Le incognite sul piano per stabilizzare l’euro

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Non sarà  un picnic l’agosto dei mercati. Le Borse sono in risalita e i tassi d’interesse sui titoli di Stato italiani e spagnoli si riducono un po’: ciò nonostante, l’eurozona ha davanti giornate di sudore sui tavoli della politica, nelle dealing-room delle banche, nella Bce. Il presidente Mario Draghi, la settimana scorsa, ha detto che farà  «qualsiasi cosa sia necessaria» per tenere assieme l’area dell’euro e ha garantito che quel qualcosa sarà  sufficiente. A quelle parole — nette e assertive — i mercati hanno cambiato direzione. Ora si tratta di stabilire se le frasi sono state un vero game-changer, un momento di svolta che cambia il passo degli eventi, oppure se la realtà  della crisi riprenderà  come prima. Tutto dipenderà  dai fatti che seguiranno.
«Draghi ha fatto una promessa molto, molto grande», commentava ieri Tim Duy, direttore dell’Oregon Economic Forum, che segue passo dopo passo l’andamento delle vicende europee. I mercati cercano di indovinare cosa esattamente sarà  questa promessa. Indiscrezioni uscite ieri dalla Bce indicavano qualcosa di effettivamente radicale, se verrà  confermato nella riunione della banca centrale di giovedì prossimo e nei giorni successivi. Draghi intenderebbe coinvolgere il fondo salva Stati — l’Esm che dovrebbe diventare operativo a metà  settembre — nell’acquisto di titoli dello Stato di Paesi in difficoltà  (Italia e Spagna) nelle emissioni primarie, ciò al momento dell’asta effettuata dai governi. In parallelo, la Bce sosterrebbe questi interventi con suoi acquisti di bond sul mercato secondario, giustificando la cosa come necessità  di mantenere un funzionamento equilibrato all’interno dell’eurozona, che al momento vede tassi d’interesse troppo alti nei Paesi mediterranei: con ciò non tradirebbe il proprio mandato che le vieta di finanziare direttamene gli Stati.
Inoltre — secondo l’agenzia di notizie Bloomberg — la Bce starebbe discutendo un taglio ulteriore del tasso d’interesse e una eventuale nuova operazione di finanziamento delle banche europee a lungo termine e a tassi bassi, come ha già  fatto in abbondanza tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012. Se così effettivamente sarà , si tratterà  di un’azione massiccia. Che potrebbe fare scendere significativamente i tassi che Roma e Madrid pagano. Soprattutto se al fondo Esm i governi decidessero di dare una licenza bancaria, la quale gli consentirebbe di attingere senza limiti ai fondi della Bce, e se la Bce stessa comprasse sul mercato secondario bond senza timidezza, in dosi massicce. In questo caso — è opinione di molti investitori — l’intervento avrebbe successo.
Qua sorgono però due problemi. Il primo sta nelle opposizioni politiche a un intervento così ampio e così profondo della Bce. E’ vero che, ieri, il portavoce di Angela Merkel ha detto che acquisti di titoli italiani e spagnoli da parte della banca centrale non costituirebbero un problema per Berlino. Ma su tutto il resto, soprattutto sull’utilizzo dell’Esm per comprare titoli alle emissioni per non dire dell’idea di dargli la licenza bancaria, non si è espresso. Ed è difficile che Frau Merkel dia il via libera: in Germania si sta formando un fronte di politici, economisti e industriali cementato dall’idea che per Berlino sia impossibile sostenere il peso di tutta la crisi europea. In un articolo sul Financial Times, ieri, l’ex membro del consiglio esecutivo della Bce, il tedesco Otmar Issing, ha scritto che «un’unione monetaria di Stati sovrani non può funzionare senza il principio del no bailout», cioè senza il divieto di salvataggio di uno Stato da parte di un altro, pena l’irresponsabilità  e la distruzione del principio democratico della non tassazione senza rappresentanza politica.
La diplomazia, dunque, è in gran movimento per vedere se attorno al game-changer di Draghi si possa raccogliere un consenso fattivo. Lo stesso presidente della Bce ha incontrato ieri il ministro del Tesoro americano Tim Geithner e incontrerà  Jens Weidmann, il presidente della potente Bundesbank, la banca centrale tedesca contraria a troppo attivismo della Bce nell’acquisto di titoli pubblici. E nei prossimi giorni, Mario Monti viaggerà  tra diverse capitali europee: non mancherà  di cercare punti di intesa, come ha già  fatto domenica per telefono con la cancelliera Merkel.
Il secondo problema è che, se anche avesse il massimo successo, l’intervento sui mercati della Bce guadagnerebbe tempo, non di più: «La sua azione solitaria non risolverà  la crisi del debito», ha commentato ieri l’agenzia di rating Moody’s. Rimarranno da affrontare i risanamenti dei bilanci nazionali, le differenze di competitività  tra Paesi e la costruzione della famosa Europa bancaria, economica e politica. Non un picnic.


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