raggiungere in proposito un’intesa tra loro, di un progetto di legge sostitutivo di quella vigente per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato». A Napolitano offre una sponda istituzionale il presidente del Senato, Schifani, che convocherà  a ore una conferenza dei capigruppo: «Il Senato — scrive Schifani — sia in sede referente presso la Commissione affari costituzionali, sia in Assemblea, non appena definito il testo, non si sottrarrà  all’impegno da Lei autorevolmente invocato pur in presenza di un intenso calendario dei lavori, in questa fase condizionato dall’esigenza di assicurare in via prioritaria l’esame dei numerosi decreti legge presentati dal governo». In ogni caso oggi alle 14 il presidente della I commissione, Carlo Vizzini, riunirà  l’ufficio di presidenza per sondare i gruppi. Gianfranco Fini, invece, si è limitato a osservare che la Camera si è fermata «per rispetto del Senato». E che è pronto a convocare anche lui i capigruppo.
La lettera di Napolitano ha dunque dato la scossa ai partiti che forse aspettavano la spallata del Quirinale per uscire da una impasse ingiustificabile davanti agli elettori. E il primo a farsi avanti è Pier Luigi Bersani: «Siamo gli unici ad avere presentato una proposta nostra (di partito, ndr), siamo pronti a discuterne domattina». E questo significa che il Pd ufficialmente riparte dal doppio turno: 433 deputati eletti nei collegi uninominali maggioritari, 173 con il proporzionale su base regionale con lo sbarramento al 5%, 12 con il proporzionale su base nazionale per assicurare il diritto di tribuna alle forze minori. Di preferenze neanche l’ombra nel testo Pd depositato alla Camera e al Senato.
Le preferenze sono un punto che sta molto a cuore all’Udc ma ora Pier Ferdinando Casini non entra nel merito: «Il Parlamento esamini subito la legge elettorale accogliendo il giusto monito del presidente della Repubblica». Nel Pdl, invece, la reazione è più articolata. Il segretario Angelino Alfano si dice pronto a discutere valutando una serie di ipotesi: «La nostra risposta alla condivisibile lettera del presidente della Repubblica è breve e chiara: noi siamo pronti ma su alcune questioni concrete la nostra posizione non coincide con quella del Pd perché siamo orientati ad assegnare un premio di maggioranza al primo partito mentre riteniamo che con i collegi la gran parte della scelta la fa il partito».
E anche Fabrizio Cicchitto insiste su questa strada: «Se finora non c’è stata un’intesa ciò è dipeso non da un capriccio delle forze politiche ma dall’esistenza di linee diverse. Non giochiamo comunque a rubamazzo tra Camera e Senato». Sempre dal Pdl una risposta diversa la dà  Maurizio Gasparri: «Va raccolto l’appello di Napolitano ma prima dobbiamo votare gli ultimi articoli che riguardano la riforma costituzionale sul tema dell’elezione popolare del presidente della Repubblica». Prima «c’è questa priorità », insiste il capogruppo al Senato. Nella Lega Maroni applaude: «Bene Napolitano, non vogliamo accordi sottobanco». Ma il capogruppo alla Camera, Gianpaolo Dozzo, avverte: «Non vorrei che l’ibrida maggioranza ora avesse un alibi per procedere a una riforma a suo uso e consumo».


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