IL CORAGGIO DI CAMERON

by Editore | 19 Luglio 2012 7:08

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Il più importante partito della coalizione britannica di governo è il Partito conservatore, così denominato perché per due secoli ha perseguito una politica di rispetto delle tradizioni e delle consuetudini, popolari e onorate nel tempo. Eppure si è molto trasformato nel tempo: il primo ministro Margaret Thatcher è stato uno dei leader britannici più radicali del XX secolo. Adesso David Cameron, primo ministro conservatore, intende cambiare a uno stesso tempo sia il partito sia il paese, ancora una volta, per accogliere la comunità  gay. In un discorso pronunciato alla conferenza del suo partito nell’ottobre scorso, Cameron ha detto ai suoi sostenitori: «Sono favorevole al matrimonio gay non malgrado il fatto di essere conservatore, ma proprio perché sono conservatore ». Si è trattato di un discorso coraggioso da fare a un partito, molti membri del quale tuttora pensano esattamente il contrario: di sicuro, tuttavia, non è stata un’esternazione ingenua. Da recenti sondaggi risulta infatti che i due terzi della popolazione britannica sono dello stesso parere. Sulla scia di quel discorso, il governo ha intrapreso una consultazione sulla questione nell’intera nazione, chiedendo sia alle istituzioni sia ai cittadini di fornire una loro opinione in merito. Adesso si prevede che sia presto approvata una legge che renderà  legale il matrimonio gay nel paese. L’esito più immediato di tutto questo processo sono state ulteriori profonde spaccature all’interno della Chiesa Anglicana, già  lacerata di suo per l’ordinazione sacerdotale femminile e la nomina vescovile di uomini dichiaratamente gay. Il capo della Chiesa anglicana mondiale, l’arcivescovo Rowan Williams, ha scritto al primo ministro disapprovando il disegno di legge, e affermando che la Chiesa anglicana – come tutte le altre chiese – potrebbe essere tenuta a celebrare matrimoni gay nonostante creda che il matrimonio possa essere santificato soltanto quando avviene tra un uomo e una donna. La preoccupazione dell’arcivescovo Williams mette in luce la differenza tra una legge che autorizza le unioni civili – che già  esistono in Gran Bretagna – e una più generica che permetta ovunque i matrimoni gay. Nel secondo caso è possibile che in conformità  alle leggi del Regno Unito e a quelle europee, le chiese si trovino dunque a dover celebrare matrimoni gay. Eppure, da vari indizi, sembrerebbe che Cameron abbia il paese dalla sua parte. Di sicuro, all’interno del suo partito le proteste sono molto contenute.
Ciò evidenzia una differenza tra l’Italia e il Regno Unito. In Italia l’opposizione al matrimonio gay, a sinistra come a destra, nasce da motivazioni religiose, radicate nella dottrina e nella pratica di una Chiesa cattolica potente, che ha sede proprio in Italia, e che considera il matrimonio esclusivamente come l’unione di un uomo e di una donna, e ritiene qualsiasi altra eventualità  abominio e peccato. Ma in Italia la faccenda è anche più politicizzata, e più sgradevole. Il commento di Beppe Grillo su Rosy Bindi –«problemi di convivenza con il vero amore non ne ha probabilmente mai avuti» – è dello stesso tenore del commento che fece nei suoi riguardi Silvio Berlusconi quando disse che «è più bella che intelligente». Niente del genere sarebbe ammissibile nella politica britannica: qualora qualcuno si azzardasse a fare affermazioni di questo tipo, sarebbe screditato immediatamente. L’Italia resta un paese nel quale religione e morale sono sempre vicini alla superficie, e dove esiste un vero partito conservatore, a sinistra come a destra.
*Traduzione di Anna Bissanti

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