Draghi avverte: bene l’Italia, ma i governi Ue siano più audaci

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BRUXELLES — Adesso ci vogliono «azioni coraggiose» da parte dei governi, non solo delle banche centrali, per risolvere la crisi. Perché «l’euro è qui per restare e l’area euro compirà  tutti i passi necessari per garantirlo». Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, prova a accendere una lampadina nel buio della crisi, un po’ come si fa nella stanza di un bambino spaventato: e infatti, aggiunge davanti alla Commissione affari economici dell’Europarlamento, «c’è un barlume di speranza in uno scenario cupo», rispetto a novembre la situazione è migliorata. A suggerirlo, sono appunto le riforme fatte da alcuni leader politici. Draghi cita vari Paesi, e uno soprattutto: «In Italia, per esempio, le riforme tese ad accrescere la concorrenza, ridurre i vincoli amministrativi e aumentare la flessibilità  nel mercato del lavoro sono state misure importanti. La spending review italiana aiuterà  a raggiungere gli obiettivi di bilancio». Ma quegli stessi Paesi come l’Italia, che hanno fatto le riforme e hanno aumentato le tasse per riaggiustare i loro conti, ora sono chiamati a «un taglio della spesa», e a un calo della pressione fiscale. Ad ogni buon conto, viene ancora una volta definita «cruciale» per tutti la «perseveranza» in «riforme coraggiose e necessarie». 
L’Europa che disegna il capo della Bce è come un lungo treno giunto a uno scambio angusto, e forse pericoloso: il binario del rigore seguito finora, almeno da alcuni vagoni e sotto la spinta di Angela Merkel, si biforca o si prolunga in quello della crescita economica, che tutti invocano e di cui alcuni diffidano. Il treno deve trovare la giusta velocità  per affrontare lo scambio senza deragliare. Draghi è, per qualifica ed esperienza, uno dei controllori sulla linea. E avverte che il percorso più avanti non è ancora sgombro da tutti i rischi: infatti le previsioni per la seconda metà  di quest’anno sono sconfortanti, delineano un «rallentamento della crescita» e «un’accresciuta incertezza». Ma guardando più oltre, l’uomo dell’Eurotower assicura: «Continuiamo ad attenderci che l’economia della zona euro si riprenda gradualmente, anche se con un ritmo attenuato».
Come sempre, e ancor più in una crisi come questa, il rapporto non sempre placido fra le istituzioni europee torna ad essere messo alla prova. Anche ora: Draghi spiega soavemente allo stesso Europarlamento che «la Bce è una delle poche istituzioni che funzionino nella zona euro». Poi conferma, come già  qualche giorno fa, che verrà  mantenuta la linea di liquidità  alle banche solventi, in buona salute: altro ripetuto messaggio di rassicurazione. Alcune di queste banche si sono attirate varie critiche nei mesi scorsi, per l’uso che hanno fatto dei finanziamenti agevolati avuti dalla Bce: Draghi avverte però che non si può ordinar loro come comportarsi. E lascia poi capire che la stessa Bce non ha chiuso del tutto la porta a nuovi interventi contro la crisi. Parla di ulteriori tagli dei tassi, o di misure di sostegno monetario come quelle operate dall’Eurotower a sostegno di certi titoli di Stato? Il presidente della Bce non offre niente di più — ma era scontato — della vaga indicazione già  data: «Non ci leghiamo mai le mani, guardiamo alla situazione reale, guardiamo ai dati e poi ci facciamo una nostra idea». 
C’è anche una risposta alle sollecitazioni sempre più frequenti perché la Bce allarghi o muti il suo mandato sull’esempio della Fed, la Federal Reserve americana: Draghi ribadisce che questo non accadrà , che la Bce non aumenterà  «i rischi a carico del suo bilancio», e farà  quanto possibile per conservare la stabilità  finanziaria e dei prezzi nel pianeta dell’euro: «E quando dico stabilità  dei prezzi intendo in entrambe le direzioni: al rialzo e al ribasso», cioè contro l’inflazione e contro la deflazione. 
Ma il discorso torna inevitabilmente alla «road map» generale, alla mappa che dovrebbe portare a un’Unione monetaria «salda e stabile». Draghi torna a indicare, e lo fa con forza quasi che già  intuisca un affievolimento dei propositi, «un’ulteriore condivisione di sovranità  nei campi fiscale, finanziario ed economico; non ci possono essere scorciatoie» per giungere alla nuova Unione. Quanto all’unione in campo finanziario, per prima cosa dovrà  «elevare al livello dell’eurozona la responsabilità  per la supervisione delle banche». Per il capo della Bce, non ci sono molte alternative: «Il panorama economico odierno obbliga tutti i Paesi a volgere uno sguardo molto critico sul loro passato, e a raggiungere una visione molto obiettiva del loro futuro». Finché c’è il tempo per farlo.


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