Il premier avverte: “Non siamo la Grecia ma è ardito dire che lo scudo non servirà  mai ”

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MILANO — Oggi come oggi l’Italia non avrebbe bisogno di aiuti. Non solo perché sui mercati dei titoli pubblici è tornato il sereno, grazie alla riduzione del differenziale con le obbligazioni tedesche, sceso alla chiusura delle Borse a quota 463 punti (dai 478 della seduta di lunedì). Ma anche perché come ha certificato il Fondo Monetario Internazionale il governo ha varato «un’ambiziosa agenda per assicurare la stabilità  e promuovere la crescita». E anche le entrate vanno bene, tant’è che il Tesoro proprio ieri ha annunciato che, non avendo urgenza di reperire capitali, l’asta dei Btp di metà  agosto non si terrà .
Attenzione, però. Questo non vuol dire che il nostro paese non sia «vulnerabile al contagio della
crisi dell’Eurozona», sostengono sempre gli esperti del Fondo monetario. Ed ecco perché il premier Mario Monti ieri ha fatto ammissione di prudenza: «Sarebbe ardito sostenere che l’Italia non avrà  mai bisogno del sostegno del fondo salva-stati». A scanso di equivoci e, in particolare, per non provocare la reazione negativa degli investitori, ha subito precisato: «Ma servirebbe solo per un sostegno momentaneo con acquisti mirati a contenere la fluttuazione degli spread». E non certo per sanare «gli squilibri» e per «pagare gli stipendi pubblici come in Grecia».
E’ così riassunto il senso della giornata di ieri sul fronte economico- finanziario per l’Italia. Che si è riflessa nell’andamento di Piazza Affari, con le contrattazioni in crescita dello 0,4 per cento, dopo aver guadagnato fino a 2 punti percentuali; frenata in chiusura – come tutti i listini europei – dall’andamento negativo di Wall Street. Una tornata positiva sui mercati che è anche il frutto dell’accordo raggiunto nella notte a Bruxelles. È stato deciso che la Spagna avrà  – entro fine mese – i primi 30 miliardi di euro da destinare alle banche in difficoltà ; e avrà  un anno in più di tempo per rientrare nei limiti del patto di stabilità  per portare il rapporto deficit-Pil sotto il 3% entro il 2014 invece che entro il 2013. Segnali forti destinati a rassicurare gli investitori internazionali, cui vanno aggiunte le altre
decisioni dell’Eurogruppo per rendere operative le decisioni di fine giugno sull’uso dei fondi anti-crisi: accordo tecnico con la Bce per condurre le operazioni di mercato destinate all’acquisto dei bond di quei paesi nel caso di nuove tensioni sui tassi e sul valore degli spread.
In questo senso, il presidente del Consiglio ha voluto spiegare che l’eventuale ricorso dell’Italia al fondo salva-stati è solo da interpretare
come mossa per mettere al riparo i titoli di Stato dalla speculazione, grazie all’acquisto sul mercato secondario (quello degli scambi sul listino), e per evitare che il Tesoro debba spendere più del necessario per finanziare la spesa pubblica. Una tutela, quindi, più che un’ammissione di debolezza.
Rimane il fatto che la situazione economica del nostro paese rimane delicata. L’Istat, a sorpresa,
ha comunicato un dato positivo per la produzione industriale a maggio (+0,8% rispetto allo scorso aprile), ma pur sempre negativo anno su anno (-6,9%). E l’Fmi, promuovendo le riforme del governo Monti, ha precisato che «produrranno benefici tangibili negli anni a venire», ma nel breve termine potrebbero frenare la domanda, con «una modesta ripresa attesa nella seconda parte dell’anno». In sostanza, nonostante
«l’Italia abbia messo in atto una serie di aggiustamenti fiscali e un pacchetto di riforme per migliorare i propri conti» che gli permetterà  di chiudere l’anno con «l’avanzo primario più alto tra i paesi dell’Eurozona», dall’altra parte la «ripresa economica prenderà  piede solo a partire dal 2013». Ma per andare sul sicuro, «sarà  bene che continui il sostegno a Monti».


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