Keynes bolscevico

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Appena sposati, nel settembre del 1925 J. M. Keynes parte per Leningrado con Lydia Lopokova. Al ritorno Keynes pubblica A Short View of Russia (ora disponibile anche in italiano). Eccone le conclusioni:
«Il visitatore straniero in Russia che tenta di coglierne l’atmosfera senza pregiudizi non può che oscillare, credo, fra due opposti stati d’animo – oppressione ed esaltazione. In parte il senso di oppressione è senza dubbio il frutto della rivoluzione rossa – c’è molto in Russia che induce a pregare affinché il proprio paese possa conseguire i propri obiettivi non in quel modo. In parte, forse, è il frutto di una certa sgradevolezza della natura russa. Ma in parte è un aspetto dello stupendo ardore della Russia rossa, della sua grande serietà , che sotto altro profilo appare come spirito di esaltazione. Non c’è mai stato nessuno così serio come il russo della rivoluzione, serio perfino nell’allegria e nell’abbandono – così serio che qualche volta può dimenticare il domani e qualche altra l’oggi. Spesso questa serietà  è rude e stupida e noiosa fino all’estremo. Il comunista medio è sbiadito come i metodisti di tutti i tempi. La tensione che si avverte nell’aria è maggiore di quanto siamo abituati a sopportare e viene nostalgia della frivola tranquillità  londinese.
Eppure, una volta avvertita, l’esaltazione è molto grande. Qui – a tratti lo si percepisce – nonostante la povertà , la stupidità  e l’oppressione, c’è il laboratorio della vita. Qui gli elementi chimici vengono rimescolati in nuove combinazioni, e puzzano, e esplodono. Qualche cosa potrebbe anche venirne fuori, una probabilità  c’è. Ma anche una sola probabilità  di riuscita dà  a quel che sta accadendo in Russia maggiore importanza di quel che accade, diciamo, negli Stati Uniti d’America. Penso che sia in parte ragionevole aver paura della Russia, come ne hanno quelle persone perbene che scrivono al Times. Ma se la Russia diventerà  una forza mondiale, non lo dovrà  ai soldi di Zinov’ev. La Russia non avrà  mai molta importanza per noi se non come forza morale. Perciò, ora che i giochi sono fatti e non si può più tornare indietro, mi piacerebbe dare alla Russia la sua possibilità  di riuscita: aiutandola, non ostacolandola. Perché, se fossi un russo, preferirei tutto sommato di gran lunga offrire il mio contributo alla Russia sovietica piuttosto che alla Russia zarista! Non potrei aderire alla nuova fede più che alla vecchia. Detesterei le azioni dei nuovi tiranni non meno di quelle dei vecchi. Ma sentirei che i miei occhi sono rivolti verso le possibilità  del reale, e non più che ne sono lontani. E che, mentre nulla avrebbe mai potuto venir fuori dalla crudeltà  e dalla stupidità  della vecchia Russia, dietro la crudeltà  e la stupidità  della nuova Russia potrebbe nascondersi qualche piccolo segno dell’ideale».
Forse L. Einaudi aveva ragione: Lord Keynes era un bolscevico.


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