LE TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA POLITICO E LE RIFORME NECESSARIE. UN COLLOQUIO CON IL DIRETTORE DEL “CENTRO LEVADA”

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Il sentimento dei cittadini russi verso la politica, lo stato di salute dei partiti e le possibilità  di riformarli. Su questi temi si è sviluppata la conversazione con Lev Gudkov, noto sociologo e direttore dell’istituto demoscopico indipendente“Centro Levada”.
Anche in Russia, come nell’Europa occidentale, sta prendendo piede la richiesta di riformare il sistema partitocratico?
Sì, solo che finora non viene esplicato con chiarezza. C’è indignazione verso l’élite politica, ma i manifestanti aspettano un consolidamento delle forze democratiche. I risultati dei sondaggi però dicono altro: più della metà  dei cittadini non vuole nuovi partiti, il 66 per cento è addirittura convinto che la Russia abbia bisogno di solo tre partiti. Si tratta dei sostenitori conservatori di Putin, che parlano di stabilità . Io invece parlo di un’altra parte della società  che spinge verso i cambiamenti e che simpatizza con il movimento di protesta. Ha raggiunto una solida base nella popolazione che arriva fino al 30 per cento.
Di cosa ha paura la maggioranza?
La stragrande maggioranza prova avversione verso la politica: il 60 per cento è annoiato dai discorsi su questo tema e non si vuole impegnare politicamente. Questo è l’umore dominante di cui approfitta il governo.
Più dell’80 per cento dei cittadini è convinto di non poter influenzare le decisioni politiche. Ciononostante, quasi il 30 per cento sosterrebbe un nuovo partito “vero”. È possibile svegliare questa massa inerte?
Sì, attraverso una crisi economica. Però anche negli ultimi anni di stabilità  si è formato un ceto sociale che non è soddisfatto dell’attuale governo, composto in prevalenza da percettori di redditi medio-alti che non dipendono dallo Stato. Chiedono più rispetto e vogliono vedere rappresentati i loro interessi anche in politica. Nuovi partiti intendono registrarsi.
Quanti di loro potranno muovere veramente
qualcosa?
Sarà  un numero ridotto ad affermarsi, da cinque a sette, secondo le mie stime. Il loro successo dipenderà  dalla stesura di un programma attraente e dal loro accesso ai media: senza la tv, unicamente attraverso internet e la stampa indipendente, non arriveranno da nessuna parte.
Cosa è cambiato rispetto al panorama partitico degli anni Novanta?
C’è una differenza fondamentale: i partiti degli anni Novanta erano nati dalle rovine della nomenclatura sovietica, non avevano niente a che fare con i partiti in senso occidentale. Si trattava di frammenti di vecchie strutture statali intrecciati con l’élite del potere. In questa situazione il partito governante sotto Boris Eltsin ha messo in atto battaglie finte contro il “partito sconfitto”della nomenclatura sovietica, cioè i comunisti. Oggi la situazione è diversa: i cittadini chiedono veri partiti e con questo concetto intendo formazioni non pilotate gerarchicamente dall’alto come Russia Unita, ma sostenute da una base sociale e ideologica importante numericamente.
Ritiene che i nuovi partiti potranno togliere
voti a i vecchi?
Dipende da loro, anche se il panorama oggi appare complesso. I nazionalisti, per esempio, non supereranno il due o quattro per cento, secondo me. Un partito“vero”deve invece raggiungere il cinque, sette per cento che equivale ai voti raccolti da Mikhail Prokhorov alle elezioni presidenziali. Se lui spingesse ulteriormente la sua carriera politica, potrebbe avvalersi già  adesso di una base elettorale dell’otto per cento. Il suo potenziale è il 18 per cento.
A suo giudizio, quanto tempo ci vorrà  ancora per assistere a cambiamenti strutturali?
La situazione è in evoluzione nelle regioni russe. Tanti governatori sono pronti per fare i conti con elezioni vere. Vogliono rappresentare gli interessi dei propri cittadini e non del governo federale. Evidentemente già  oggi i tempi sono maturi per cambiamenti importanti, anche se il loro profilo non è ancora definito in maniera chiara.
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