La piazza ha un leader

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Dal palco dove nel giugno del 2009, Barack Obama ha dettato l’agenda degli Stati uniti in Medioriente, Mohammed Morsy pronuncia il suo primo discorso da presidente. Una gran folla di studenti e attivisti attende l’ingresso del corteo presidenziale. 21 vetture hanno attraversato il Cairo dalla Corte costituzionale nel quartiere residenziale di Maadi, sulla Corniche che costeggia il Nilo, fino all’Università  del Cairo a Giza. «Perché chiudono le porte a noi studenti? Abbiamo occupato l’Università  per un cambio della dirigenza, ma dopo le elezioni il rettore non è cambiato», denunciano Ahmed e Ranya dell’Unione universitaria. Espongono cartelli contro l’esercito. «È lui il nostro presidente e non Tantawi», aggiungono dei salafiti, brandendo la foto dello sheikh cieco Omar Abdel Rahman. Decine di politici di Libertà  e giustizia tentano di entrare. Il Consiglio supremo delle forze armate al completo si è accomodato in prima fila. Tra il pubblico in platea, siedono ambasciatori, parlamentari e capi tribù del Sinai. A fianco al maresciallo Hussein Tantawi e al capo di stato maggiore Sani Annan, si sono sistemati l’ex premier Kamal al-Ghanzuri, il presidente della Camera Saad al-Katatni, Mohammed al-Baradei e Amr Moussa. In fondo si sentono le lamentele della delegazione della moschea di Al Azhar, guidata dal mufti el-Tayeb, senza posti riservati nelle prime fila. «Abbasso, abbasso il governo militare!», urla Nureddin, avvolta nel suo velo, tenuta in arresto per due mesi, dopo gli scontri di Abbasseya tra salafiti e polizia militare. Vicino a lei gli esponenti della gioventù islamica che prima avevano appoggiato Aboul Fotuh ed ora sono tornati al fianco di Morsy. Ma i vecchi generali non trattengono la stizza, rispondendo con urla, i polsi uno sull’altro in segno di arresto immediato. «L’esercito e il popolo mano nella mano», si leva in coro tutta l’aula. «Ora Morsy parlerà  della seconda repubblica. Su come professionismo e conoscenza cancelleranno corruzione e malgoverno», dice al manifesto Mohammed al-Qassas, giovane parlamentare di Libertà  e giustizia. «Il nuovo presidente saprà  controllare il suo ego, non sarà  un agente nelle mani di Israele come era Mubarak», continua il politico. Eppure, nonostante il bagno di folla di venerdì di fronte alla sua base elettorale in piazza Tahrir, con il giuramento di sabato mattina alla Corte costituzionale, Morsy ha di fatto accettato lo scioglimento del parlamento. Il picchetto militare ha accolto il presidente, mentre le salve di cannone facevano tremare le pareti del teatro dell’Università . Dal palchetto vicino al proscenio è entrato Morsy. «Pane, libertà  e giustizia sociale», hanno gridato a squarciagola al-Qassas e i suoi compagni. È iniziata la preghiera cantata da uno sheykh, avvolto in un mantello dorato, mentre Morsy era seduto alla scrivania al centro. I versi del Corano hanno invaso l’aula magna, le madri dei martiri della rivoluzione hanno innalzato le foto dei loro figli, tenute sul petto per ore. Le lacrime scorrevano lungo le guance della gente. «Oggi si apre una pagina luminosa per la storia egiziana», ha detto Morsy. Il discorso è stato interrotto continuamente dalle richieste di gente comune. «L’Egitto non si separerà  dalla nazione araba e islamica». «È un discorso panarabo e panislamico, non solo per gli egiziani», farfugliavano tra il pubblico. «Sosterremo i palestinesi finché non otterranno i loro diritti», ha proseguito tra gli applausi Morsy. «E in Siria, fermeremo lo spargimento di sangue», ha aggiunto. Gelida è stata la reazione di Tantawi, che ha fissato il presidente per tutto il tempo del discorso, alla frase «l’esercito deve tornare nelle sue caserme». Anche la moglie di Morsy, Nagla Ali Mahmud, avvolta nel suo velo beige, si è seduta tra il pubblico. All’uscita era già  tempo di previsioni per il nuovo esecutivo. «Stiamo lavorando ad un governo tecnico sostenuto da una coalizione politica», ci ha assicurato il blogger Wael Ghonim. «Anche Abou el-Fotuh potrebbe farne parte», ha continuato l’attivista. Mentre sono tornate alte le quotazioni di el-Baradei come primo ministro. Nel pomeriggio, Morsy si è spostato nel deserto sulla strada verso Ismailia per la parata militare. Il passaggio di consegne da esercito a presidente eletto, si è consumato formalmente. Ma il potere legislativo resta nelle mani del Consiglio militare in assenza del Parlamento. Non solo, la dichiarazione costituzionale limita l’operato dell’esecutivo che è sempre sottoposto al veto dei militari. Non sono stati approvati principi sovra-costituzionali, come avevano chiesto i militari, molto di più. Hanno il controllo diretto sull’attività  presidenziale. Ma Mohammed Morsy ha già  sorpreso molti per l’uso che ha fatto dello spazio pubblico. Il presidente si è riappropriato della piazza e dell’Università , i luoghi e le istituzioni che Hosni Mubarak aveva lasciato vuoti. Anche l’esercito è dovuto apparire in pubblico e ha raccolto la sua dose di invettive. Il nuovo presidente deve rendere conto al popolo. Ma Morsy sa bene che la sfida per il potere inizia adesso. Per questo i Fratelli musulmani hanno chiesto alla loro gente di rimanere ancora in piazza Tahrir, in attesa che dai discorsi formali si passi allo scontro quotidiano sulla gestione del potere. Le porte dell’Università  sono state chiuse per far uscire il corteo presidenziale. La folla si è accalcata tra le urla di chi si sentiva male. In uscita, una ressa furibonda. Un uomo ha apostrofato la guardia presidenziale «Ascoltate il presidente, non vorrebbe che trattaste così il suo popolo». La rivoluzione senza leader oggi ha trovato la sua guida.


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