by Editore | 10 Luglio 2012 8:37
GERUSALEMME – Erano seduti fianco a fianco ieri durante una cerimonia ufficiale al Cairo, il neo-presidente egiziano, l’islamista Mohammed Morsi, e il capo della Giunta militare, il maresciallo Mohammed Tantawi. Si sono scambiati qualche parola, un breve saluto, i due uomini che hanno nelle loro mani il futuro dell’Egitto ma avevano espressioni tese e cupe. Perché lo scontro aperto con il decreto di Morsi, che ha ordinato per oggi la riapertura del Parlamento – dominato dagli islamisti e dai salafiti – annullando la sentenza della Corte suprema che lo scorso mese ne aveva deciso lo scioglimento per gravi irregolarità nel processo elettorale, può far ricadere l’Egitto nel caos. Il presidente dell’Assemblea – Saad el-Katatni, della Fratellanza musulmana – ha già convocato un seduta per oggi. Ma la Corte costituzionale ha rilanciato la posta e ha confermato la sua decisione. «Tutte le nostre sentenze e decisioni sono definitive, non soggette ad appello, e sono vincolanti per lo Stato», ha fatto sapere in giornata la Corte, che resta l’unica istituzione ancora in piedi nell’Egitto post Mubarak.
In assenza del Parlamento è davanti alla Corte che Morsi ha giurato riconoscendone l’autorità , lo scorso 29 giugno. Ma oggi da presidente annuncia che le sentenze di quei giudici non hanno valore. Dice a Repubblica Said Rifaat, presidente del partito di sinistra Al-Tagammu: «In una democrazia compiuta il capo dello Stato non può mancare di rispetto alla magistratura. Piaccia o no a Morsi, le decisioni dei giudici devono essere rispettate».
È stato un triste risveglio anche per quei candidati presidenziali che al secondo turno del ballottaggio di metà giugno si schierarono con Morsi contribuendo in maniera decisiva alla sua vittoria contro il suo sfidante Ahmad Shafiq, l’ultimo premier di Mubarak. Oggi Hamdeen Sabbahi (che al primo turno prese 3,5 milioni di voti) e l’islamista moderato Abdel Moneim Aboul Fotouh (che a quel voto prese 4 milioni di voti) denunciano la decisione di Morsi come «un insulto alla legge», e il braccio di ferro con la Giunta e la Corte come «l’apertura di un baratro per l’Egitto».
La Fratellanza ha annunciato per oggi una “marcia del milione” a Piazza Tahrir per “accompagnare” i deputati alla seduta del Parlamento. Una decisione grave, che smaschera la scelta di Morsi di andare allo scontro aperto e di piazza: ieri già sono scoppiati tafferugli fra sostenitori e oppositori del presidente. Il Parlamento, dalla sentenza della Corte, è chiuso, presidiato dai carri armati: forzare quel blocco farà piombare l’Egitto nel caos. Gli altri partiti politici – il Partito socialdemocratico, quelli di sinistra, i liberali del Wafd – non si prestano al gioco della Fratellanza, hanno già annunciato che boicotteranno la seduta e denunciano la decisione di Morsi come «folle».
Di nuovo ieri la Casa Bianca, così come le diplomazie di alcuni Paesi europei, si è schierata a fianco del neo-presidente egiziano: «Il processo democratico vada avanti».
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