LE INCHIESTE DI D’AVANZO DIVENTANO UN E-BOOK

Loading

Dopo due edizioni andate esaurite in edicola, e una in libreria con una cinquantina di pagine in più, diventa un e-book
Inchiesta sul potere, di Giuseppe D’Avanzo, scomparso il 30 luglio dell’anno scorso. Un giornalista che, come diceva il direttore Ezio Mauro un anno fa, nel giorno dei funerali, «chiedeva tre cose. Qualità , metodo e ricerca dell’eccellenza». Sono tre cose che si ritrovano facilmente negli articoli scelti da Attilio Bolzoni e Leopoldo Fabiani per questa edizione elettronica che segue il testo di quella per le librerie.
La “qualità ” (data e chiesta) sta nella cura del dettaglio, nel lavorare il più possibile sulla scrittura finché la parola che si scrive sia proprio quella “giusta”. Ognuno di noi, ovviamente, ha il suo concetto di qualità  di scrittura. C’è chi preferisce maggiore leggerezza, chi la “gravitas”. D’Avanzo diceva che in ogni caso, per funzionare, “il pezzo deve fiorire”. Una frase che fa primavera: più difficile, ma non impossibile da applicare nelle inchieste sulle nefandezze del potere. Ma per comprendere il concetto ci sono, in questo libro, un viaggio tra gli industriali del Nord, oppure l’articolo sulla morte di papa Wojtila, oppure un “Cercasi Marlboro disperatamente” che sono buoni esempi di pezzi in cui le informazioni che si raccolgono e la “soddisfazione” di scriverle bene (di saperle scrivere bene) si accoppiano.
Il “metodo” è semplice. Anzi, antico come il mestiere. Per questo, difficilissimo da applicare nel concreto. Oggi come ieri il cronista bravo è quello che trova buone, se non ottime fonti, nel caso di cui si occupa. Perché la notizia «o uno ce l’ha, o non ce l’ha». E se non ce l’ha, un giorno dopo l’altro, nella routine necessaria degli avvenimenti,
«le chiacchiere stanno a zero». Chiunque può farsi l’idea di quanti taccuini neri, con sottolineature e freccette, possano essere stati riempiti da D’Avanzo per alcuni resoconti, o gli editoriali. Basta leggere la storia incredibile dell’imbroglio di Telekom Serbia (la prima “macchina del fango” accertata). O l’inria
tervista al pentito Tommaso Buscetta (che – pare incredibile, ma è lì, nero su bianco – nel dicembre 92 prefigurava le bombe di Cosa Nostra del ‘93). O gli articoli sulla camorra, raccontata dando la parola ai ragazzi di strada di Napoli o ai “neri” di Castel Volturno.
Quanto alla “ricerca dell’eccellenza” occorre essere chiari. Non tutti hanno le qualità  per arrivare all’eccellenza, ci sono aspetti anche fortemente identitari. Ma uno era per D’Avanzo fondamentale e alla portata forse di chiunque: non mollare. Non mollare la presa sulla notizia. Non mollare le proprie idee dentro e fuori il giornale. Non mollare una zona d’Italia (e non solo) dove poter andare a ficcare il naso, a studiare una questione, a raccontare una sto-
basata sulla realtà . Le “dieci domande” a Berlusconi sulla napoletana Noemi Letizia e le “dieci bugie” su Ruby Rubacuori non nascono dal gossip, come è stato detto, per evitare la discussione e le sue conseguenze. Dipendono invece dall’idea che solo insistendo e “non mollando” si può ottenere qualche cosa. E anche se non arrivano risposte, fa nulla: la missione è porre le domande che servono a capire, insistere finché si può.
Per citare una famosa battuta, il “resistere, resistere, resistere” è stato per D’Avanzo una fatica quotidiana indispensabile e irrimediabile: sopportata un po’ per carattere, ma anche cercata perché «il buon giornalismo sa – diceva lui – che i fatti non sono mai al sicuro nelle mani del potere ». Tra i fatti e quelli che Leonardo Sciascia, decenni or sono, chiamava “i fantasmi dei fatti” esiste una colossale differenza. E senza togliere niente a nessun collega o editorialista, in questo anno esatto che D’Avanzo non c’è più, si sente la mancanza della sua firma, della sua voce, della sua imparzialità  e indipendenza
rispetto alle fonti in più d’un occasione. Dalle ruberie dei rimborsi elettorali costati lo sconquasso della Lega di Umberto Bossi all’inchiesta palermitana in prima pagina questi giorni. Dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni che cambia versione sulle sue vacanze lungo tre capidanno, al possibile ritorno di Silvio Berlusconi, la cui ultima uscita pubblica di rilievo era stata parlare di
“burlesque”. E così, a un anno esatto dalla morte, D’Avanzo è riuscito in un’impresa rara: far nascere la nostalgia non solo della sua persona (in chi lo conosceva, ma anche in chi lo stimava a distanza), ma anche dei suoi pezzi. E questo qualche cosa significherà .


Related Articles

Perché va difesa la Crusca

Loading

Il Sole24ore di domenica scorsa ha meritoriamente dedicato una pagina alla difesa dell’Accademia della Crusca, minacciata di cancellazione dall’ennesimo provvedimento governativo che, sopprimendo con un tratto di penna gli enti con meno di 70 dipendenti, colpisce, con la filosofia dei tagli indiscriminati e verticali, enti di cui si ignora anche l’esistenza e le finalità  ma anche e soprattutto enti culturali di consolidata fama e di lunga vita.

UN ANNO STREGATO

Loading

Così il super-premio cambia la vita di uno scrittore Nesi racconta che cosa significa, nonostante tutto, vincere. Come è successo a lui nel 2011  

L’antropologo Chebel: giovani abbandonati seguono i fanatici

Loading

Malek Chebel. Parte della gioventù delle banlieues si sente abbandonata ed è facile preda del fanatismo. Sono come dei born again, ritrovano un senso e un’identità. La sola soluzione è lavorare per l’integrazione. La radicalizzazione in carcere. Il peso del clima culturale del momento

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment