Liquidità , acquisti di bond e costo del denaro

by Editore | 29 Luglio 2012 10:47

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Inizia la mano di carte decisiva tra Bce, mercati e politica. Da giorni gli investitori studiano il senso delle parole di Mario
believe me Draghi, che giovedì è chiamato a dar corpo al suo monito: «Faremo quanto possibile per salvare l’euro e, credetemi, basterà ». La copertura politica giunta da Francois Hollande e Angela Merkel al banchiere prova che ora si fa sul serio. Ora l’Eurotower dovrà  decidere se sparare la grande, ultima cartuccia o chiamare i mercati a fidarsi fino a settembre, quando il fondo salva stati Esm sarà  sbloccato dalla Germania. Nel primo caso, la soluzione più probabile è la ripresa in grande stile del programma Smp di riacquisto dei bond sovrani, costato 210 miliardi in due anni e fermo da febbraio.
Forse senza “sterilizzazione”, stampando euro per disporre di risorse eccedenti i 2mila miliardi del bilancio Bce. Draghi si gioca la faccia, l’Europa il futuro. Dopo un anno vissuto pericolosamente, Mario Draghi prepara il confronto finale, con la frase che tutti gli investitori (non, gli speculatori) aspettavano. «Nel rispetto del mandato, faremo tutto quel che serve per salvaguardare l’euro. Credetemi, basterà ». Nel Vecchio continente c’è un disperato bisogno di credergli. Qui, però, si apre un altro fronte, non meno insidioso rispetto a quello politico che Draghi ha dovuto vincere in questi mesi. Qual è l’arma-di-finedi- mondo, con cui la banca centrale e l’Europa sconfiggeranno le turbolenze di mercati sempre più incattiviti sul rischio sovrano, con effetti che — detto nei termini del mandato Bce — minano la trasmissione delle decisioni di politica monetaria? Che il canale trasmissivo sia danneggiato è di pubblico dominio. Solo il 6 luglio la banca centrale europea ha tagliato il tasso ufficiale dallo 0,75% allo 0,50%: minimo storico. Eppure non s’è visto alcun effetto immediato, anzi entro un paio di settimane l’isteria venditrice ha colpito ancora le emissioni italiane e spagnole, facendole tornare ai picchi del novembre scorso (e nel caso di Madrid, sopra la soglia del 7% di costo per i decennali,
considerata dai tecnici insostenibile a medio termine). A nulla serve il tasso zero, se poi le banche commerciali non si prestano denaro tra loro, e soprattutto non aumentano gli impieghi a imprese e famiglie. Queste considerazioni, oltre alla voglia di vedere gli effetti del taglio di luglio senza giocarsi quella che potrebbe essere l’ultima riduzione possibile di tassi, sconsigliano la banca centrale a una limatura bis giovedì. Altra misura che difficilmente sarà  ripercorsa è l’erogazione di nuovi prestiti tipo Ltro. A cavallo del 2011 la Bce offrì 1.000 miliardi triennali ad un inedito tasso dell’1% a 800 banche commerciali, sperando di normalizzare il ciclo del credito. Sei mesi dopo ci si è accorti che non è andata così: le banche hanno usato quei fondi per la loro raccolta, e per sostenere i patri titoli di Stato (così accentuando pericolosamente il nesso sistemico tra rischi sovrani e rischi bancari). Quindi sarà  difficile vedere prossimi nuovi prestiti Bce. Bisogna guardare a un’altra misura ed è il Securities Market Programme, adottato nel 2010 per sostenere, acquistandoli, bond dei paesi in difficoltà  sul mercato secondario. Prima Irlanda Grecia e Portogallo, poi, l’anno scorso, Spagna e Italia. Circa 210 miliardi per puntellare gli spread, “sterilizzando” la massa monetaria (perché in parallelo la Bce vende altri titoli) e senza chiedere contropartite politiche ai paesi benficiari. Questo ha irritato la Bundesbank, che ha dimissionato due presidenti contro il programma Smp. Nel direttivo Bce comunque Draghi ha la maggioranza per ripristinare il Smp, anzi, ci sarebbe la tentazione di farlo senza limiti di spesa. Come ha scritto l’ufficio studi di Intesa Sanpaolo: «Vista la gravità  della situazione, probabilmente solo un programma significativo di acquisto di titoli (meglio se annunciato ex ante e non sterilizzato) rappresenterebbe una vera svolta».
Altre misure collaterali potrebbero riguardare la ripresa del programma di acquisto di covered bond bancari (avviato per 40 miliardi un anno fa ma attuato per 15), l’investimento in bond di banche che garantiscono crediti effettivi al sistema (come nel Regno Unito), l’allentamento ulteriore delle regole sui titoli stanziabili presso la Bce in cambio di denaro. «Una banca centrale ha la facoltà  di sorprendere i mercati — racconta un banchiere — non può stare a guardare le tante dichiarazioni autorevoli secondo cui, cito un caso, l’Italia si meriterebbe uno spread a 200 e ce l’ha a 500». Senza qualche “sorpresa”, potrebbe esserci al contrario una cocente delusione, con effetti funesti sui prezzi di Borsa e Btp.

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