by Editore | 17 Luglio 2012 10:27
ROMA — La scossa c’è stata e si è sentita: lo spread dei Btp decennali è tornato a sfiorare i 500 punti base, per poi chiudere a 488 punti con rendimenti di nuovo sopra il 6%. Ma il motivo non è lo strascico del downgrade deciso venerdì da Moody’s. E neanche il nuovo massimo del debito italiano arrivato a superare, secondo i dati di Bankitalia, i 1.966 miliardi. Ad agitare i mercati è stato anzitutto l’annuncio della Corte costituzionale tedesca, in qualche modo anticipato domenica sera da Angela Merkel, del rinvio al 12 settembre del verdetto sul «fiscal compact» e sull’Esm, il fondo permanente salva Stati. Il conseguente spostamento dell’avvio dell’operatività del Fondo, previsto entro luglio, allontana anche le iniziative europee legate ad esso, prima fra tutte la previsione di un meccanismo di scudo antispread, proposto dall’Italia e appoggiato da Spagna e Francia. Non stupisce quindi che l’effetto delle notizie provenienti da Berlino sia stato il ritorno delle tensioni sui titoli di Stato italiani e spagnoli, per non parlare dell’indebolimento dell’euro sul dollaro. E non meraviglia neanche che Palazzo Chigi sia intervenuto subito per far sapere che l’Italia non ha intenzione, né per ora bisogno, di chiedere lo scudo per difendersi dall’ampliamento dei differenziali tra i Btp e i Bund tedeschi. E che il ministero dell’Economia abbia insistito sul successo della riapertura dell’asta di Btp triennali riservata agli specialisti che ha consentito di «collocare titoli per oltre 920 milioni di euro».
Ma non sono stati solo i giudici di Berlino ad alimentare i timori degli investitori. Pure il Fondo monetario ha messo il suo carico di preoccupazione, sottolineando col suo capo economista Olivier Blanchard come «il rischio maggiore» in grado di «far deragliare la crescita mondiale» sia che «peggiori il circolo vizioso» su Spagna o Italia e che «uno dei due Paesi perda l’accesso ai mercati». Il Rapporto sulla stabilità finanziaria del Fmi tuttavia riconosce che Madrid ha più problemi di Roma e che lo spread dei titoli italiani — come ha ribadito Carlo Cottarelli, direttore del dipartimento questioni fiscali — non riflette i fondamentali dell’economia e che sarebbero perlomeno 200 i punti base di premio che il mercato invece attribuisce ai Bund tedeschi. L’analisi degli economisti di Washington è comunque più pessimista di quella fatta ad aprile per quel che riguarda la crescita dell’economia mondiale, dove è in frenata il ritmo di marcia, o di corsa se si rapporta all’Europa, della Cina. Quanto all’Italia, «ha fatto passi nella giusta direzione» e ha messo in atto azioni «sufficienti», compresa la spending review, per garantire al Paese unsurplus strutturale nel 2013, ma deve sostenere di più la crescita. Anche perché il Fondo ha confermato la previsione di una contrazione del Pil (prodotto interno lordo) dell’1,9% per quest’anno e dello 0,3% per il prossimo. C’è da vedere quali saranno oggi le previsioni aggiornate della Banca d’Italia. Sui mercati è rimbalzata anche la notizia, diffusa dal Wall Street Journal, non commentata da Francoforte ma negata da Bruxelles, che la Bce avrebbe intenzione di far sostenere i costi di ricapitalizzazione delle banche spagnole anche ai detentori di obbligazioni senior. A soffrirne sono stati i Bonos spagnoli sotto pressione più dei Btp italiani, che hanno chiuso con un differenziale di 557 punti base e con un rendimento al 6,80%. Ma la sorpresa di ieri sono stati i titoli francesi a tre, sei e 12 mesi, che per la seconda asta consecutiva, sono stati aggiudicati a tassi negativi. Evidenziando così il divario di affidabilità che sui mercati penalizza oramai Spagna e Italia al di là dei Paesi in crisi, Portogallo, Irlanda e Grecia. In ogni caso la Bce non è intervenuta nell’acquisto di titoli, per la diciottesima settimana. Un intervento che invece il Fmi sollecita a riprendere al pari di una terza operazione di liquidità (Ltro).
Le Borse hanno risentito meno delle tensioni. Dopo una giornata contrastata in cui hanno prevalso i ribassi, hanno chiuso in lieve recupero con Milano che ha limitato le perdite allo 0,36% e Madrid che invece è scesa dell’1,99%.
In questo quadro è rimasto quasi in secondo piano il dato sul debito pubblico sempre più vicino a quota duemila miliardi di euro, che sempre il Fmi prevede in forte aumento rispetto al Pil. In particolare, rispetto a una previsione del governo che si aggira sul 123% del Prodotto, il Fondo ritiene che il rapporto raggiungerà quest’anno il 125,8% e il prossimo il 126,4%. Nell’annunciare il nuovo record di maggio Bankitalia ha spiegato che l’incremento su aprile è stato di 17,1 miliardi, attribuibile all’aumento delle disponibilità liquide detenute dal Tesoro (di 8,3 miliardi, a 35,8) e del fabbisogno (6,2 miliardi) su cui hanno pesato in particolare le garanzie sulle emissioni del Fondo salva Stati europeo (circa 1,8 miliardi) mentre gli esborsi in favore degli altri Paesi dell’eurozona sono stati nei primi cinque mesi dell’anno pari a circa 16,4 miliardi. Restando ai conti pubblici, in maggio le entrate tributarie sono aumentate di 1,4 miliardi (4,6%) rispetto allo stesso mese del 2011 mentre tra gennaio e maggio sono salite dell’1,1% (1,6 miliardi). In serata, infine, dopo il declassamento del debito italiano Moody’s ha abbassato il voto a Eni, Poste, Terna, Acea, dieci banche (fra cui Unicredit e Intesa Sanpaolo) e 23 tra enti regioni e finanziarie locali.
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