LA STORIA DI AMANDA SELF-PUBLISHED D’ORO

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Amanda Hocking è la ragazza d’oro e il simbolo delle glorie possibili del self-publishing. La sua storia è ormai riportata da ogni giornale e sito: ventisette anni, Minnesota. Romanzi rifiutati da oltre cinquanta editori americani. Infine, l’autopubblicazione on line su Amazon. com e due milioni di copie vendute in dodici mesi: a seguire, il contratto milionario con la St. Martin’s Press per la trilogia
Trylle (Switched, Torn, Ascend), di cui Fazi pubblica in questi giorni il secondo volume (Torn, Ritorno al regno perduto,
pagg. 301, euro 9,90). Come funziona? Arrivando, con ogni probabilità , al momento giusto, sul medium giusto, con il libro giusto. Di sé, Hocking racconta di essere stata “una lettrice vorace, specialmente in estate, in vacanza: libri di Michael Crichton e Peter Bench-
ley”. Quasi subito, racconta ancora, inizia anche a scrivere: “La prima storia? Un mystery, a diciassette anni. Non era un granché”. All’epoca del suo esordio, Hocking non sa molto di self-publishing: non ha mai letto storie autopubblicate “finché non ho cominciato a pubblicare le mie. Mi sono fatta però alcuni amici nelle community di scrittori, e ogni tanto leggevo i loro libri per divertimento”. In compenso, vuole pubblicare, e con un editore tradizionale: “dopo aver scritto il primo romanzo, ho cercato un editore, e un agente. Ho mandato tante lettere, ma nessuno era interessato”. Nel 2010, però, cominciano a uscire articoli e post su come guadagnare facendo a meno di intermediari e pubblicando con Amazon.
La prima trilogia autopubblicata è My blood approves. Va piuttosto bene. Hocking decide di provare con la seconda trilogia, e pubblica
Switched, 0.99 centesimi il prezzo, royalties al 30%. Già  per il secondo e il terzo titolo alza il prezzo a 2,99 dollari e le royalties salgono al 70. Ma un libro autopubblicato necessita di supporto e promozione via Internet: “Avevo un blog, e ne ho parlato: ma inizialmente non era molto frequentato e non credo che mi abbia aiutato molto. Avevo anche un profilo su Twitter e uno su Facebook, ma non so se questo tipo di promozione sia stata determinante”.
Di fatto, la trilogia vende e vende. Potrebbe bastare così, ma “autopubblicarmi ha comportato molto lavoro per me, e volevo continuare a scrivere senza pensare ad altro, volevo che qualcuno si prendesse cura di tutti gli altri aspetti della pubblicazione. Inoltre, le vendite degli ebook coprono solo il 20% del mercato. Volevo vedere i miei libri nelle librerie, e raggiungere quei lettori che non possiedono un eReader”. Tirando le somme, il self-publishing è o no la salvezza per uno scrittore? “Dipende da come il libro viene accolto. Se scrivi una storia orribile, potrebbe avere un pessimo effetto sulla tua carriera. Al momento, sono felicissima con il mio editore. E poi ci sono pro e contro nei due modi di pubblicare”. Fra i pro, o fra i contro, c’è anche l’idea che “un autore autopubblicato deve scrivere costantemente, e pubblicare molti libri: aiuta nelle vendite”. Infatti Hocking lavora al terzo libro di una nuova serie, Watersong.


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