Linea dura sugli statali «inefficienti»

by Editore | 25 Luglio 2012 8:39

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ROMA — Tempi duri per il pubblico dipendente che non completi un procedimento nei tempi prescritti. Un emendamento al decreto Sviluppo, presentato dai relatori Alberto Fluvi (Pd) e Raffaello Vignali (Pdl) con il parere favorevole del governo e approvato in commissione, introduce il suo immediato deferimento ai fini della valutazione che conduce alla sanzione. 
Un inasprimento di quanto già  previsto dal decreto Semplificazioni di febbraio, che aveva innovato introducendo la figura del dirigente con potere sostitutivo nei confronti del dipendente che non rilasci atti nei tempi previsti. Un sostituto attivabile dal cittadino con denuncia. La norma di cinque mesi fa stabiliva che, a fine anno, il dirigente dovesse tirare le somme rispetto ai dipendenti ritardatari, facendo scattare le sanzioni.
Ora l’emendamento al decreto, su cui oggi alla Camera sarà  votata la fiducia, accelera i tempi. Prima di tutto prevede che il nome del dirigente con poteri sostitutivi sia ben visibile nel sito istituzionale dell’amministrazione di appartenenza. Ma soprattutto aggiunge che lo stesso dirigente, in caso di termini non rispettati, «comunica senza indugio il nominativo del responsabile (del ritardo, ndr), ai fini della valutazione dell’avvio del procedimento disciplinare secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro». Se non lo fa, diventa a propria volta responsabile dell’inottemperanza. «Le imprese sono scappate dall’Italia non per le tasse e nemmeno per l’articolo 18 ma per i tempi lunghi della nostra pubblica amministrazione» commenta Vignali. 
Di lavoro pubblico si parlerà  oggi nell’incontro con i sindacati sui tagli della spending review convocato dal ministro competente Filippo Patroni Griffi. I sindacati cercheranno di capire quali criteri saranno utilizzati per i tagli del 10% del personale (20% per la dirigenza) entro ottobre. Ma quello che le sigle vorrebbero sapere travalica i confini dell’attuale decreto di revisione della spesa. La notizia fatta circolare ieri mattina da Confesercenti, e accolta dalle proteste di Spi-Cgil, di un taglio delle tredicesime dei dipendenti pubblici e dei pensionati, è stata smentita dal ministro che ha detto di averla sentita dai media.
Ciò non toglie che tra i sindacati ci sia allarme. In sede di elaborazione del decreto che attualmente è al Senato, si era parlato di varie misure: dal blocco degli integrativi alla proroga di quello delle assunzioni, al congelamento delle tredicesime appunto, e a riduzioni stabili, in percentuale, degli stipendi, fino al taglio del 10% dei distacchi sindacali. Poi di tutte queste misure non si è fatto più niente ma i sindacati temono che qualcuna finisca per entrare nel secondo atto della spending review. Forse la sortita di Confesercenti è servita a scongiurare l’ipotesi, ma solo nell’immediato: si dice che il governo abbia chiesto a chi di competenza di conteggiare i risparmi relativi a un eventuale taglio delle tredicesime, sugli stipendi e sulle pensioni dei dipendenti pubblici (solo queste ultime valgono quasi 5 miliardi).
Intanto il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, insiste nel chiedere un patto sociale per governare la crisi. «Un patto ci vorrebbe — ha commentato ieri il segretario della Uil, Luigi Angeletti — ma questo esecutivo ha già  dichiarato che intende governare sino alla primavera del 2013 avendo come unico interlocutore il Parlamento».

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