Grandi metropoli e ricchezza Milano fuori dal vertice nel 2025

by Editore | 9 Luglio 2012 5:27

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NEW YORK — Forse non dovremmo avere troppa paura del futuro. Sarà  complicato, ma potrebbe sorprenderci in positivo. Un ampio e approfondito studio del McKinsey Global Institute ha colto una tendenza che conferma sì i cambiamenti destabilizzanti in corso sul pianeta, ma indica che probabilmente saranno per il meglio. Si tratta dell’urbanizzazione, un fenomeno che è stato la chiave dello sviluppo in passato e che oggi sta avvenendo a una velocità  nemmeno immaginata prima. Ciò sposta il peso dell’economia globale verso i Paesi emergenti e verso Est, ma non indica un declino assoluto dell’Occidente. In più, presenta opportunità  senza precedenti.
Iniziamo dall’Italia. McKinsey ha da tempo costruito un database, Mgi Cityscope, che analizza più di 2.600 città  nel mondo e sulla base di questo effettua previsioni demografiche, economiche, sociali. Fondamentalmente, lo studio appena pubblicato prevede che tra oggi e il 2025 il Prodotto lordo (Pil) delle prime 600 città  del pianeta cresca di 30 mila miliardi di dollari (del 65 per cento), e che 23 mila di questi vengano dalle 440 città  emergenti, cioè non dei Paesi ricchi. In questo quadro, Milano (compreso l’hinterland allargato, cioè otto milioni di persone) è l’unica metropoli italiana a comparire nella classifica generale delle 600, compilata sulla base di criteri come Pil, popolazione, reddito dei nuclei famigliari, giovani sotto i 15 anni. In particolare, Milano è la tredicesima città  del mondo per Pil (382 miliardi di dollari), non compare tra le prime 25 nelle classifiche disaggregate che riguardano la popolazione e il numero di giovani, è quattordicesima per numero di nuclei famigliari con un reddito superiore ai 20 mila dollari l’anno.
Bene, il bicchiere mezzo vuoto sta nel fatto che nel 2025 Milano non sarà  più nella lista generale delle prime 25 città  del pianeta: nessuna presenza italiana. Tra 13 anni, la metropoli lombarda comparirà  solo nella classifica delle famiglie ad alto reddito, al posto numero 24. Se si guarda alla sola Europa, Milano è quinta per Pil e quarta per reddito famigliare tra le città  sopra i 70 mila dollari annui (dietro a Londra, Parigi e Mosca). Roma è tredicesima per ambedue i criteri. Nel 2025, sia Milano sia Roma avranno perso alcune posizioni ma resteranno ben dentro la classifica delle prime 25 europee. L’unico dato davvero negativo per l’Italia è la quota di pensionati in città  come Trieste (prima in Europa oggi e nel 2025), Genova, Livorno, Ravenna. Ma per il resto vivremo un declino ma solo relativo, nel senso che altre parti del mondo stanno emergendo con prepotenza ma né le città  europee né quelle italiane subiranno crolli. La prospettiva con cui guardare il bicchiere, dunque, può già  cambiare.
Le grandi novità , però, sono quelle che stanno avvenendo su scala globale. «Non è un’iperbole dire — afferma lo studio di McKinsey — che stiamo osservando il più significativo scivolamento del centro di gravità  economico della storia». Graficamente, questo spostamento può essere rappresentato da una curva ellittica su un mappamondo che indica il movimento nel tempo di questo cuore. Il punto di partenza è l’Asia, che da prima della nascita di Cristo fino al 1500 «è stata il centro di gravità  dell’economia mondiale, pesando per circa due terzi del Pil globale». Poi, la curva si dirige verso Occidente e arriva a stabilirsi nell’Europa del Nord fino al 1940. Continua e si trasferisce sull’Atlantico settentrionale nel 1950 per poi cambiare direzione e tornare verso Est: già  nel 2000, il centro soppesato dell’economia è di nuovo sull’Europa ma solo perché si sta spostando verso l’Asia. Oggi è già  lì e nel 2025 sarà  praticamente nel cuore della Cina. «Stiamo osservando — continua lo studio — uno spostamento decisivo della bilancia che torna verso l’Asia a una velocità  e a una scala mai osservate prima», rispettivamente dieci volte più rapido e cento più grande di quello che accompagnò la prima urbanizzazione in Gran Bretagna.
Può mancare la terra sotto i piedi, a prima vista. Lo studio, però, sottolinea che le 440 città  emergenti entro il 2025 avranno un miliardo di consumatori in più rispetto a oggi. Il che significa aggiungere all’economia mondiale un mercato pari a diecimila miliardi di dollari. In particolare, 20 megalopoli — tra le quali Shanghai in Cina, San Paolo in Brasile, Istanbul in Turchia, Lagos in Nigeria — genereranno nei prossimi 13 anni 5.800 miliardi di Pil aggiuntivo. In teoria, le opportunità  per eliminare i timori di questi giorni sulla crescita sono lì da cogliere. Il problema è che questa esplosione si accompagna a esigenze di infrastrutture di pari portata. Per dire, McKinsey calcola che, per accomodare la crescita, nelle città  si dovranno costruire superfici calpestabili pari all’85 per cento di quelle esistenti, cioè un’area (ovviamente su più piani) pari a quella dell’Australia. E che l’aumento di domanda di acqua nelle metropoli tra oggi e il 2025 sarà  di 80 miliardi di metri cubi. Ancora: le infrastruttura portuali dovranno moltiplicarsi per 2,5 se vorranno stare al passo con i cambiamenti.
Complicato. Ma inevitabile e possibile — dice lo studio. Soprattutto, positivo per ogni parte del pianeta se scienza, business, arte (e governi) saranno all’altezza (qui il livello di liquido nel bicchiere è una scommessa individuale).

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