La “copertura” americana al tour europeo del premier Obama chiamerà i leader
ROMA — Nel suo tour europeo Mario Monti sarà virtualmente affiancato da Barack Obama. Mentre il premier italiano sarà a Parigi, Madrid, Helsinki e Berlino per premere i partner a dare rapida attuazione alle decisioni del summit europeo di giugno, il presidente degli Stati Uniti contatterà i leader europei di maggior peso per spingere nella stessa direzione. Una “copertura” dettata dalla paura che la nostra crisi contagi l’economia Usa compromettendo la rielezione di Obama. Intanto a Roma, come nel resto d’Europa e a Washington, si aspetta la Bce. Solo il suo intervento eviterà che l’euro sprofondi, dando il tempo all’Unione di riformarsi partendo dallo scudo anti-spread (che entrerà in funzione a settembre) per arrivare nel giro di qualche anno a una nuova governance economica con più poteri a Bruxelles in cambio degli Eurobond.
Il programma di acquisto dei titoli della Bce potrebbe non partire subito, all’indomani della riunione del Consiglio dei governatori di giovedì, ma quando l’effetto placebo delle parole di Draghi sarà svanito. «Quel che comunque conta è che la frontiera del dialogo si è spostata in avanti — commentano a Roma — Draghi ha mostrato la ricetta giusta rispetto a quanto predicato da alcuni governi in passato». Con un auspicio: che l’Eurotower alla fine non compri «solo» Btp e Bonos, ma intervenga «a 360 gradi» su tutti i titoli pubblici europei con «acquisti e vendite mirate» in modo da riequilibrare davvero il mercato (oggi la Germania prende in prestito denaro a tassi negativi, l’Italia al 6 o più per cento). «Se lo farà bene e con convinzione — è la speranza — i mercati capiranno e non sarà nemmeno necessario spendere troppo denaro». D’altra parte Francoforte deve «ridare efficacia » alla politica monetaria, visto che oggi per colpa degli spread le sue mosse, come l’ultimo taglio dei tassi, non hanno più effetti.
Ma c’è chi frena. «Le decisioni della Bce — commenta un uomo di governo — saranno influenzate anche dal dibatto politico, dobbiamo sfatare il mito per cui quando interviene Francoforte i governi smettono di lavorare. Sia sul fronte interno che su quello europeo». Anche per questo i pensieri di Monti non sono rivolti solo alla campagna europea, ma anche al Parlamento, che nei prossimi giorni dovrà approvare due provvedimenti fondamentali come spending review e decreto sviluppo. E il governo vuole evitare che all’esterno arrivi un messaggio sbagliato: che la politica blocchi i provvedimenti necessari a rilanciare il Paese. «Dobbiamo dimostrare di essere senza macchia», insistono premier e ministri nei colloqui riservati. Sperando nel senso di responsabilità dei partiti che da mesi invocano l’intervento della Banca centrale europea.
Anche di questo avrà bisogno Mario Draghi nel braccio di ferro interno alla Bce, con la Bund esbank che si oppone a un deciso
intervento dell’Eurotower a sostegno dei Paesi in difficoltà sui mercati. E l’Italia, per quanto dopo la Spagna, è tra quelli. «È importante che Draghi non abbia nessun governo che rema contro », spiega un ministro dell’Eurogruppo. Come dire, che nessuna nazione lanci segnali di lassismo preventivo regalando alibi a governi o governatori rigoristi nel frenare l’operazione.
Lo stesso vale sul fronte europeo, con i leader impegnati a rassicurare che le decisioni prese al summit di fine giugno saranno attuate. Messaggio lanciato prima da Hollande e Merkel e ieri da Merkel e Monti. «Vogliamo far capire che anche se interverrà la Bce noi non staremo fermi», è il concetto base. Si cerca di cambiare l’inerzia rispetto al passato, quando dopo gli interventi di Francoforte tutto è tornato come prima. Anche in questa ottica si inquadra il tour europeo di Monti. Che intende sfruttare il momento positivo aperto dalle parole di Draghi (salveremo l’euro) dopo i giorni del grande panico sui mercati. Con Hollande, Rajoy e con il finlandese Katainen il premier lancerà messaggi positivi. Ma non solo. Oltre alle parole contano i fatti, e il Professore — d’accordo con Obama — cercherà di dare certezze all’attuazione delle decisioni europee. «Le burocrazie stanno lavorando lentamente, bisogna cambiare passo», lamentano in diverse capitali. Se con Katainen Monti cercherà di mettere fine alle incomprensioni, con Hollande e Rajoy, rinforzerà le alleanze già strette da tempo, cercando di affinare il linguaggio e concordare obiettivi a medio termine. Il Professore cercherà poi di capire le intenzioni del premier spagnolo: Madrid è pressata perché accetti l’aiuto del fondo salva-stati provvisorio (Efsf) consegnando le chiavi del suo Paese alla Troika internazionale. Monti non si unirà al coro di chi glielo chiede (caduta la Spagna le attenzioni si dirigerebbero tutte su di noi), ma proverà a capire le intenzioni della Moncloa. Intanto Palazzo Chigi annuncia una bilaterale con la Merkel per la seconda parte di agosto. Fondamentale per capire i margini di manovra in Europa tanto nelle decisioni di breve termine, quanto in quelle per il futuro, come la nuova governance alla quale sta lavorando il presidente Ue Van Rompuy.
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