La Paura più Forte della Speculazione l’Estate degli Investitori in Fuga

Loading

Spiacenti Frau Merkel. E Senhor Barroso. E Monsieur Hollande. Qui non è questione di speculazione. Perché la speculazione contro l’euro, semplicemente, in questo momento è insignificante. Piuttosto è questione di paura. E la paura può essere più potente dell’avidità . Da questa crisi non uscirà  un finanziere vincente con un miliardo di dollari di profitti realizzati in una notte, come successe nel 1992 a George Soros che scommise contro la sterlina. Non ci sono le condizioni e anche quelli che i politici amano definire avvoltoi e locuste al momento stanno a guardare. Quel che sta succedendo è altro: sono gli investitori tradizionali esteri, quelli che per lo più hanno una visione di lungo periodo, i fondi pensione, che via via escono dai titoli di Stato ritenuti a rischio, spagnoli e italiani negli ultimi tempi. E, con essi, molti hedge fund, quei veicoli spesso indicati come speculatori, non vogliono saperne di rompersi la testa in Europa.
È che la crisi del debito europeo non è una crisi tradizionale. «Se fosse una crisi tradizionale, provocata da interventi al ribasso o da riposizionamento dei portafogli, non avremmo l’euro a 1,21 sul dollaro, lo avremmo a 1,05 oppure a uno — dice Marco Mazzucchelli, uno dei banchieri italiani più esperti di mercati, già  in posizioni di vertice in gruppi come Credit Suisse e Royal Bank of Scotland — In questa situazione sono saltati i riferimenti. E quando cambia un modello la reazione tipica di chi gestisce portafogli è stare alla larga». La complessità  della crisi è tale che anche i protagonisti del mercato, non solo i governi, faticano a leggerla. L’intreccio tra Stati e banche, i limiti operativi della Banca centrale europea (Bce), la presenza di 17 governi nell’Eurozona, un quadro di regole complicatissimo, economie in ristrutturazione rendono difficile per un investitore fare scelte univoche, contro o a favore di un Paese o decidere se la moneta unica si spezzerà . Adam Fisher, il gestore dell’hedge fund Commonwealth Opportunity Capital, nota che Soros affrontò «un Paese singolo, non 17 Paesi diversi». A suo parere, «è incredibilmente difficile gestire il rischio in questo contesto».
«Sono da poco tornato dagli Stati Uniti e veri hedge fund posizionati al ribasso sull’euro non ne ho visti», dice Mazzucchelli, che oggi è consulente senior della banca Julius Baer e fa parte del Liikanen Group incaricato di fare proposte alla Ue per la riforma del sistema bancario. E concorda: non è facile, anche tecnicamente, speculare contro l’euro. Gli investitori più attivi, insomma, quando ci sono, sono estremamente prudenti a investire in asset europei. Ai margini, chi gioca al ribasso sui titoli pubblici di certi Paesi c’è, ma si tratta di numeri poco consistenti. E che spesso si compensano. Per esempio, in parallelo c’è anche chi fa operazioni cosiddette di tail-hedge, cioè scommette contro i titoli dei Paesi forti — Germania e limitrofi — per coprirsi da possibili eventi politici traumatici, come l’emissione di Eurobond o la decisione della Bce di intervenire sui mercati e comprare titoli spagnoli e italiani (ieri, a proposito, il presidente Mario Draghi ha detto che la Bce non ha tabù nella sua operatività ). In altre parole, l’incertezza politica, economica e regolamentare annichilisce anche la speculazione.
Il punto problematico è che dai mercati del debito europeo — soprattutto da quelli deboli come l’Italia ma non solo — se ne sono andati e se ne stanno andando molti dei grandi investitori tradizionali, i fondi pensione americani e inglesi, i fondi sovrani, le assicurazioni. «La prima cosa che oggi mi chiede un cliente, per lo più fondi pensione, è il livello della mia esposizione all’euro — dice il manager di un hedge fund americano — Per tranquillizzarlo devo rispondere zero». Mazzucchelli nota che uno dei maggiori fondi sovrani del mondo, Temasek di Singapore, 200 miliardi di dollari gestiti, nell’informazione pubblica diramata di recente non ha nemmeno un investimento in euro. «È un indicatore tipico — commenta — Un fondo sovrano asiatico che di solito c’è, ora non ha niente».
Il risultato di questa situazione — l’uscita degli investitori tradizionali — per l’Italia l’ha fotografato il Fondo monetario internazionale: sei anni fa, il debito pubblico italiano era per oltre il 50 per cento in mani estere, oggi la quota è scesa al 37 per cento. E cala, se è vero che alle aste per rinnovare i titoli in scadenza la percentuale di stranieri varia — secondo i trader — tra il 15 e meno del dieci per cento.
Invece di cercare capri espiatori, i governi farebbero dunque bene a leggere con attenzione quello che sta succedendo in questi giorni sui mercati, ad esempio i crolli delle Borse e la spinta verso l’alto dei titoli pubblici spagnoli e italiani che si sono verificati venerdì scorso. «Raramente ho visto mercati così illiquidi e sottili — diceva ieri un operatore italiano — Ormai ci sono molti investitori che hanno scelto di non detenere a priori debito pubblico italiano e spagnolo. È una decisione razionale: il fatto che ormai siamo poco al di sopra del livello junk ti sconsiglia dal detenere posizioni che poi dovresti liquidare in fretta e furia in caso di ulteriore declassamento».
In questo quadro, agosto, quando ci saranno sul mercato ancora meno investitori, è visto anche quest’anno come un mese a rischio: basterà  poco per avere grandi fluttuazioni. Un rischio che potrebbe però essere un’occasione. «Penso — dice Mazzucchelli — che la Bce potrebbe facilmente intervenire per invertire le tendenze e dare un colpo ai tassi». L’intervento di Draghi sull’assenza di tabù, ieri, potrebbe avere preparato il terreno. «Ha fatto bene — spiega Mazzucchelli — Deve creare ambiguità  sui mercati». In attesa di qualcosa di forte — forse della Bce che decide di farsi prestatore di ultima istanza agli Stati — almeno si continua a tenere sulla corda chi vorrebbe speculare facile. E si toglie ai governi l’alibi delle locuste.


Related Articles

Sullo scudo anti-spread anche i dubbi di Berlino

Loading

Ma la Ue boccia il “no” di Olanda e Finlandia: “Decisioni già  prese” 

Il lavoratore futuro è interinale

Loading

Oggi Fornero vede le parti sociali; intanto un pezzo di «riforma» è già  decreto «Somministrazione» senza limiti e senza alcun «confronto» con il sindacato.

Manovra, seconde case nel mirino rischio-patrimoniale sui risparmi

Loading

E in quattro anni stop alle pensioni di anzianità .  Il menù prevede anche il blocco alla istituzione delle nuove province

 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment