Il premier e l’ipotesi di restare oltre il 2013: è prematuro parlarne

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AIX EN PROVENCE — Il giardino dell’hotel Le Pigonnet è un luogo discreto e riservato, molto ben curato, che accoglie prevalentemente gli ospiti dell’albergo. Ad un piccolo tavolo, da solo eppure perfettamente a suo agio, una coppa di champagne e un bicchiere d’acqua a fargli compagnia, Valery Giscard D’Estaing sorride. Ottantasei anni portati magnificamente.
L’ex presidente francese saluta Mario Monti, brevemente. Ha lo sguardo sereno di chi si può permettere un distacco olimpico dalle cose del mondo. Lo ha già  governato. Il presidente del Consiglio ha invece la scorta che lo segue, lo staff di Palazzo Chigi che ne segnala la presenza: è in carica. E agli altri ospiti del giardino rivela qualcosa che può cambiare il corso della politica italiana come della sua vita: sta pensando di restare oltre il 2013, o almeno di proporsi, ma non ha ancora deciso il momento giusto per comunicarlo.
Sotto le tende bianche che arredano il giardino il presidente del Consiglio ha diverse conversazioni: incontra Pascal Lamy, Organizzazione mondiale del Commercio, si intrattiene con i diplomatici del consolato italiano, ha un appuntamento di lavoro con il ministro dell’Economia francese, Serge Moscovici, si ferma a cena, fra gli altri, con Franco Frattini e il magistrato Pietro Grasso, gli unici due italiani, oltre a lui, che intervengono durante i lavori del Circolo degli Economisti francesi.
A tutti coloro che lo incontrano Monti è costretto a rispondere in modo diplomatico. Fronteggia la solita domanda, sul futuro dell’Italia, dopo di lui. È la domanda dei mercati, quella che poco distante dall’Università , negli uffici di rappresentanza di Crédite Agricole, i banchieri francesi pongono a Franco Frattini. Un anno fa in quegli stessi uffici c’era Mario Monti, si chiedevano previsioni al futuro premier.
Oggi invece è lui che fa una domanda ai suoi interlocutori: «Mi chiedo quale sia il momento giusto per dare una disponibilità ». Nei grandi divani del giardino arriva il profumo della lavanda, le conversazioni private del premier raggiungono un numero di persone superiore a quello del necessario riserbo, su un argomento delicato. Monti chiede e ascolta, gli viene suggerito di attendere, per un eventuale annuncio: settembre magari, quando il governo sarà  al riparo dalla crisi, ormai prossimo alla fine della legislatura.
A chi è con lui Monti trasmette il senso di un’ansia: «Penso che se dessi oggi una disponibilità  non farei del bene al mio governo». Ma il concetto segnala che esiste una tentazione, di rompere gli indugi: oggi sarà  a Bruxelles per negoziare i dettagli tecnici del meccanismo di stabilizzazione degli spread, ma tutti sanno che un annuncio di quel tipo, l’opzione di proseguire il suo mandato, sarebbe forse più stabilizzante di qualsiasi Fondo salva Stati.
L’incertezza rende nervosi i mercati, lo dice del resto lui stesso, per la prima volta in pubblico, dopo l’intervento nell’aula magna dell’università  di Scienza del diritto e dell’economia della Provenza. E l’insicurezza sul timing di un annuncio si lega a molte cose: le conseguenze sui partiti della sua strana maggioranza, le ricadute sullo spread fra i titoli italiani e quelli tedeschi, la voglia di non essere lui a fare un passo in avanti, il timore che il Paese non possa permettersi una seconda estate di incertezza, almeno con la speculazione che continua a imporci tassi di finanziamento del debito che oscillano intorno al 6%, costi che avranno conseguenze sui conti pubblici del prossimo anno.
Uscire dalla crisi economica significa anche uscire dall’incertezza politica: questo sembra pensare il presidente del Consiglio, mentre condivide alcune riflessioni, sul proprio futuro politico, a sorpresa immaginato ancora a Palazzo Chigi, fra le piante e le lavande dell’hotel Le Pigonnet.


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