La vita in comune dopo la caduta degli dei

by Editore | 12 Luglio 2012 9:38

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Un pensiero per un tempo di erranza e di perplessità . Un pensiero per vivere, anche, e nonostante tutto, dopo la caduta degli dèi, la fine delle ideologie, il declino delle escatologie sacre e profane, nella follia del capitalismo finanziario che riduce la vita alla forma più estrema di povertà  , sacrificandola sull’altare di un valore senza equivalenti, o rapporto con il mondo e l’esistenza dei viventi. Con L’adorazione (Cronopio, pp. 156, euro 18,50, traduzione di R. Borghesi e A. Moscati), Jean-Luc Nancy prosegue un’ambiziosa riflessione sulla decostruzione del cristianesimo iniziata con La dischiusura (Cronopio) partendo «dal punto dove il vecchio umanesimo europeo si interroga su se stesso. Il nostro tempo è quello di una espropriazione. L’uomo è distaccato da se stesso, non può affidarsi né agli dèi né alla scienza». E non può nemmeno lontanamente sperare di recuperare il senso di una salvezza, o di un nuovo inizio, da quella razionalità  scientifica, giuridica o morale che ha cercato di occupare il posto vuoto lasciato da Dio. 
Il punto di partenza è un punto di non ritorno. In questo mondo non c’è «nient’altro che la fortuna, i suoi scherzi, i suoi colpi e i suoi rovesci». Siamo oltre Nietzsche: «Non c’è un altro mondo, non c’è nessun oltre-mondo né retro-mondo». Quello che esiste è «solo» questo mondo che rinvia infinitamente a se stesso o, meglio, alla storia che i viventi (umani e non) scrivono rimandando gli uni agli altri, all’eternità  che si crea ed è data dal reciproco rinvio infinito da parte degli esistenti nel mondo. «Le nostre esistenze, tutte quante, quelle degli umani e degli altri viventi, quelle degli elementi che ne costituiscono il sostegno o l’ambiente, il cibo o lo strumento – arte, minerali, acque, fuochi, elettroni, magneti». 
Una soffocante alienazione
Tutte queste esistenze sono legate solo al loro essere insieme, in questo mondo. Non è possibile restaurare alcun principio, né origine, o l’autorità  di Dio che giustifichino queste forme di vita oltre la loro esistenza. La potenza di questo essere in comune è stata il principale avversario, il sogno mostruoso dal quale il cristianesimo, e poi la stessa Ragione, hanno cercato di proteggersi. Rimuovendo, negando, trasfigurando il senso di questa potenza che pulsa nella vita e deriva dalla forza che spinge gli uomini a superare la loro soffocante condizione di alienazione, di perdita di sé e degli altri. È uno spettacolo tremendo al quale materialismi, scientismi e positivismi, e non solo la religione, hanno cercato di porre rimedio neutralizzando, diluendo, nascondendo quello che Holderlin chiamò il «tremendo che offende le leggi della Terra e la coscienza giurata alle Potenze della Natura». 
Il cristianesimo, per Nancy, è «la meno privilegiata delle religioni monoteistiche visto che trattiene con meno efficacia l’energia religiosa di un senso continuo della vita» ha collaborato a quest’opera di desacralizzazione. Come tutti i monoteismi, anch’esso è attraversato da potenti correnti ateistiche, il cui impulso profondo va verso la soppressione, se non del «divino», almeno di «Dio». Allo stesso modo funziona la Ragione. In entrambi i casi l’affermazione incondizionata di un principio corrisponde allo svuotamento del mondo, al suo impoverimento in nome di valori trascendenti (la Vita, il Bene) o alla sua mortificazione in nome di certezze immanenti (la Storia, la Tecnica).
