I FRANCESI ALLA SCOPERTA DELL’ESTATE ITALIANA

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Per quattro giorni, fino a ieri, l’Italia è stata l’ospite d’onore dell’edizione 2012 del Festival Le marathon des mots (“La maratona delle parole”) di Tolosa. Da Eugenio Montale ad Erri De Luca, passando per Buzzati, Calvino, Saviano e Pennacchi, la letteratura e la poesia italiana hanno invaso le piazze della città  rosa. Reading, dibattiti, conferenze, incontri. Persino qualche concerto, come quello splendido di Gianmaria Testa, che venerdì sera ha presentato il suo ultimo album, Vita mia. 
Dopo anni di disattenzione, talvolta anche di disprezzo, il numero di eventi organizzati per celebrare la cultura italiana è impressionante. Come se i francesi si fossero d’un tratto resi conto che anche l’Italia pensa, scrive, crea, innova. E che, dopo La dolce vita e Il Gattopardo, non è finito tutto. Anzi. Visto l’entusiasmo con cui centinaia di persone si accalcano per ascoltare un attore o un’attrice leggere alcuni estratti delle opere di tanti giovani autori italiani tradotti in francese, sembra quasi che la grandeur lasci il posto all’ammirazione, inchinandosi alla grazia e al coraggio. Perché di coraggio ce ne vuole tanto, in Italia, per conciliare la rara bellezza della nostra lingua con la durezza della realtà  che viviamo da anni. E la grazia non è data a tutti. Soprattutto quando mancano i soldi per finanziare la cultura, le scuole e la ricerca.
Per una volta però, la musica cambia. Almeno qui in Francia. Almeno per qualche giorno. Visto che a Tolosa, in queste ultime ore, l’Italia non è più un sinonimo di barzellette e corruzione. Per quattro giorni, qui a Tolosa, si è parlato della “dolce Italia”: un paese fatto di poesia, di cinema e di filosofia; un paese da scoprire non più solo per le vacanze estive o i monumenti del passato, ma anche, e di nuovo, per la vivacità  del pensiero e la capacità  di interpretare e trasfigurare la realtà . Come se gli anni bui che abbiamo recentemente attraversato ci avessero costretti a trovare un altro linguaggio, un altro modo per abitare poeticamente il mondo. Esattamente come nel dopoguerra erano nati i capolavori di Pavese, Vittorini, Moravia, Levi. Per raccontare agli italiani le loro storie. Per aiutarli a diventare migliori.
Un été italien, ecco il titolo che è stato scelto a Tolosa per quest’evento culturale sostenuto dal Centro Nazionale del Libro e da France Culture, con la partecipazione della rivista di cultura italiana Radici. Come se dopo la “primavera araba” (cui per altro sono dedicati alcuni dibattiti e alcuni incontri del festival) fosse arrivato il momento dell’estate italiana. Un’estate piena di poesia in compagnia di Valerio Magrelli e di Rosetta Loy; un’estate piena di suspense con Carlo Lucarelli e Gilda Piersanti. Grazie anche alla voce di attori e attrici (Sami Frey, Fanny Cottenà§on, Ariane Ascaride), che hanno preparato con molti autori la selezione dei brani da leggere o recitare. Più di duecento incontri. Più di 50.000 spettatori. Che hanno ascoltato scrittori e intellettuali italiani parlare del proprio lavoro; felici di scoprire la traduzione francese di testi che altrimenti non avrebbero mai potuto leggere; commossi dall’omaggio a Tabucchi; affascinati dalla forza di volontà  di un popolo che, anche se con fatica, non esita a far di tutto per ritrovarsi e per dire “basta” ai compromessi. Anche perché di festival, qui in Francia, non ce ne sono poi così tanti. La formula comincia ad arrivare solo ora, dopo anni di “saloni” ripetitivi, in cui gli autori sono tutti seduti dietro una pila di libri, come se fossero al mercato. Forse è per questo che sono tutti a bocca aperta di fronte a tanti scrittori e intellettuali italiani che cercano di raccontare l’essere umano e le sue contraddizioni, le trasformazioni della società  e le incertezze del futuro. Anche quando il francese è approssimativo. Almeno fanno lo sforzo. Almeno accettano la sfida. 
L'”eccezione culturale francese”, in Italia, è nota a tutti. E noi italiani, negli ultimi anni, siamo stati i primi a idealizzare la cultura degli altri e a non essere capaci di puntare sulla nostra. Forse è per questo che non abbiamo mai smesso di pensare alla Francia come a un modello, certi che al di là  delle Alpi tutto andasse bene. E se i ruoli stessero cominciando a cambiare? Se l’Italia potesse veramente diventare una fonte d’ispirazione per i francesi?


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