Il Cavaliere ha già  un nuovo simbolo: l’aquilone tricolore

by Editore | 13 Luglio 2012 9:52

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ROMA — L’unica panchina sulla quale Berlusconi si vede seduto è quella del Milan. Ecco perché il Cavaliere faticava a immaginarsi ai giardinetti e da mesi scalpitava per rimettere gli scarpini della politica. Al punto che — ben prima di anticipare ad Alfano i suoi propositi — aveva già  approntato il simbolo con cui accompagnarsi per il suo ritorno in campo: l’ultima idea è un aquilone tricolore che continua a testare senza sosta, che mostra agli ospiti chiedendone il parere, e che nell’immaginario collettivo dovrebbe trasmettere quel senso di ottimismo necessario a favorire la rinascita del Paese. La campagna elettorale vorrebbe giocarla facendo leva su uno spirito fortemente patriottico, che lo avrebbe indotto a prendere in esame anche alcuni simboli di partiti nazionalisti europei.
Epperò sul ritorno di Berlusconi ci sono delle cose che non tornano. Non si è mai visto infatti un partito ancora senza nome ma con il simbolo, e soprattutto non si è mai visto un candidato che ancora non si candida, che ieri continuava a dare segni di incertezza davanti al vertice del Pdl, che si mostrava insofferente per gli «attacchi ingenerosi» letti sulla stampa, e che prendeva tempo per ufficializzare la sfida. È vero che l’incertezza sulla riforma della legge elettorale impedisce di definire le strategie, tuttavia è impensabile tenere il partito nell’incertezza, che accentuerebbe il marasma e delegittimerebbe ulteriormente la classe dirigente.
Ecco il motivo per cui Cicchitto si è affrettato a ribadire che «Berlusconi sarà  il nostro candidato premier». Resta poi da stabilire la linea che il nuovo partito senza nome ma con il simbolo vorrà  assumere, quel solco programmatico che servirà  a evitare il rischio di pericolose oscillazioni tra un’istintiva «deriva grillina» del Cavaliere e il più istituzionale profilo del «montismo berlusconiano».
Sui temi di politica economica il fondatore del Pdl sembra avere le idee abbastanza chiare. Le ha riversate in un’intervista alla Bild, nella quale ha parlato di euro e di Europa, spiegando che dall’avvento della moneta unica «è stata Berlino a trarre beneficio», e che «è ora di cambiare i meccanismi» così da garantire un ritorno alla prosperità  per tutti i Paesi dell’Unione. Berlusconi ha respinto l’accusa di parteggiare per la reintroduzione delle divise nazionali: «Si parla più in Germania di un ritorno al marco che in Italia di un ritorno alla lira». E comunque si tratterebbe di una «soluzione molto difficile» che «segnerebbe la fine dell’Unione».
L’intervista al maggior giornale popolare tedesco è un segnale importante, sia per i contenuti «europeisti» sia perché dimostra come il Cavaliere tenti di riaccreditarsi a livello internazionale. È questa la scommessa più difficile, lo si è capito due giorni fa dall’eloquente «no comment» del portavoce della Merkel alla notizia di un ritorno in campo di Berlusconi. «Il Pdl ha solide relazioni con tutti i grandi partiti moderati europei e dell’Occidente», dice Alfano come a derubricare la portata del messaggio in codice tedesco. Intanto il Cavaliere fa le prove dell’aquilone.

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