Ma Nancy non arretra, e non dispera. E compie un atto di pensiero fondamentale, uno di quelli che rendono la filosofia ammirevole strumento di visione e coraggio. L’abbandono della terra da parte degli dèi, dei miti, dei valori non ha spopolato questo mondo, lasciandolo ad una deriva senza senso. Al contrario, scrive Nancy, «nella svolta della civiltà  europea, un’altra umanità  è stata non tanto liberata, quanto piuttosto plasmata in un nuovo disegno che non ha fatto altro che esporre l’uomo integralmente all’uomo». Cancellati i segni di appartenenza a un regno superiore, dove trovare una salvezza, dissolti gli ordinamenti politici dove trovare rifugio nell’osservanza delle gerarchie, «siamo diventati interamente esseri parlanti. La libertà  e l’uguaglianza che costituiscono gli uomini si esprime nel linguaggio». È attraverso la parola, e il suo esercizio, che questo «uomo» restituito alla sua dimensione «nuda», cioè radicalmente storica e immanente, riscopre una virtù, quella «spinta» verso l’incondizionato o l’incommensurabile che, in realtà , ha attraversato il Cristianesimo, la filosofia (da Kant) e la psicoanalisi (Freud). 
L’impossibile verità 
Questa «trascendenza nell’immanenza» può essere pensata come un’«adorazione» che si rivolge «a ciò che non erige nessun altare, nè trono, che non si ammanta di nessuna gloria». Non un’adorazione di se stessa, come se il fortuito, l’accidente, o l’occasione dovessero essere celebrati come nuove divinità . E tantomeno un’adorazione di Dio che ha creato gli uomini e, supremo narcisismo, pretende di esserne adorato. Si adora, scrive Nancy, questa esistenza che eccede se stessa, cioè i fini e le ragioni prestabilite, e resta aperta a nient’altro che a se stessa. «E se Dio – si domanda Nancy – non fosse altro che il prestanome di un puro eccesso del mondo e dell’esistenza su se stessi?» Cioè il nome di un rapporto di uguaglianza e libertà  che gli uomini sperimentano nella propria vita? 
Su questa domanda si misura l’importanza di questo libro, che segna un avanzamento decisivo del filosofo francese verso una piena adesione al pensiero dell’immanenza. Ripercorrendo la storia dei monoteismi (Cristianesimo, Islam, buddismo, ebraismo) Nancy evidenzia l’emergenza costante del pensiero di un Dio che vive con gli uomini ed è «con» loro. «Il punto – scrive – è che questo “noi” non è Dio. “Noi” è il pronome di tutti gli enti e riassume tutte le trasformazioni dell’essere mondo del mondo che non è mai dato una volta per tutte». La «svolta» che sarebbe dunque intervenuta nella storia occidentale, davanti alla quale gli uomini sono ancora impreparati e tremano perchè vedono solo la perdita di Dio, è che in questo «noi» – nel loro essere insieme, o convivenza – si annida l’infinito. E che tutte le trasformazioni del mondo non solo dipendono da loro, ma che niente è dato una volta per tutte. 
Posizione davvero unica nel panorama del pensiero contemporaneo che considera la «secolarizzazione» un processo irreversibile che lascia sul campo solo le disilluse credenze della Tecnica che impone il blocco totale delle alternative. Come Nietzsche o Heidegger, Nancy indica la strada di un’uscita dal nichilismo, ma lo fa a partire dalla necessità  di affermare la potenza della vita, la sua «pulsione», a partire dall’esistenza comune degli uomini. L’adorazione diventa così la condizione della democrazia, che Nancy non intende come forma politica, rispetto delle procedure o equivalenza giuridica tra i soggetti, ma come «autentica possibilità  di essere tutti insieme, tutti e ognuno» come ha scritto in Verità  della democrazia (Cronopio), da leggere parallelamente all’Adorazione. Si adora, dunque, l’esistenza che resta aperta allo «spirito» della democrazia, ciò che valorizza la singolarità  di ciascuno e l’eterogeneità  costitutiva dei rapporti tra i molti. Né canto, né sermone, l’adorazione è l’affermazione di una democrazia che resta infinitamente aperta al desiderio di libertà  e uguaglianza.

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