Il giudice che non ha voluto diventare presidente

by Editore | 12 Luglio 2012 10:02

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Differenze tra europei: ci sono Paesi che hanno un vincolo esterno e altri che hanno un vincolo interno. La Germania rientra nella seconda fattispecie. La prova più spettacolare la sta offrendo in questi giorni la Corte Costituzionale federale: nonostante le urgenze dell’Eurozona, nonostante i mercati appesi ogni minuto alle decisioni dei governi su salvataggi e barriere anti-crisi, i «giudici in rosso» di Karlsruhe si prendono il loro tempo — almeno settimane — per decidere se il Fondo salva Stati Esm e il Fiscal Compact sono compatibili con la Legge fondamentale del Paese. È che la democrazia è un vincolo non negoziabile, anche di fronte agli ideali europeisti, per la Germania post-bellica ricostruita sulle macerie della dittatura.
Andreas VoàŸkuhle, il presidente della Corte, è probabilmente il simbolo perfetto di questa Germania aggrappata alle regole. Uno studioso che con la sua storia racconta non solo come si forma l’élite del Paese ma anche come poi il sistema funziona. Qualche mese fa, si trattava di eleggere il nuovo presidente della Repubblica federale, dopo che Christian Wulff aveva dovuto dimettersi in seguito a uno scandalo. Angela Merkel, in imbarazzo perché poco più di un anno prima aveva imposto Wulff al vertice dello Stato, pensò immediatamente a lui, a VoàŸkuhle. Non perché fosse un cristiano-democratico come lei. No, non lo è. È uno studioso di diritto, non ha tessere. Nel 2008, quando fu nominato alla Corte come vicepresidente, fu anzi indicato dai socialdemocratici: come seconda scelta, perché la prima, Horst Dreier, fu respinta dalla Cdu (il partito della cancelliera) in quanto troppo radicale in fatto di ricerca sulle cellule staminali. Ma comunque fu indicato dall’Spd.
Ciò nonostante — Wulff appena dimesso — la cancelliera lo chiamò e gli offrì il posto istituzionalmente più alto di Germania. E gli disse che tutti i partiti — a parte la Linke, la formazione di ultrasinistra — lo avrebbero votato. A 48 anni — è nato nel dicembre del 1963 a Detmold, un cittadina della Renania settentrionale — lo sconosciuto professore, fino a poco tempo prima rettore della famosa Università  di Friburgo, sarebbe potuto entrare nello Schloss Bellevue, l’immacolato e molto democratico palazzo del presidente nel cuore di Berlino, sul lato del Tiergarten dove la domenica le famiglie turche tengono i loro profumatissimi picnic. Bene, VoàŸkuhle rispose «no grazie» e il posto andò a Joachim Gauck. Più che la modestia, nel rifiuto di questo accademico tutto d’un pezzo — anche nel fisico, è alto un metro e novantacinque — ha probabilmente contato il fatto che la presidenza della Corte è più potente, molto più potente come si vede in questi giorni, della presidenza della Repubblica. Nel protocollo istituzionale è solo il quinto potere dello Stato, in pratica è probabilmente il primo: ogni atto del governo, del Parlamento e ogni decisione presa a livello europeo sono di fatto studiate, analizzate e commentate dalla Corte di Karlsruhe per stabilire se sono conformi alla Legge fondamentale.
I «giudici in rosso», per dire, hanno detto chiaramente che la Germania ha devoluto all’Europa tutto quello che poteva in termini di potere: ulteriori passi che limitassero la sovranità  del Parlamento nazionale sarebbero probabilmente incostituzionali perché non abbastanza democratici. Lo stesso VoàŸkuhle ha fatto sapere che altri avanzamenti nell’integrazione europea — rispetto ai quali non è contrario — necessiterebbero di una riscrittura della Legge fondamentale e di un referendum, perché certe decisioni non si prendono senza il coinvolgimento dei cittadini. Di Europa ma anche di altro si discute a Karlsruhe. Solo nello scorso mese di giugno, per dire, la Corte ha fatto sapere che il Bundestag — la Camera bassa — deve avere più informazioni dal governo sulle trattative di Bruxelles prima che le decisioni vengano prese, non dopo. Che i 130 mila rifugiati nel Paese devono avere gli stessi aiuti dallo Stato dei cittadini tedeschi e che non si deve seguire la regola dell’«affamiamoli un po’ così poi se ne vanno». Che i politici hanno avuto tre anni per presentare una proposta di riforma elettorale che correggesse alcuni aspetti di incostituzionalità  di quella vigente e non ci sono riusciti: VoàŸkuhle era piuttosto irritato.
La cosa interessante è che al vertice della Corte ci è arrivato per meriti e per meccanismi di promozione tipici della formazione della classe dirigente tedesca. Ha studiato all’università  Ludwig Maximilian di Monaco, ha superato due Staatsexamen, ha scritto la tesi di dottorato sulla tutela giuridica, ha lavorato come tecnico per il ministero degli Interni della Baviera, si è abilitato come professore all’università  di Augusta, è diventato rettore a Friburgo, è entrato nella Corte della quale è diventato il presidente più giovane nel marzo 2010. Oggi è il vincolo interno di Angela Merkel.

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