LA GUERRA DI CIAMPI AGLI EUROSCETTICI

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Furono molti i nodi diplomatici che si trovò a dover sciogliere il “tecnico” Carlo Azeglio Ciampi nel corso del suo mandato presidenziale (1999-2006), anche se a volte quel settennato rischia di passare – in paragone con l’oggi – come una stagione pacifica o quasi “protocollare”. A sanare l’equivoco, interviene ora la testimonianza di uno stretto collaboratore di Ciampi, Antonio Puri Purini, autore di un volume intitolato Dal Colle più alto e riferita, come si legge nel sottotitolo, a quegli «anni in cui tutto cambiò» (Il Saggiatore, pagg, 330, euro 17,50). Dopo una lunga carriera diplomatica, l’autore venne scelto dal Capo dello Stato come suo consigliere di politica estera. Che cosa dunque cambiò, secondo Puri Purini, in quel settennato? Occorse, in prima linea, rivendicare nel concreto i poteri presidenziali negli affari internazionali. Di fatto, Ciampi fece sentire la sua voce su molte questioni, a partire da quel legame con l’Europa che rientrava da molti decenni nella tradizione della diplomazia italiana. “Continuità ” era l’intento implicito nell’azione di “moral suasion” che egli ebbe modo di svolgere nei riguardi del governo di centro-destra, tornato in campo dopo il successo elettorale di Berlusconi del 2001. Il nuovo esecutivo subito si mostrò nei riguardi dell’Europa tiepido, se non addirittura sprezzante.
A Ciampi, entrato in carica subito dopo l’adozione dell’euro, quelle tiepidezze e rimostranze apparivano non soltanto lesive di una consuetudine illustre, ma anche catastrofiche in linea di strategia e di politica contingente. In molte delle situazioni narrate nel libro, si ha come l’impressione che la presenza dell’Italia a livello mondiale si biforcasse: da un lato gli incontri del Capo dello Stato con personalità  europee di alto vertice, e dall’altro una riottosa estraneità  agli sforzi e ai destini del Continente, punteggiata da apostrofi sconsiderate e battute pittoresche provenienti dagli ambienti di governo. Esse increspano con effetti desolanti la pacata esposizione di Puri Purini. Si tratta – per fare solo qualche esempio – della deprecazione di Antonio Martino, ministro della Difesa, di fronte al fatto che «l’Europa si è forse imposta troppo in Italia», o del sarcasmo espresso da Giulio Tremonti contro la Commissione europea, definita «una carcassa». Ed è ancora poco se poi ci si ricorda dell’epiteto di «Forcolandia» coniato da Bossi per il continente europeo o al quesito buttato lì dal ministro Maroni: «Ma l’euro, a che serve?».
Il colmo della volgarità  fu segnato dagli insulti che il leghista Stefano Stefani, sottosegretario al Turismo, rivolse all’europarlamentare tedesco Martin Schulz dell’Spd, che durante la cerimonia d’insediamento del semestre di presidenza italiana a Strasburgo (2 luglio 2003), aveva osato affrontare il tema dei rapporti di Berlusconi con la giustizia. Stefani lo definì «ex libraio cresciuto a roboanti gare di rutti dopo pantagrueliche bevute di birra e scorpacciate di kartoffeln fritte». Dopo lo sfogo di quel nostro connazionale, il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder decise di annullare le vacanze in Italia, previste per quell’estate.
L’aver esercitato un ruolo quasi di supplenza per conservare al nostro Paese il dovuto decoro nel mondo non è certo l’ultimo dei meriti che vanno riconosciuti a Ciampi. Ma anche in altri episodi centrali, risalenti ai primi anni Duemila – come la guerra dell’Iraq, durante la quale le posizioni del governo italiano sembrarono accordarsi, fino alla cortigianeria, con l’estremismo del presidente americano Bush – la pacata fermezza del Presidente funzionò come un antidoto necessario. Tutto questo, e tanto altro ancora, si trova nel libro di Puri Purini. E dopo averlo letto la definizione che Ciampi, sulla scia di Benedetto Croce, dà  di se stesso- sono «un cittadino europeo nato in terra d’Italia» – si sottrae a ogni rischio di retorica. Colpisce, semmai, per la sua effettiva somiglianza all’uomo.


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