La Lista degli Ospedali che Chiudono

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ROMA — Pochi minuti prima di andare all’incontro con i rappresentanti delle Regioni, allarmati dalle notizie di nuovi tagli alla Sanità , ieri pomeriggio il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha chiarito che «nessuna chiusura automatica di ospedali verrà  imposta da Roma», spiegando però che «è sicuramente necessaria una riorganizzazione della rete ospedaliera che porti a una riduzione di costi di gestione e ad una maggiore appropriatezza delle prestazioni». Se di automatismo si trattasse, come si intuisce dalla bozza di decreto che parla di misure da parte delle Regioni per prevedere, entro il 31 ottobre 2012, la cessazione di ogni attività  dei presidi ospedalieri con meno di 80 posti letto, a chiudere sarebbero circa 149 strutture di ricovero. Tanti stando alla banca dati del ministero della Salute, aggiornata al 2007, sono i mini-ospedali. Nel frattempo alcuni potrebbero essere già  stati chiusi o in fase di riconversione. Quasi tutti sono in piccoli centri, per esempio, sempre con i dati 2007, in Lombardia l’Incra di Casatenovo, in Veneto l’Istituto Oncologico di Padova, in Campania ne verrebbero chiusi 5 su 15 in provincia di Salerno, le Marche avrebbero una quindicina di strutture chiuse, 20 sia nel Lazio che in Calabria. Ma secondo il ministro non si dovrebbe trattare di tagli con «l’accetta», per usare la definizione del premier Mario Monti, ma di andare di cesello. Parole che non hanno placato la protesta. Il presidente della conferenza delle Regioni, Vasco Errani, è uscito dal ministero scuotendo la testa: «Così non può funzionare. Si tratta di tagli lineari». I governatori sono pronti a discutere, ma respingono quella che definiscono «una manovra» e chiedono di stralciare la Sanità  dal decreto per inserirla in un «patto per la salute».
L’altro parametro del provvedimento sulla spending review che spaventa le Regioni taglierebbe sempre i posti letto. Si dovrebbero adottare, infatti, entro il prossimo autunno, provvedimenti di riduzione dello standard ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti. C’è da dire che negli ultimi anni c’è già  stata una riduzione dei posti e già  così ci sono ospedali del Sud coi malati in barella. Nel 2005 un’intesa Stato-Regioni portava il rapporto a non più di 4,5 posti per mille abitanti, e ci si sta adeguando: stando alla media calcolata dall’Istat, al 2007 era 3,9, posti con picchi in Sardegna, Liguria e Molise. Ora, facendo i conti, ci potrebbe essere un’ulteriore riduzione di 12-14 mila posti letto.
Ma non c’è solo questo nel decreto che il governo si appresta a varare. Intanto nel complesso, a fronte delle misure in cantiere, è prevista la riduzione del finanziamento al servizio sanitario di un miliardo quest’anno, 2 all’anno dal 2013, in maniera strutturale. Ed è questo che il ministro Balduzzi ha subito chiarito ai governatori. Per arrivare a tale cifra, verrebbero rideterminati i tetti della spesa farmaceutica territoriale (quella per i farmaci convenzionati) dall’attuale 13,3% della spesa sanitaria complessiva all’11,5% dal 2013, mentre il tetto della farmaceutica ospedaliera, sempre dal 2013, sale dal 2,4 al 3,2%. Tetto su cui le aziende pagherebbero dal 2013 il 50% dello sfondamento della spesa, e non quindi il 35% come prevedeva il decretone sanità . Il restante 50% del disavanzo a livello nazionale è a carico di quelle Regioni che hanno superato il tetto di spesa. Le industrie farmaceutiche si vedranno inoltre aumentare al 6,5%, anche se solo per l’anno in corso, lo sconto dovuto al Servizio sanitario nazionale. 
Farmindustria (aziende farmaceutiche) paventa scenari foschi: la perdita di 10 mila posti di lavoro e la difficoltà  ad assicurare i farmaci innovativi, quelli più costosi, con il risultato che i cittadini di «serie A» andranno a comprarsi i farmaci in Svizzera, mentre il servizio sanitario non potrà  assicurarli agli altri. Nell’immediato secondo Federfarma (farmacie) il taglio «non potrà  che tradursi in maggiori ticket e minori farmaci in prontuario».


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