Dopo l’autonomia di Sarkozy un quarto degli atenei è in default
Non si tratta dell’autonomia della ricerca e dell’insegnamento, una conquista del passato, ma più prosaicamente dell’autonomia finanziaria: ai rettori sono stati dati maggiori poteri, di tipo manageriale, per gestire autonomamente le risorse umane, in altri termini tocca ormai ad ognuna delle 80 università «autonome» (praticamente tutte, tranne quelle di Dom-Tom, Réunion, Antille-Guyana e Polinesia, che diventeranno autonome solo entro il 2013) farsi carico degli stipendi di professori, ricercatori e tecnici (che aumentano automaticamente, anche solo per l’anzianità del corpo insegnante). I finanziamenti delle università sono assicurati all’85% dallo stato, il resto viene dalle tasse di iscrizione (che restano relativamente basse) e dagli «sponsor» del mondo dell’impresa. Il problema è che lo stato, concessa l’autonomia, non ha poi finanziato come doveva: il miliardo in più promesso da Sarkozy è stato versato il primo anno e poi è saltato. Il risultato è, secondo un recente rapporto della Corte dei Conti, che circa un quarto delle università francesi, una ventina, si trovano oggi in una situazione di grave deficit. La Lru prevede, tra l’altro, che dopo due anni di gestione in passivo l’università venga commissariata. La sinistra al potere non ha nessuna intenzione di abolire l’«autonomia», ma – ha affermato Franà§ois Hollande in campagna elettorale – «di rivedere il modo in cui è stata messa in opera». La ministra della ricerca, Geneviève Fioraso, una specialista dell’innovazione tecnologica, è alla ricerca dei 120 milioni di euro che mancano per le università e ha già ammesso che «non ci sono soldi». Addirittura, nella revisione della finanziaria 2012 potrebbero esserci 25 milioni di meno nei finanziamenti alla ricerca. Per trovare una soluzione, seguendo il metodo della concertazione ad oltranza voluto dal presidente Hollande e dal primo ministro Ayrault in tutti i settori, Geneviève Fioraso ha convocato per l’autunno delle «Assise per l’insegnamento superiore e la ricerca», che dovrebbero portare alla formulazione di una grande legge di orientamento nel 2013. Sta di fatto, però, che molte università non riescono a chiudere il bilancio. Il governo precedente, per esempio, aveva promesso agli studenti borsisti il pagamento di un decimo mese di borsa, ma non aveva messo il corrispettivo nella finanziaria. Il governo di sinistra ha confermato il decimo mese di borsa, 160 milioni di euro l’anno, e assicurato che troverà i soldi. Sono in deficit non soltanto le piccole università di provincia, cresciute probabilmente troppo a partire dagli anni ’70. Colpiscono anche le grandi istituzioni. Nell’occhio del ciclone ci sono addirittura le 4 ammiraglie della ricerca e dell’insegnamento scientifico francese, che ottengono ottimi posti nella classifica mondiale di Shangai: Paris-Diderot, Paris-Pierre et Marie Curie, Paris-Sud e Strasburgo. Paris-Diderot ha un deficit di 2,6 milioni di euro di gestione: ha dovuto così rinunciare all’assunzione di 20 professori e ha diminuito del 15% le ore di insegnamento, oltre a tagliare del 5% le spese correnti. I finanziamenti che arrivano dal mondo dell’impresa sono anch’essi in diminuzione, a causa della crisi, oltre a sollevare perplessità (una «cattedra L’Oréal», per esempio, così chiamata perché finanziata dal gigante della cosmetica). L’autonomia delle università ha avuto anche un altro effetto perverso: ha promosso le formazioni professionalizzanti a discapito della ricerca che Sarkozy aveva definito «inutile» (aveva citato l’archeologia). Inoltre, come denuncia Jean Chambaz, presidente di Pierre et Marie Curie, i finanziamenti concentrati su progetti messi in concorrenza tra loro si sono tradotti in investimenti «su periodi troppo corti e con somme insufficienti».
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